venerdì 4 Ottobre 2024

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Albert: “Mi sposto verso atmosfere che non sono prettamente rap” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane rapper milanese, fuori con il singolo “Più calma” dal respiro estivo/cantautorale

Rap e cantautorato trovano una giusta e insolita alchimia nella poetica di Albert, ventunenne milanese che ha da poco rilasciato un nuovo tassello discografico, la sua personale proposta per l’estate 2019 intitolata “Più calma”. Prodotto da Amman e Jaro (quest’ultimo già produttore delle ultime hit di Shade), il brano unisce l’attitudine urban del rapper ad una narrazione leggera ma, allo stesso tempo, scrupolosa e attenta. A più di un anno di distanza dal lancio del suo EP d’esordio, intitolato “Orme”, il giovane talento milanese è pronto a riaffacciarsi sul mercato con un pezzo musicalmente suonato e analogico, che proietta l’artista verso una nuova dimensione sonora più matura e consapevole.

Ciao Albert, partiamo dal tuo nuovo singolo “Più calma”, che sapore ha per te?

«Sicuramente è un brano molto estivo, creato per dare la sensazione della calma da vivere in questa stagione, un periodo in cui generalmente ci rilassiamo, o almeno questo sarebbe l’intento (sorride, ndr). Viviamo in un’epoca in cui siamo costantemente in movimento presi da mille cose, godersi una meritata vacanza è il modo migliore per ricaricare le batterie».

Quali innovazioni aggiunge al tuo percorso artistico?

«Rispetto al mio precedente disco “Orme”, questo nuovo pezzo ha sonorità che attualmente mi piacciono molto. Sono attirato dal suono della chitarra, ho iniziato a suonarla per conto mio da autodidatta, l’obiettivo in futuro è quello di costruire con questo strumento i pezzi futuri, soprattutto attraverso il pizzicato che dona un effetto un po’ più ritmato e che farà sicuramente da fondamenta per i prossimi lavori».

Quali sono i tuoi principali riferimenti artistici?

«Mi piace molto il cantautorato italiano, tra tutti Fabrizio De Andrè è il mio mito assoluto, ma ultimamente mi sono molto avvicinato alla scena indie italiana, come Frah Quintale e Galeffi. Il mio obiettivo è quello di giocare con la tradizione, valorizzando il patrimonio musicale che ha fatto la storia del nostro Paese, avvicinandolo al linguaggio di oggi in maniera fresca, senza farlo sembrare una cosa vecchia».

A proposito di old school, con che occhi guardi al passato e cosa pensi dell’attuale scenario discografico?

«Guardo al passato con un po’ di malinconia, mi sarebbe piaciuto nascere prima per vivere il periodo in cui il rap era considerato un genere di nicchia, probabilmente capirei meglio la sua evoluzione, mi riferisco ai primi anni ’90, in particolare ai lavori di Frankie Hi-Nrg mc e Lord Bean. Oggi la scena mi piace, è varia, ci sono tanti artisti interessanti, anche se l’avvento di internet ha messo tutti un po’ sullo stesso piano, mentre un tempo c’era più attenzione, studio e ricerca. Il web ti permette di farti conoscere, d’altra parte c’è anche più concorrenza e competitività. Guardo quello che fanno gli altri, ma mi sto spostando verso atmosfere che non sono prettamente rap, prendendo spunto da tantissime cose che mi girano attorno».

Per concludere, dove e a chi desideri arrivare con la tua musica?

«Dove… se dovessi darmi un obiettivo, mi piacerebbe nell’ottica massima suonare in posti sempre più grandi, perché per me i live rappresentano la parte più importante e divertente del mio lavoro, il disco è un pretesto per portare quelle canzoni dal vivo, affrontare il pubblico, che siano cinquanta o mille persone. A chi… vorrei arrivare a coloro i quali sono abbastanza maturi per capire veramente quello che dico, cogliendo l’essenza delle parole che scrivo nei miei testi».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.