Ora che la quindicesima edizione è finita è giunto il momento di riflettere su che cosa non stia funzionando
Il sipario calato su X-Factor 15 con la vittoria (a sorpresa) di Baltimora su gIANMARIA. In realtà la sorpresa è stata per pochi visto e considerato che l’ultima edizione dello show di Sky Uno ha chiuso con la media di ascolto più bassa di sempre della sua storia televisiva. Un flop che, però, non ha riguardato solo l’aspetto meramente numerico ma anche quello discografico e musicale dato che, salvo sorprese, ben poco pare destinato a poter durare nel mainstream tra le proposte emerse.
Se X-Factor 16 è già stato riconfermato questo pare essere il momento migliore per fare un esame di coscienza. Capire che cosa non sta funzionando, ormai già da qualche anno, attorno al talent show del ‘fattore X’ potrebbe presto rivelarsi vitale per la sua stessa sorte.
Gli ascolti televisivi |
X-Factor 15 è stato un vero e proprio fallimento. Occorre ammetterlo chiaramente. Si erano cambiata conduzione e regolamento anche sperando di dare nuova linfa ad un programma uguale a se stesso da ormai troppo tempo. Il risultato, però, non ha parlato affatto di un rilancio o di un suscitato interesse del pubblico verso le novità introdotte. Anzi.
L’edizione ha chiuso con una deludente media di appena 604.000 telespettatori ed il 2.58% di share su Sky Uno. Rispetto alla passata edizione (non una delle più brillanti, anzi) si sono persi quasi 300 mila spettatori di media ed un punto percentuale di share. Se si torna indietro il confronto risulta anche più impietoso. Colpa sicuramente di una crisi generale di Sky e di una dipartita di un gran numero di abbonati ma altri dati, indipendenti da ciò, ne testimoniano comunque la gravità.
Il dato di ascolto si “gonfia” fino a raggiungere il milione e 100 mila spettatori con il 5.2% di share considerando anche le repliche in chiaro su TV8 ma rispetto al passato è davvero poca cosa. Anche solo nel 2020 il risultato fu di 1.4 milioni ed il 6.3% di share. L’addio del calcio su Sky ha sicuramente ridotto la platea di abbonati alla piattaforma condizionato, ovviamente, anche i risultati di ascolto di tutti gli altri show ma il fatto che nemmeno nella sua messa in chiaro avvenga un recupero di gradimento da parte del pubblico testimonia una sorta di indifferenza verso lo show.
Una gara di cover senza cover |
Stranisce il fatto che in una gara canora basata sulle cover queste stiano diventando sempre bene e vengano sempre più snaturate e svuotate. Nelle ultime due annate si è affermata l’idea di proporre al pubblico un doppio brano inedito nel corso di edizioni sempre più brevi come numero di puntate. Meno tempo, dunque, ma più canzoni non note. Come se non bastasse la prima di queste viene addirittura proposta nel corso della prima puntata congelando di fatto la gara con i giudici che non se la sentono di stroncare un inedito ed il pubblico che non conosce sufficientemente i concorrenti per affezionarsi davvero a qualcuno di questi o alla rispettiva canzone.
Si sa, le cover hanno il pregio di coinvolgere il pubblico medio televisivo più di un brano inedito. Si può canticchiare insieme o semplicemente confrontare la versione ascoltata con il ricordo dell’originale partecipando, dunque, “attivamente” allo show e al giudizio su di esso.
Con un ritmo piuttosto lento (di media, in ogni puntata, si suonano al massimo 12 brani) c’è il forte rischio che il pubblico abbia di che annoiarsi se vi si aggiunge che i pochi brani “noti” che vengono proposti vengono in gran parte riscritti con l’utilizzo delle tanto chiacchierate “barre“. E così si finisce nel rendere inedito anche ciò che, in realtà, non dovrebbe esserlo. Una pratica che non solo mantiene a distanza lo spettatore ma che, soprattutto, si dimostra come irrispettosa. Irrispettosa nei confronti di chi quelle canzoni le ha scritte o cantate. Irrispettosa per la storia della musica che ha esaltato quei brani per così come sono. Infine, irrispettosa per il pubblico che quelle canzoni le ha fatte proprie con una data forma legandovi ricordi e sensazioni che meritano di rimanere intatte o di essere affiancate da altre nate, però, da canzoni totalmente diverse.
Gli inediti: che fine hanno fatto canzoni ed autori? |
La scelta di puntare sugli inediti si rivela, però, in parte giustificata. I concorrenti dei talent di oggi sono ragazzi che già hanno a che fare con il mondo della musica e che sanno perfettamente dove vogliono arrivare. Lo scopo non è più semplicemente cantare. Lo scopo oggi è far conoscere la propria musica. Spazio, dunque, agli inediti per trovare un compromesso tra esigenze televisive, discografiche e personali.
Viene, però, da chiedersi come sia possibile che ogni anno si riescano a trovare dal nulla almeno 12 talenti (solo per X-Factor, è chiaro) che abbiano almeno 2 brani incredibili scritti di proprio pugno tra le mani. Che fine hanno fatto gli autori, i parolieri, i compositori? Che fine hanno fatto gli inediti che ad X-Factor arrivavano dai grandi nomi della musica? Si, perché c’è stato Tiziano Ferro a lanciare Michele Bravi con ‘La vita e la felicità’, Eros Ramazzotti con Chiara e la sua ‘Due respiri’, Elisa con Francesca Michielin e la sua ‘Distratto’ o ancora Roberto Casalino con Giusy Ferreri e ‘Non ti scordar mai di me.
Oggi, invece, ognuno scrive da sé. Una pratica che testimonia incoscienza perché se tutti a vent’anni sapessero già scrivere con maturità e cognizione di causa non sarebbero di certo a farsi notare in un talent show. Una pratica che, però, testimonia anche scarso rispetto per il professionismo che si nasconde dietro una canzone e che, di fatto, non contempla più la figura dell’interprete che, invece, ha tutto il diritto di esistere al fianco di quella del cantautore e che, anzi, soprattutto in giovane età dovrebbe essere prevalente.
Il cast: il profilo delle proposte per il target di pubblico |
A tal proposito viene da chiedersi, infine, se il problema non risieda anche attorno al cast che viene ad essere definito ogni anno. X-Factor è da sempre veicolo di particolarità e unicità. Un luogo in cui la televisione ha messo in luce anche eccentricità e diversità. Negli ultimi anni, però, pare essere in corso una gara all’eccessività. Lo scopo è stupire e spiazzare. Il tutto a dispetto della “normalità”. Lo è per il look tanto quanto per la voce, la scrittura, il cantato o tutto il resto.
Ecco che, forse, tornare a raccontare la quotidianità, il pop, la tradizione, il bel canto, le belle canzoni, la linearità o la semplicità potrebbe essere la carta vincente. Il diverso e la novità affascinano ma quando diventano la totalità della rappresentazione straniscono e confondono. X-Factor ha voluto fare il radical chic (ne abbiamo parlato ampiamente anche qui) ma, forse, ora per salvarsi la pelle ha bisogno di tornare a rappresentare l’essere comune.
Ilario Luisetto
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