La cantante salentina si racconta in occasione dell’uscita del suo nuovo album “Tutto accade”, disponibile dal 22 ottobre
A tre anni di distanza dalla pubblicazione del suo precedente progetto discografico, Alessandra Amoroso torna con “Tutto accade”, un lavoro che mette in risalto la sua evoluzione personale e stilistica. Tanti gli autori che hanno collaborato a questo album, da Paolo Antonacci a Davide Petrella, passando per Federico Zampaglione, Cheope, Federica Abbate, Giordana Angi, Rocco Hunt, Roberto Casalino, Virginio, Federica Camba, Daniele Coro, Antonio Iammarino, Daniele Magro, Fabio Gargiulo e Davide Simonetta, più i producer Dario Faini, Katoo e Takagi & Ketra. Il risultato? Quattordici tracce senza filtri, che mettono in mostra un presente fatto di sicurezza e determinazione.
Ciao Alessandra, benvenuta. Partiamo da “Tutto accade”, il tuo nuovo progetto discografico, a cosa si deve la scelta di questo titolo?
«”Tutto accade” perché tutto cambia. Tutto è cambiato nella mia vita e, se è accaduto proprio in questi ultimi due anni e mezzo, non è un caso. In queste quattordici canzoni ho voluto raccontare tutte le sfumature di Alessandra, compresi i suoi lati più “oscuri”, quelle tinte di colore che non aveva ancora mostrato. Dico lei anche se poi sarei io (ride, ndr). Lo dico perchè fondamentalmente ho cercato di far pace con una parte di me. Diciamo che non ho mai vissuto in maniera serena il successo e l’essere diventata una “cantante”. Sai, non mi piace usare questa parola, infatti non mi definisco “artista”, ma una donna che porta in giro l’entusiasmo.
Oggi riesco a riconoscermi sia nella vita pubblica che in quella privata, perché alla fine sono sempre la stessa, quella che va a fare la spesa e che appena ha un po’ di tempo corre a casa dai propri cari. Insomma, queste due anime si sono incontrate e hanno fatto pace».
Musicalmente hai dimostrato ancora una volta di avere il coraggio di saper prendere decisioni importanti, partendo all’avanscoperta di nuovi orizzonti senza voler restare relegata a tutti i costi in una zona di comfort. Con quale criterio hai selezionato gli autori e i produttori che fanno parte di questo progetto?
«L’ho chiamato disco-verità, proprio perché nelle canzoni, nei testi anche scritti da altre penne, nella grafica e nelle fotografie c’è Alessandra, in ogni sua piccola parte. C’è stata una scelta di cuore, di pancia, di istinto e di intuito per quanto riguarda i produttori, gli autori e tutta la squadra che fa parte di questo disco. E’ stato, allo stesso tempo, sia difficile che facile uscire dalla mia zona di comfort. Avevo bisogno di raccontare questo percorso soprattutto attraverso la musica e la ricerca di suoni differenti. L’obiettivo era quello di non stravolgere chi sono stata, apportando dei cambiamenti ma con cautela. Non ho mai seguito le mode: essere autentica è sempre stato per me un aspetto fondamentale».
Conoscendo bene il tuo repertorio e premettendo che ogni progetto discografico rappresenta un viaggio a sé, a quale album del tuo passato si avvicina maggiormente “Tutto accade” e da quale si allontana di più?
«A nessuno. E’ totalmente un’altra cosa, perché sono un’altra persona io. Sicuramente c’è tanto di me nei racconti, ma non credo si avvicini o si allontani a nessun altro progetto, semplicemente perchè quella di oggi è un’Alessandra 2.0. Ho cercato di mostrare una parte diversa di me senza tralasciare la mia evoluzione, anche attraverso la scrittura e l’uso della mia vocalità. In “AleAleAle” canto in modo diverso rispetto a “Un’impressione” o “Ti vedo da fuori”. In questo disco mi sono molto divertita a sperimentare anche attraverso la voce».
L’impressione è che tu ti sia voluta togliere di dosso l’etichetta del “mi disegnano così” per arrivare ad esclamare “signori, sono fatta così!”
«Guarda, sai che c’è? Ad oggi penso di essere stata io a disegnarmi in maniera sbagliata. Le tante mie insicurezze non erano altro che paletti che mettevo io stessa. Nel momento in cui ho capito che quell’atteggiamento era limitativo, ho cominciato a lavorarci sopra, a fare un percorso.
Mi sono detta: “Ale, probabilmente è il tuo modo di essere che ti porta ad avvicinarti ad un certo tipo di persone e fare un certo tipo di scelte. Proviamo a guardare da un’altra parte, credendo maggiormente in te stessa, cercando ancora di più di metterci l’intenzione giusta”. Automaticamente nella mia vita sono accadute delle cose, in maniera del tutto naturale. Oggi mi guardo allo specchio e vedo una donna diversa: consapevole, sicura e forte. Non giudico le scelte della Ale di prima, perché quello che sono è anche grazie a quella lì, per questo ho deciso di prenderla per mano e ringraziarla».
Prima di chiudere questa “parentesi psicoanalitica”, ti chiedo se hai ben chiara la direzione nella quale ti stai dirigendo o, più istintivamente, alla tua bussola hai preferito togliere le lancette?
«Infatti, più che un’intervista sembra una terapia di gruppo (ride, ndr). Per come sono fatta, ho sempre bisogno di sapere dove vado e di avere una direzione. Caratterialmente amo gestire le situazioni e avere sempre tutto sotto controllo. Anche se un po’ mi sto lasciando andare, fondamentalmente le regole mi piacciono. Ad oggi, sicuramente, so quello che voglio e come lo voglio. Mi sento pronta a qualsiasi cosa e non ho più paura di niente».
“Tutte le cose che io so” è un passaggio molto importante del disco. Una canzone che hai dedicato a tua nonna e che dice veramente tutto…
«Avevo da tempo il bisogno di scrivere qualcosa per lei. In realtà è stato molto semplice perchè ho raccontato dei pezzettini della mia vita. E’ vero che l’ho incontrata in un sogno così come è vero che mi diceva sempre che parlare agli alberi permetteva loro di crescere più sani e più forti. Ho raccontato della sua malattia, quando aggravandosi con l’Alzheimer non ricordava chi fossi. In quel momento è vero che “ho girato la testa e in una lacrima è caduta”. Ho voluto dire la verità, è stata dura, ma ho dato una svolta a questo mio ricordo.
E’ vero, nonna non c’è più, è stato un dolore per me atroce, tuttora rimane una ferita profonda, ma ad un certo punto ho deciso di fare una carezza a questa cicatrice, per dirle che la riconosco in tutto quello che faccio e nelle decisioni che prendo. So che lei è sempre accanto a me. Anche se in un modo diverso. Ecco, così è nata “Tutte le cose che io so”».
Mancano 268 giorni al concerto-evento di San Siro, come sta procedendo il lavoro?
«Insieme al direttore artistico stiamo cercando di scegliere i brani per comporre la scaletta ma ogni giorno mi sveglio e cambio qualcosa (sorride, ndr). In questo momento mi sto dedicando alla promozione di “Tutto accade”. Non vedo l’ora di incontrare finalmente la mia big family in giro per l’Italia con le sedici tappe dell’instore tour. Probabilmente, da novembre in poi, ci metteremo attorno ad un tavolo per concretizzare tutte le varie idee. Nella mia testa ho già dato una direzione, perché come ti dicevo ne ho bisogno, ma bisognerà vedere come riusciremo a mettere tutto quanto realmente in pratica».
Per concludere, con Sanremo come la mettiamo? Se è vero che tutto accade, in questo caso in tredici anni i vostri destini non si sono mai incrociati, almeno per quanto concerne la gara. Una scelta o una coincidenza?
«Tutto accade, ma se non è ancora accaduto, evidentemente, doveva andare così. Diciamo che, fino a questo momento, me la sono cavata anche senza il Festival, ma in futuro… chissà. Nella vita non si sa mai. Sinceramente penso che Sanremo sia una tappa obbligatoria nella carriera di un cantante ma, come ti dicevo all’inizio, io non mi reputo tale (ride, ndr). Mi autodefinisco una donna che porta entusiasmo in giro per strada. Quindi, quando e se diventerò un’artista, probabilmente andrò a Sanremo!».
© foto di Flavio&Frank
Nico Donvito
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