A tu per tu con l’artista calabrese, in uscita con il suo secondo album intitolato “Eppure adesso suono“
A due anni di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Domenico Barreca, in arte semplicemente Barreca, cantautore classe ’86 al suo ritorno discografico con “Eppure adesso suono“, arrangiato e prodotto da Riccardo Anastasi, con testi e musica a cura di Benedetto Demaio.
Ciao Domenico, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo album “Eppure adesso suono”, come si è sviluppato il processo creativo di questo progetto?
«Si può dire che tra il primo e il secondo album il processo creativo non si è mai fermato. La gestazione di “Dall’altra parte del giorno” è stata più lunga, pensata. Mentre questo secondo album è scivolato giù in maniera semplice… un po’ come il secondo figlio, il parto è più facile! Il lavoro era in divenire, le canzoni tante. Ci siamo chiusi un mese in studio e tutto è nato già con una bella forma».
Quali skills pensi di aver acquisito rispetto al tuo precedente disco d’esordio “Dall’altra parte del giorno”?
«Credo proprio la capacità di concentrazione, di lavorare in maniera più sicura ed efficace. L’esperienza ha giocato un ruolo importante. Sapevo cosa volevo e come fare per ottenerlo, e infatti anche il dialogo con i musicisti e la ricerca di sonorità differenti si sono svolti in maniera più naturale ma al contempo ricca e sorprendente».
A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound di questo album?
«”Eppure adesso suono” ha una doppia anima, si muove su due percorsi differenti che s’incrociano tra loro e si fondono in un unico racconto sonoro. È duplice nello stile musicale; da un lato ha un carattere etnico, legato a suoni che rievocano luoghi e culture diverse, dall’altro ha un mood sofisticato, una fusione di generi che si sposa perfettamente con le riflessioni intime e personali che mi sono congeniali».
Il disco è impreziosito dalle prestigiose collaborazioni con Mauro Ermanno Giovanardi e Peppe Voltarelli. Come sono nati questi incontri e cosa ti hanno lasciato?
«Non avrei immaginato di poter salire sul palco con loro e addirittura interpretare insieme due miei brani. Sono molto diversi e infatti rispecchiano le due facce di questo lavoro. Credo che il confronto con gli altri sia importantissimo, e quello che conta è riconoscere la comune passione, quella verso la musica, nelle sue tante declinazioni».
Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di un progetto come “Eppure adesso suono”?
«Sicuramente la sperimentazione. Aver provato nuovi stili e alchimie musicali diverse rispetto al primo. Ma anche temi differenti, più indirizzati al sociale, al tempo in cui viviamo, l’integrazione, la multiculturalità, la condizione femminile, uno sguardo al sud… è stata una nuova esplorazione per me, e sono contento di non essermi fermato nella mia ricerca, di aver guardato oltre».
Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?
«Tutto il processo di gestazione: si parte da un provino scarno, chitarra e voce, piano e voce, e poi si sviluppa l’arrangiamento, a volte in brevissimo tempo e a volte un po’ più a lungo. È come un vestito cucito addosso su misura, ed è emozionante vedere come prende forma e si perfeziona via via, grazie al lavoro di squadra, con i miei compagni, in primo luogo Riccardo Anastasi e Benedetto Demaio, e poi con tutti i musicisti coinvolti, che danno il loro contributo nella registrazione in studio».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«Come ogni forma d’arte, la musica ti mette a confronto con te stesso, ma ti apre anche agli altri. È lo strumento che ti mette a nudo, consente al mondo di vederti e allo stesso tempo di specchiarsi in te. È una strana magia, un incanto, qualcosa che è difficile da spiegare… forse lo posso solo cantare!».
Nico Donvito
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