In vista del nuovo impegno biennale all’Ariston cosa ci sarà da confermare e cosa, invece, da sistemare per il direttore artistico
Dopo l’annuncio (qui) di un nuovo mandato biennale ad Amadeus per la direzione artistica e la conduzione del Festival di Sanremo è tempo di ragionamenti attorno a che cosa ha funzionato e che cosa, invece, ha lasciato qualche dubbio nel corso della sua gestione sulla kermesse sanremese. Tre edizioni sono un tempo lungo per dare ad una manifestazione la propria impronta ma, di certo, non sono sufficienti a rivoluzionarla in tutti i suoi aspetti. Anche per questo Amadeus avrà nel 2023 e nel 2024 l’opportunità di completare la transizione del Festival verso la contemporaneità musicale e televisiva.
Dal 2020 Amadeus ha messo in mostra il suo personale (e riuscito) tentativo di ridare linfa al Festival di Sanremo. I suoi cast si sono sempre rivelati sufficientemente aderenti all’attualità musicale. Le canzoni selezionate raramente hanno deluso le aspettative. La sua conduzione è risultata quasi sempre fresca, coinvolgente e riuscita andando via via a migliorarsi. Molti, dunque, sono stati i punti a favore della gestione del Festival di Sanremo curata da Amadeus ma su alcuni punti è ancora lecito aspettarsi delle modifiche e dei miglioramenti.
Cosa ha funzionato nella gestione Amadeus |
A funzionare è stato sicuramente la scelta del cast. Se quello del 2020 si era rivelato un cast sufficientemente fedele alle logiche sanremesi degli anni precedenti quello del 2021 si era spinto molto in là con lo sperimentalismo, il ringiovanimento e la ricerca di nuovi linguaggi. Il 2022, da questo punto di vista, è stato l’anno dell’equilibrio che, tra ritorni di vere glorie discografiche e nuovi giovani già affermati, ha fatto rimanere a bocca asciutta chi dal Festival da anni pretendeva una vera gara tra “big” della canzone attuale.
Le canzoni scelte da Amadeus hanno seguito la logica della fruibilità radiofonica, televisiva e discografica e la sua scelta si è risultata vincente. Il gradimento è stato altissimo ed ha coperto gran parte del pubblico della kermesse. L’attualità l’ha fatta da padrona ma non sono mancati piccoli squarci aperti verso il cantautorato più di nicchia o le presenze di antiche glorie della canzone italiana capaci di rappresentare il pubblico più maturo ma anche di parlare alla musica di oggi pur senza risultare eccessivamente fuori dal tempo.
Anche la costruzione della gara ha pagato. Le tanto temute eliminazioni non sono state incluse nel regolamento tutelando i big che scelgono la sfida della gara. Eppure la loro assenza non si è certo fatta sentire eccessivamente lasciando comunque il giusto grado di competitività alla gara. Le classifiche, date serata per serata, hanno tenuto gli spettatori incollati alla televisione fino alla fine ricordando che di competizione, malgrado tutto, si tratta.
Ultimo, ma non ultimo, aspetto da sottolineare è la cosiddetta “riforma Nuove Proposte“. Amadeus è passato dalla riproposizione della classica idea del contest parallelo riservato ai giovani fino alla sua eliminazione. Di mezzo c’è stato il tentativo di renderlo un prodotto televisivo staccato con il progetto di ‘Ama Sanremo’ che, però, non ha pagato fino alla fine. La realtà è che oramai la categoria Giovani aveva fatto il proprio tempo già da un po’ e che è inevitabile la sua soppressione in favore di un’inclusione nella categoria big come è accaduto quest’anno per Yuman, Matteo Romano e Tananai.
Cosa rimane da migliorare |
Amadeus, però, avrà ancora parecchio lavoro da fare. Occorre urgentemente rivedere la modalità di voto. La cosiddetta giuria demoscopica era stata criticata nel 2021 e ancor di più lo è stato nell’edizione del 2022. L’idea che un organo sconosciuto ed imprecisato abbia un ruolo determinante nel voto è, di per sé, un qualcosa di poco limpido. In quest’ultima annata il televoto è andato ad assumere nuovamente un ruolo maggioritario nella determinazione della classifica finale. Qual è, dunque, ora il senso di affiancare a questo peso cruciale del televoto un ulteriore voto popolare come quello della giuria demoscopica? Al suo posto potrebbe essere ripristinato il voto degli orchestrali che, in combinazione con la stampa, il web e la radio, costituirebbe la fetta più “tecnica” della votazione.
Da migliorare resta anche l’idea degli ospiti. La presenza dei superospiti italiani ha ormai fatto il suo tempo. Se artisti dalla carriera come quella di Patty Pravo, Elisa o Roberto Vecchioni scelgono di venire in gara a presentare un nuovo progetto discografico non si capisce perchè altri debbano godere del privilegio del medesimo pubblico televisivo pur senza accettare il rischio della competizione. La cosa risulta alquanto sgradevole se poi il fare il superospite al Festival di Sanremo diventa una vera e propria abitudine da ripetersi a cadenza fissa ad ogni nuovo album da pubblicare. Forte del proprio successo Amadeus s’imponga ed elimini ogni possibile traccia di superospiti musicali italiani se non per motivazioni extra-promozionali.
Anche la logica della conduzione andrà ridisegnata. Amadeus è stato intelligente nel capire la necessità di asciugare i tempi delle serate e lo spettacolo televisivo offerto nel 2022 è stato senz’altro più snello e gradevole di quello dalla durata monstre del 2021. Su questa via si dovrà continuare. Da rivedere, invece, sarà la scelta del cast. L’idea delle diverse presenze femminili non ha mai convinto per davvero. E’ lodevole l’idea di dare a più personalità l’occasione di mettersi in mostra ma a volte ‘less is more’. Soprattutto in una logica in cui il contributo di co-conduzione è ridotto ad un paio di uscite e ad uno spazio-monologo singolo. Meglio, dunque, puntare unicamente su due cavalli vincenti a cui dare una reale possibilità. Ci saremmo così goduti una splendida Elodie o una disarmante Drusilla Foer per più tempo.
Sarà, poi, necessario aprire una finestra nella generazione di mezzo per quanto riguarda la scelta dei cast musicali. In quel bacino dei 40-50-60enni Amadeus si è sempre rivelato un po’ di manica stretta. Perlomeno rispetto al coraggio dimostrato con le proposte più giovani e quelle più di età avanzata. Tra gli artisti nati ed esplosi tra gli anni ’90 e 2000, invece, le presenze si sono sempre rivelate un po’ troppo misurate e limitate. Questo si traduce anche in una proposta eccessivamente limitata per quel tipo di pubblico che fatica a riconoscersi sia nell’energia spensierata dei millennial che in quella eccessivamente sfarzosa dei grandi lustrini del passato. Alla canzone sanremese, alle belle voci e al ricordo dei Festival baudiani toccherà tornare a guardare con un po’ più di rappresentanza.
Ilario Luisetto
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