domenica 22 Settembre 2024

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Caroline Pagani: “La parola, il corpo e la voce come veicolo della nostra arte” – INTERVISTA

A tu per tu con l’attrice e cantante Caroline Pagani, sorella di Herbert Pagani, in uscita con la sua versione di  “Albergo a ore”, accompagnata dal pianista Danilo Rea

Tempo di nuova musica per Caroline Pagani, dal 27 settembre sarà disponibile in digitale “Albergo a ore”, cover del brano del cantautore Herbert Pagani, impreziosito dall’accompagnamento del pianista Danilo Rea.

“Albergo a ore”, che anticipa l’album “Pagani per Pagani” di prossima uscita, è un brano intenso, drammatico e poetico, capace di far vedere e rivivere con le parole una storia d’amore, calata in un’atmosfera in cui si sposano poesia e teatro.

Intervista a Caroline Pagani

Partiamo dal singolo “Albergo a ore”, cover del brano di Herbert Pagani. Com’è nata l’idea di reinterpretare proprio questo brano di tuo fratello e l’idea di coinvolgere al piano un gigante come Danilo Rea?

«Al primo concerto di Danilo Rea a cui ho assistito ho pensato: io questo uomo, questo artista lo amo, mi coinvolge, mi prende, mi emoziona, con grazia e gentilezza. Ed è così anche quando ascolto i suoi dischi. Esistono molti pianisti bravissimi e virtuosissimi, ma lui ha un plus valore, va oltre, dà anima a quello che suona, non esegue, crea atmosfere, non è solo un pianista, o un virtuoso, è un artista, è una persona vera, che comunica, ed è un signore. L’idea di interpretare “Albergo a ore” c’è sempre stata, è un pezzo di teatro, me la porto dentro, come molte altre sue canzoni che amo ancora di più. In “Albergo a ore” viene prima la parola poetica, per questo non volevo che fosse soffocata da una strumentazione troppo sontuosa e sovrastante. Nello spettacolo concerto la canto a cappella, e bastano le immagini evocate dalle parole poetiche per far sì che a molte persone si bagnino gli occhi di emozione.  Anche gli arrangiamenti di Alessandro Nidi, nel disco e nello spettacolo, sono splendidi, uno più bello dell’altro, un grande Maestro, così come l’accompagnamento al pianoforte di Giuseppe Di Benedetto».

Si tratta di un brano che hanno ricantato e riadattato in tanti nel corso degli anni, quali sono le versioni che ti hanno più colpito?

«Sì, da Milva a Ornella Vanoni, da Gino Paoli a Alessandro Haber, a Leopoldo Mastelloni, Da Marcella Bella a Patrizia Laquidara, anche Morgan e Dargen D’Amico. Forse una versione di Antonella Ruggiero con un artista visivo che si chiama Coniglio viola, un pò cupa, ma intensa e visionaria. Molte altre versioni sono parlottate, altre le trovo poco sentite. Ho scoperto da poco una versione di “Albergo a ore” nello spettacolo concerto “Chelsea Hotel” di Massimo Cotto, purtroppo scomparso un mese fa: molto bella, vera».

Lo scorso maggio hai debuttato in teatro con lo spettacolo “Per amore dell’Amore”, un omaggio all’opera di Herbert. Quali sono stati i commenti e i feedback che ti hanno più fatto piacere da parte del pubblico?

«Le recensioni, una più bella dell’altra, una in particolare mi ha commossa, leggendo che in scena si vede un’Elettra che vibra della stessa carne poetica del fratello Oreste, che i monologhi e le canzoni rubano il fiato anche all’otre di Eolo, che in scena deflagra un uranio, una bomba, dove la vita e la gioia esplodono in forma lirica, che ho donato ogni fibra del mio essere, senza spirito di ottenimento, per amore dell’Amore, come nell’omonimo titolo che ho dato allo spettacolo. I commenti del pubblico che mi hanno fatto più piacere sono quelli di chi ha detto che lo spettacolo è estremamente bello, ben fatto, ricco e commovente, di chi ha colto che è importante promuoverlo perché diffonde un messaggio di pace, che a Herbert arriva il mio omaggio, che va ben oltre l’omaggio, che si sono emozionati, che hanno pianto. Gli apprezzamenti per la drammaturgia e per l’interpretazione, di testo e canzoni, fanno sempre piacere e invitano a fare sempre meglio. Mi ha fatto poi molto piacere leggere che sono l’interprete spietata e poetica di una drammaturgia familiare, come ricevere bei feedback soprattutto anche da persone che non conoscevano Herbert Pagani, né me. E il sentirmi chiedere di poter vedere questo spettacolo ancora e in molte altre piazze».

“Albergo a ore” anticipa l’uscita del disco “Pagani per Pagani”, cosa puoi anticiparci a riguardo?

«È un doppio album, molto ricco e vario, intenso e denso, con canzoni e arrangiamenti molto belli e diversi fra loro, con ospiti Danilo Rea, Fabio Concato, Shel Shapiro, Moni Ovadia, Giorgio Conte, Francesca Della Monica, Alessandro Nidi. Ci sono canzoni allegre e canzoni drammatiche, canzoni popolari e altre ricercate, con qualche inedito, in italiano e in francese, si passa dal piano solo, al pop, al rock, all’orchestra. Avrei voluto coinvolgere altri artisti come Vinicio Capossela, che si sarebbe accompagnato da solo, Edoardo Bennato, Davide Livermore, che mi propose molti anni fa di fare uno spettacolo concerto su Herbert, ma tempi e logistica erano complicati, ero da molto tempo su questo progetto e andava portato alla luce».

Anche tu, proprio come tuo fratello, sei un’artista poliedrica. C’è un filo conduttore che lega le arti che hai scelto di abbracciare? 

«Certamente, il Teatro abbraccia e contiene tutte le arti e le fa comunicare fra loro, le fa danzare insieme: pittura, scenografia, parola, canzone, interpretazione, recitazione, canto… Sicuramente la parola, scritta, parlata e cantata, e la sua interpretazione, la capacità delle parole di evocare immagini, paesaggi sonori, la possibilità di incarnare e vivere la parola col corpo, con la voce, con la testa e il cuore. Io in particolare mi occupo di tematiche legate al femminile nella letteratura e alla condizione della donna nostra società contemporanea, in Shakespeare in particolare di cui sono una studiosa. Entrambi abbiamo scelto la parola, il corpo e la voce come veicolo della nostra arte».

Per concludere, a trentasei anni dalla sua prematura scomparsa, cosa manca oggi di un artista come Herbert Pagani?

«Manca la forza del suo impegno civile e politico per la pace, la lucidità con cui analizzerebbe il conflitto in Medioriente, la sua particolare sensibilità ai problemi di un mondo iper tecnologico, di un mondo che rischia la sua stessa vita per i cambiamenti climatici, per il modo in cui trattiamo il nostro pianeta, per l’arte del riciclo, manca alla radio, era un conduttore radiofonico straordinario, manca la sua passione, la sua trasparenza, il suo essere dritto, chiaro, contro ogni compromesso, il suo essere appassionato, manca la sua arte, il suo ingegno, e la sua poesia. Poco prima di morire era stato nominato direttore artistico del del Centro Mondiale dell’eredità Culturale dell’Ebraismo Nord Africano, museo e centro culturale nel cuore di Gerusalemme.  E stava allestendo la sua prima grande mostra personale di opere d’arte, fatte con materiali di scarto della natura, “La scrittura della vita” a New York. È stata fatta postuma a Milano all’ex Centro Internazionale di Brera, nella chiesa sconsacrata di San Carpoforo e a Ferrara a Palazzo dei Diamanti».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.