venerdì 22 Novembre 2024

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Anita: “Nell’indie ho trovato la mia strada” – INTERVISTA

A tu per tu con la giovane artista romana, disponibile in rotazione radiofonica con il singolo intitolato “251

Reduce dal secondo posto ottenuto nel corso dell’ultima edizione del Festival di Castrocaroper Anita Guarino è arrivato il momento di farsi conoscere al grande pubblico. “251” è il brano che segna il suo debutto discografico, entrato nella classifica di vendita su iTunes direttamente alla dodicesima posizione. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Anita, partiamo dal tuo nuovo singolo “251”, cosa racconta e che significato ha per te?

«Il mio singolo “251” è stato ispirato da una mia passata e breve esperienza personale. Nonostante la storia di cui parlo non la considero una delle più rilevanti, il singolo nasce nel culmine di essa, nel periodo in cui avevo bisogno di mettere su carta tutte le emozioni di quei momenti. “251” è un inno all’amore, un pezzo che invita, nonstante le difficoltà, a vivere l’amore in tutta la sua pienezza».

Dal punto di vista musicale, invece, pensi di aver trovato la veste sonora che ti rappresenta di più?

«Ho trovato ormai da tempo la categoria musicale all’interno della quale riesco meglio a proiettarmi: l’indie. All’inizio di qualsiasi carriera si è sempre un po’ disorientati e l’effettiva strada da percorrere è sempre un’enigma. E’ stato lo stesso per me agli albori del mio percorso musicale. Ho sperimentato tantissimi generi, dal soul al jazz, dal rap al pop. La risposta è arrivata nel momento in cui mi sono cimentata nello scrivere i miei primi inediti: automaticamente si incastravano nel panorama indie italiano. Così ho trovato la mia strada».

Come ti sei trovata a lavorare con Rory Di Benedetto e Paolo Muscolino?

«Paolo e Rory sono strepitosi. Lavorare con loro è sempre una grandissima risata. Dando per scontato la loro enorme professionalità e competenza nel campo artistico e manageriale, averli come punto di riferimento in questo percorso così particolare e difficoltoso per me è una grandissima fortuna. Si sa che per riuscire al meglio nei propri compiti e nel proprio lavoro è bene instaurare un clima spensierato e leggero, nonostante si parli implicitamente di lavoro, e loro si sono sempre dimostrati disponibili e desiderosi di lavorare nel migliore dei modi».

Cosa aggiungono le immagini del videoclip diretto da Francesco Carrabino?

«Per il videoclip del singolo avevo un’idea ben precisa fin dall’inizio: un video semplice e crudo. Non avevo intenzione di utilizzare scenari troppo particolari e scene esageratamente costruite. Volevo un video che fosse in linea con la semplicità della canzone. Si è optato quindi per un luminoso luna park, in linea con l’idea del genere indie, che potesse fare da sfondo senza però distrarre troppo. Sono assolutamente soddisfatta del risultato, Francesco  Carrabino è un bravissimo video maker».

Facciamo un breve salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

«La passione per la musica non è stata una scoperta, c’è sempre stata. In casa, a partire da mio padre, la musica si è sempre fatta spazio senza problemi e ha caratterizzato la mia famiglia in ogni momento in modo molto significativo. Presi in mano il mio primo microfono all’età di tre anni, papà possedeva (in quanto musicista fin da ragazzo) un piccolo impianto voci che è stato da sempre la mia principale fonte d’interesse. Non ho coltivato da subito la mia grezza passione per il canto in quanto un problema alle corde vocale mi impediva qualsiasi tipo di percorso canoro.

Nonostante ciò non abbandonai la musica e iniziai a prendere lezioni di pianoforte. All’età di 10 anni entrai al conservatorio di Latina “Ottorino Respighi” ottenendo, cinque anni dopo, il diploma di Compimento inferiore di pianoforte. Crescendo, fortunatamente, i problemi alle corde vocali si sono risolti da sè e all’età di 16 anni mi iscrissi alla mia prima scuola di canto. Da lì inizia il mio vero percorso artistico, il diploma di pianoforte mi consente tutt’ora di padroneggiare la mia musica, comporre e accompagnarmi autonomamente».

Quali ascolti hanno accompagnato e segnato il tuo percorso?

«Per quanto strano possa essere per un artista, non ho mai avuto un genere o un riferimento in particolare che ha segnato in modo significativo il percorso musicale. Sono sempre stata molto versatile, ho preferito i singoli pezzi a precisi artisti, lasciandomi trasportare dalla musica in sè piuttosto che da un genere o un artista specifico. Il che significa che sono in grado di apprezzare i valzer di Chopin, gli extra beat di Eminem, l’originale indie di Calcutta e la potente anima soul di James Brown».

Hai iniziato il tuo percorso nel 2017, pubblicando sul tuo canale YouTube alcune personali rivisitazioni di canzoni note, a quale cover sei maggiormente legata e quale ti ha dato maggiori soddisfazioni?

«Ho iniziato nel 2017 a pubblicare le mie prime cover casalinghe su un canale Youtube che ha raggiunto in due anni i 20.000 iscritti. Ci sono state sicuramente cover che ho preferito rispetto ad altre, ma nonostante ciò in ogni cosa che faccio, ogni parola, ogni canzone, cerco sempre di metterci del mio. E’ questo il segreto per un lavoro migliore, per essere sempre soddisfatti di quello che si fa: personalizzare e far proprio qualsiasi percorso si tenti di percorrere».

Tornando al singolo, “251” si è distinto nel corso della 62esima edizione del Festival di Castrocaro, classificandosi al secondo posto. Come valuti questa esperienza e cosa ti ha lasciato nel concreto?

«Castrocaro è sicuramente un buon punto di partenza, riuscire ad esibirsi su un palco di tali dimensioni e importanza è sicuramente un obiettivo raggiunto. Quello che realmente mi porterò dietro di questa esperienza, oltre ad aver toccato con mano seppur per poco il mestiere che realmente voglio fare in futuro, è l’effetto sorprendente che ha la musica in qualsiasi circostanza. Ho lavorato una settimana intera a stretto contatto con concorrenti,musicisti,  fonici e autori. Ero spaventata all’idea inizialmente. E’ sempre difficile convivere così a lungo e intensamente con altre persone che come te condividono quella sottile e implicita ansia di riuscire al meglio nel proprio compito. Ed è qui che entra in gioco la musica. Essa ha smorzato ogni momento di tensione, ha travolto qualsiasi accenno di competizione e ha unito persone diverse, con storie e obiettivi diversi, sotto un’unica ala».

Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere e/o sogni nel cassetto?

«Adesso inizia il vero lavoro. Continuerò a scrivere altri pezzi per completare ufficialmente un mio album e poi, chissà.. un ipotetico Sanremo?».

Per concludere, dove e a chi desideri arrivare con la tua musica?

«Spesso mi chiedono dove mi piacerebbe arrivare con la mia musica. La mia risposta è sempre la stessa: alla gente».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.