Il Maestro Beatrice Venezi racconta il suo nuovo album “Heroines”, un viaggio lungo due secoli di storia
A due anni dal nostro precedente incontro, ritroviamo con piacere il Maestro Beatrice Venezi per parlare del suo ispirato impegno musicale. “Heroines” è il titolo del suo nuovo progetto discografico, pubblicato da Warner Music Italia lo scorso 3 dicembre. Un lavoro che si concentra su Preludi, Sinfonie, Intermezzi e Suite orchestrali tratte da celebri opere incentrate sulle storie di straordinari personaggi femminili.
Ciao Beatrice, benvenuta. Partiamo da “Heroines”, com’è nata l’idea del concept del disco?
«Le eroine presenti in questo album sono delle donne straordinarie, che appartengono alla storia e alla mitologia, ma non solo. Sono personaggi con storie diverse, ma che hanno in comune il coraggio, la perseveranza, la tenacia e la resilienza. Alla fine, se ci pensiamo, sono tutte donne che hanno fatto paura alla società nel tempo in cui vivevano. Questo è sicuramente il loro punto in comune».
Un viaggio lungo due secoli in cui si alternano opere di Verdi, Strauss, Shostakovich, Cherubini, Wagner, Piazzola e Lloyd Webber, attraversando epoche diverse. Com’è cambiata nel tempo la concezione del ruolo della donna?
«Forse non è cambiata poi così tanto, nel senso che alcuni comportamenti associati alla vita delle donne sono ancora oggi stigmatizzati dalla società. Per questo mi sono chiesta cosa può essere definito eroico, la risposta l’ho trovata in queste storie. All’interno del disco troviamo personalità diverse tra loro: da Medea che arriva addirittura a uccidere i figli per vendetta, oppure Salomè che con la sua sensualità arriva a far tagliare la testa al Battista. Però poi troviamo anche Evita Perón, una vera femminista che nei suoi pochi anni di attività è riuscita a raggiungere il traguardo del suffragio universale. Non poteva mancare Giovanna D’Arco, chi meglio di lei incarna lo spirito di un’eroina? Ognuna di loro ha in sé e nella propria storia degli elementi che possiamo considerare ancora oggi contemporanei».
Quali sono, secondo te, i valori e gli ideali che queste donne dovrebbero continuare a tramandarci oggi?
«Credo che il valore principale sia il coraggio di cantare fuori dal coro, di comportarsi secondo la propria bussola morale, senza avere paura delle conseguenze. Queste donne hanno accettato a priori il loro destino, anzi ne erano assolutamente consapevoli. Credo che questo sia l’insegnamento maggiore in una società che ci illude di essere liberi, ma in realtà siamo sempre giudicati da qualcuno che ci punta il dito contro. A volte tendiamo ad esprimerci con il freno tirato facendo estrema attenzione, proprio per paura di questo continuo giudizio».
Nella nostra precedente chiacchierata, mi aveva colpito la tua frase: “la classica è musica per tutti”. A proposito dell’educazione musicale nel nostro Paese, pensi che nei bambini e nei ragazzi ci sia una concreta e seria formazione all’ascolto?
«Purtroppo penso che non si faccia abbastanza da questo punto di vista, tutto resta esclusivamente nelle mani dei singoli insegnanti, alle loro effettive conoscenze e al loro spirito di inventiva, perchè purtroppo i programmi ministeriali non sono aggiornati e non sono attenti a questo tipo di tematica. Io credo che la cosa principale sia tornare a puntare sull’insegnamento all’ascolto, un qualcosa che personalmente considero molto vicino all’educazione civica. Ad esempio, attraverso le lezioni scolastiche di storia dell’arte, un bambino o un ragazzo acquisisce quel minimo di nozioni per imparare a riconoscere se un quadro appartiene ad una corrente piuttosto che ad un’altra. Lo stesso tipo di informazione musicale, invece, non riesci a portartela a casa frequentando la scuola primaria e secondaria. Credo che sia fondamentale educare i giovani all’ascolto, per favorire lo sviluppo di un loro gusto musicale».
Sempre a proposito dell’universalità della musica, è stato bello vederti lo scorso anno in un contesto televisivamente pop come quello del Festival di Sanremo, prima come giudice di AmaSanremo e poi come co-condutrice della quarta serata al teatro Ariston. Come hai vissuto queste due esperienze?
«Devo dire la verità, anche se all’inizio ero scettica, mi sono divertita tantissimo in entrambe le circostanze. Sono state due esperienze insolite per me, per questo mi ci sono voluta immergere in maniera piuttosto naif, anche perchè non ci sono state prove o una particolare preparazione alle spalle, sono andata un po’ a tentoni, in maniera molto spontanea ed è stato divertente scoprire questo mio lato. All’inizio mi sono chiesta se avessi la preparazione giusta per giudicare quei ragazzi, ma poi mi sono resa conto che non ci sono grandi distinzioni tra i vari generi musicali. Possono cambiare le caratteristiche, ma alla fine esiste soltanto la musica bella e la musica brutta».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«Di insegnamenti ce ne sono davvero tanti, anche perchè ho la fortuna, in quanto direttore d’orchestra, di confrontarmi con i vari personaggi delle opere liriche. Questa non è soltanto una questione di studio o di approfondimento, ma anche e soprattutto un lavoro di crescita personale, perché ci si relaziona con i comportamenti umani, a volte estremizzati o romanzati, che riflettono la vita di tutti noi. Forse la lezione più importante che ho imparato dalla musica è proprio quella dell’ascolto, perchè per un direttore d’orchestra non è semplicemente una questione di udito, bisogna imparare a sentire a 360 gradi, compreso l’umore o il talento dei vari musicisti. Attraverso l’esercizio si sviluppano una serie di sensi ulteriori, proprio per questo considero l’ascolto una grande lezione di civiltà».
Nico Donvito
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