venerdì 22 Novembre 2024

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C’è sempre una canzone (d’amore): “Destri”

Raccontiamo l’amore con una canzone

Il 2020 è stato un anno così particolare, che è sembrato allo stesso tempo lunghissimo e cortissimo. Tutto è stato (ed è ancora) più difficile: i programmi sono andati in fumo, le storie d’amore si sono attorcigliate nelle difficoltà di una quotidianità che ci ha resi più fragili. Ora che mancano giusto una manciata di giorni alla fine, ci guardiamo indietro e cerchiamo di raccogliere i cocci rotti che la solitudine e la distanza ci hanno fatto sparpagliare per il nostro cammino. Cocci di storie andate a finire male, storie di amanti così lontani da non potersi sfiorare o così vicini da stare troppo attaccati. Storie di amori mai iniziati per colpa di una zona che è troppo rossa anche per il cuore, polveri sottili di sogni buttati all’aria e di abbracci che ancora adesso, a pensarci, ci lasciano addosso il profumo di casa.

Allora provo a girare la medaglia, penso alle cose che invece vorrei salvare e tra queste c’è la musica. Perché è proprio vero che non ti abbandona mai e te la senti sempre addosso, anche quando devi mantenere le distanze di un metro. C’è una canzone che è entrata nella mia vita (e anche nella vostra ammettetelo) il 25 settembre e non è più uscita. Ha scalato le classifiche di Spotify ed è ferma lì, pronta per essere cantata finalmente ad un concerto perdendo anche quel minimo di dignità che ci è rimasta. “Destri” è il simbolo di quest’anno un po’ sgangherato che ci ha lasciato qualche gioia e tanto amaro in bocca. “Destri” è l’inno di tutti quegli amori sfigati che sono stati messi a dura prova dal 2020 ed ora non lo sono più, oppure lo continuano ad essere, sfidando le difficoltà della vita di tutti i giorni. E con queste note la vita di Flavio Pardini, il nostro Gazzelle, si confonde un po’ con quella di tutti noi.

“All’improvviso sei volata via,
lasciando indietro una nuvoletta,
almeno meritavo una bugia, almeno l’ultima sigaretta”.

Non c’è oggetto più ingombrante del vuoto. Il vuoto che lascia un amore quando finisce, che lascia una persona che amiamo o che abbiamo amato, quando se ne va. Quando chiude la porta ed esce dalla nostra vita così in fretta che non facciamo nemmeno in tempo ad accorgerci che quella sarebbe stata l’ultima volta. E magari non ci degna neanche di una spiegazione, non ci guarda nemmeno negli occhi per dirci tutto quello che ci deve dire. Flavio l’avrebbe voluta fumare quell’ultima sigaretta: una sigaretta per dirsi addio. Ma non c’è mai stata perché scappare è più facile che ammettere di aver sbagliato.

“Te l’ho già detto una volta, mi ricordavi il mare,
Le luci di Natale, gli schiaffi sul sedere e lo spazzolino uguale
La Panda manuale, bruciare in una notte come una cattedrale”.

Buttarsi a capofitto nei ricordi può bruciare come quando hai una ferita sulle mani e tagli il limone o come quando da piccola cadevi in bicicletta e ti sbucciavi tutte le ginocchia. Poi arrivava la mamma e ti disinfettava, in quel momento vedevi solo le stelle. Guardarsi indietro fa quest’effetto, ma non possiamo evitare di farlo, perché ci rifugiamo in quello che è stato per provare a rivivere le sensazioni di quando eravamo felici. Ci possiamo ricordare di tutto: la malinconia e la gioia delle luci di Natale, quando ti lavi i denti e non sai se mettere lo spazzolino nel suo bicchiere, la Panda manuale che sappiamo essere la vera star di qualsiasi scampagnata. E poi il mare. Per Flavio ricordare il mare significa molto di più del suono delle onde e del colore della sabbia, perché il mare ci lascia senza parole ed è così prezioso che non possiamo sprecarlo.

“Non è colpa mia, se questa luce non ti illumina più dentro casa mia.
Non è colpa tua se questi destri al muro non ci fanno ritornare lì”

La luce che diventa buio, il mare che diventa un centro commerciale. Una mattina ci svegliamo e ci accorgiamo che quella luce che illuminava la persona per la quale ci saremmo anche gettati nelle fiamme, non c’è più. La tristezza e la delusione lasciano spazio alla rabbia e alla rassegnazione. Quando si costruisce qualcosa, lo si fa sempre in due. “Quei momenti lì” li abbiamo vissuti sempre in due. Non c’è arbitro che decida di chi sia la colpa quando una storia finisce e soprattutto non c’è bilancia che pesi chi dei due stia soffrendo di più.

Quindi raccogliamo le nostre forze ed iniziamo ad andare avanti, perché niente ci riporterà indietro, nemmeno se prendiamo a pugni un muro, nemmeno se prendiamo a pugni i ricordi. E se proprio vogliamo tirare dei destri ma non possiamo, allora mettiamoci le cuffie, facciamo partire questa canzone, alziamo il volume ed iniziamo a cantarla a squarciagola. Dovremo chiedere scusa a chi abita con noi o ai nostri vicini, ma sarà così liberatorio che alla fine ci sembrerà davvero di aver sconfitto il nostro più grande nemico: un cuore spezzato.

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