venerdì 22 Novembre 2024

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Canova: “Siamo al completo servizio della musica che verrà” – INTERVISTA

A tu per tu con Matteo Mobrici, frontman della band milanese, in uscita con il singolo “Lento Violento

Reduci dal positivo riscontro di critica e di pubblico con il loro ultimo disco “Vivi per sempre” (qui la nostra precedente intervista), ritroviamo con piacere i Canova per parlare di Lento violento, il loro nuovo singolo prodotto da MACE e Venerus, disponibile in rotazione radiofonica e sulle piattaforme digitali a partire dallo scorso 22 novembre per Maciste Dischi/Artist First. In occasione di questa nuova uscita, abbiamo incontrato per voi il frontman della band.

Ciao Matteo, bentrovato. Partiamo da “Lento violento”, il vostro nuovo ispirato e visionario singolo. Cosa racconta?

«Questa canzone mi diverte molto per certi aspetti, perché rappresenta una parte di vita che, forse, da lontano avevamo già affrontato con “Vita sociale”, un po’ quel tipo di sentimento che si nasconde nella classica quotidianità. Ci sono giorni in cui ti senti molto lento, da lì è arrivato il gioco di parole del titolo, sia per rima per per una citazione a Gigi D’Agostino. Per noi è anche una cosa nuova, a livello di sound specialmente, questa è una canzone che riesce a farsi comprendere bene grazie all’insieme di arrangiamento, musica, testo e melodia».

Quale apporto ha dato al brano la duplice produzione affidata a MACE e Venerus? 

«E’ una nuova prova, altrimenti il rischio è quello di ripetersi sempre, è bello anche esplorare nuovi mondi. Il mondo di Mace e Venerus in passato è stato un po’ distante dal nostro, devo dire che il risultato ci soddisfa tantissimo. E’ la prima volta che collaboriamo con loro, in generale noi siamo sempre stati abituati a creare tutto da soli, come una ditta che fà tutto in casa, fino a quando abbiamo cominciato ad aprirci alle collaborazioni con “Ramen”, una canzone presente nel nostro precedente disco che ho scritto con Giorgio Poi, quello è stato per noi un grosso esperimento, anche perché questo nuovo modo di scrivere aumenta certe possibilità, Sai, ogni canzone ha la sua storia, può nascere da sola su un divano, mentre fuori piove, mentre sei tristissimo, oppure in una botta di felicità, in situazioni dove ti diverti con altre persone».

Cosa aggiunge questo brano rispetto al vostro ultimo lavoro di inediti “Vivi per sempre”?

«Guarda, con “Vivi per sempre” noi arrivavamo da un disco d’esordio abbastanza forte, nel senso che ci ha portato alle orecchie di tanti e poi in giro per l’Italia per un anno e mezzo, ben circa centoventi concerti. Di conseguenza eravamo proiettati verso un altro tipo di percorso, la volontà invece è stata quella di realizzare un secondo disco che non seguisse canoni legati alle mode, bensì la nostra personale evoluzione. Fortunatamente ci sono tante canzoni che nascono, per certi versi mi piacerebbe pubblicare un disco all’anno, altrimenti si rischia di tenere le cose nel cassetto per troppo tempo; essendoci tanto materiale ci stiamo dirigendo verso il terzo disco, non abbiamo ancora un quadro generale, ma “Lento violento” convinceva tutti e abbiamo avuto la spinta di pubblicarla subito, senza pensare a dinamiche collegate al mercato, ad un ipotetico disco in uscita. Sicuramente stiamo andando verso quel sentiero che porterà al nostro terzo lavoro in studio».

Essendo tu la colonna portante dei testi del gruppo, sono curioso di chiederti qual è per te l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?

«La cosa che mi affascina di più è lo sbalordirmi di quello che può essere creato da zero, una canzone non la puoi toccare, l’artigiano crea un oggetto con le mani, mentre l’aspetto magico e sbalorditivo della musica è che alle 8 e 56 non esiste niente e, magari, alle 9 in punto hai una canzone nuova pronta. Questo è l’aspetto che personalmente reputo più interessante e mi dà un sacco di benzina per andare avanti, perché non sai mai dove vuoi arrivare».

Più di 44 milioni di stream e numeri importanti anche per quanto concerne la sfera live, con i vostri concerti sempre più pieni di gente. Lo voglio sottolineare perchè viviamo un periodo in cui ci sono cantanti che fanno numeroni in digitale ma non riempiono nemmeno il salotto di casa e viceversa ci sono artisti che spaccano dal vivo ma non vantano grossi seguaci sui social. Ecco, voi credo che godiate del giusto equilibrio tra questi due aspetti, quali pensi che siamo gli ingredienti del vostro successo? 

«Non essendo un discografico non mi occupo di numeri, ma devo ammettere che è tutto abbastanza livellato, sia la situazione dal vivo che l’aspetto puramente di distribuzione delle canzoni, sia in fisico che in digitale. Devo dire che sono molto contento anche del tipo di pubblico che ci segue, perché non sono persone fanatiche di me o del gruppo, bensì innamorate delle canzoni, questa cosa mi piace molto perché ci aiuta ad alzare l’asticella sempre di più, lo considero un aspetto molto importante da analizzare. Molto probabilmente ciò che facciamo colpisce perché c’è molta genuinità, noi parliamo di musica così come quindici anni fa, per cui credo si percepisca questo tipo di passione».

Come nella migliore tradizione prenatalizia, si è già scatenato il totonomi per il prossimo Festival di Sanremo, il vostro circola sempre più insistentemente. Come la mettiamo? Cosa c’è di vero?

«Non so, è arrivata anche a noi questa voce (sorride, ndr). Guarda, il Festival di Sanremo è nel DNA italiano, ci sono delle performance storiche che sono entrate nell’immaginario collettivo del nostro Paese, ad esempio mi viene in mente Rino Gaetano con “Gianna”, penso a lui col cilindro e l’ukulele, oppure Lucio Battisti con “Un’avventura” che batte le mani con il suo foulard al collo. Considero Sanremo un format in cui l’artista rischia tantissimo, perché in quei quattro minuti la tua esibizione può entrare a far parte della storia, nel bene o nel male, però il rischio fa parte di questo mestiere. Non so cosa succederà, né adesso né in futuro, per quanto mi riguarda per esserci dovremmo presentare la canzone più bella del nostro repertorio, quindi… non si sa!».

Per concludere Matteo, dove e a chi desiderate arrivare attraverso questo nuovo pezzo e la vostra musica in generale?

«L’obiettivo credo sia quello di continuare a fare bella musica, spero. Il resto importa un po’ meno, non ci sono obiettivi primari tipo il Festival o arrivare entro una data precisa a riempire i forum o gli stadi, fortunatamente non c’è questo tipo di ansia, perché sarebbe sbagliato viverla in questo modo, alla fine tutto dipende dalle canzoni, non si sa quale può essere il percorso di un progetto artistico. Nel nostro caso c’è l’esigenza di scrivere belle canzoni, di farle arrivare al pubblico e di instaurare un bel rapporto con chi ci ascolta, penso che questo sia il massimo del desiderio, siamo al completo servizio della musica che verrà».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.