martedì 3 Dicembre 2024

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Blanco negli stadi: un punto d’arrivo che perde tutto il suo valore

Blanco ha annunciato per la prossima estate il suo debutto negli stadi: forse è troppo presto

Ciò che doveva essere eccezione oggi è diventato normalità. Dicono questo gli annunci relativi ai concerti della prossima estate negli stadi. Gazzelle, Pinguini Tattici Nucleari, Maneskin, Blanco: tutti pronti al debutto nella cornice più ambita. Se i primi due artisti citati ci arrivano, però, dopo una certa gavetta e quello dei Maneskin è un passo doveroso in virtù del grande successo internazionale, a lasciare maggiormente perplessi è il nome di Blanco. Vediamo i motivi.

Tappe intermedie saltate |

Blanco ha saltato le tappe intermedie. Si è trovato catapultato nell’Olimpo della musica senza nemmeno conoscere l’abisso. Con i suoi 20 anni (che compirà il prossimo febbraio) diventerà il più giovane italiano di sempre ad esibirsi in uno stadio, superando il record precedente di Ultimo. C’è però una grande differenza tra i due artisti.

Ultimo è, infatti, passato prima da tutti gli step possibili: gli esordi davanti a 40-50 persone e i primi consensi in apertura ai concerti di Fabrizio Moro, il piccolo passo dei club e poi quello molto più grande dei palazzetti, fino al sogno dello Stadio Olimpico nel 2019. Un sogno realizzato dandosi prima la possibilità di coltivarsi, di crescere, di strutturarsi. A Blanco manca, invece, tutto questo. Ha chiuso da poco un “Blu Celeste Tour” certamente di successo con i suoi 350.000 biglietti venduti, ma che non ha toccato la dimensione dei palazzetti. Un passo importante, decisivo, necessario per un artista che sogna in grande.

Repertorio non ancora consolidato dal tempo |

Le perplessità riguardano però anche il repertorio. Blanco arriva negli stadi, ad oggi, con un solo album alle spalle. Confrontiamolo con tre artisti che, attualmente, realizzano intere tournée negli stadi. Cesare Cremonini ci è arrivato nel 2017, addirittura a 19 anni dal suo debutto nonostante una innumerevole serie di successi, e ha dovuto attendere più o meno lo stesso arco di tempo anche Tiziano Ferro (2015). Mentre Vasco Rossi, oggi riconosciuto da tutti come il “re degli stadi”, ha fatto il suo debutto a San Siro solo con il suo nono album e diversi anni dopo aver già scritto molti classici immortali della musica italiana, come “Albachiara“, “Vita spericolata“, “Una canzone per te“, “Ogni volta” e “Siamo solo noi“.

Qualcuno dirà che la discografia è cambiata e che oggi si muove tutto in nome della velocità. Lo stadio però non è lo streaming. Se metti in quella cornice un artista ancora ai primi passi non fai che togliere tutto il valore a quello che rimane ancora il più grande punto d’arrivo per una carriera. E che, per definizione, deve essere per pochissimi. Blanco oggi sfrutta il suo momento di popolarità e non faticherà a riempirlo, ma come del resto non avrebbe faticato Tiziano Ferro se il salto l’avesse fatto nel 2008. Lui, o chi per lui, sapeva però che sia le canzoni sia l’artista devono dimostrare di meritarlo uno stadio. E ciò si dimostra solo col tempo. Quello che non ha ancora avuto Blanco.

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Nick Tara

Classe '92, ascoltatore atipico nel 2022 e boomer precoce per scelta: mi nutro di tradizione e non digerisco molte nuove tendenze, compro ancora i cd e non ho Spotify. Definito da Elettra Lamborghini "critico della sagra della salsiccia", il sogno della scrittura l'ho abbandonato per anni in un cassetto riaperto grazie a Kekko dei Modà, prima ascoltando un suo discorso, poi con la sincera stima che mi ha dimostrato.