Quando le note diventano parole di libertà, l’arte ha il potere di influenzare l’opinione pubblica e trasformare in canto il grido che si oppone alla violenza sulle donne
Cosa può una canzone dinnanzi alle piaghe sociali, alle guerre e al dolore a cui spesso assistono inermi i nostri occhi? Probabilmente nulla e potenzialmente molto, a seconda dei punti di vista. musica STOP violenza donne
Ogni anno, il 25 novembre ci invita a riflettere su un problema che ha radici profonde e si manifesta in molteplici forme: la violenza contro le donne. Un problema che, purtroppo, non sembra conoscere confini temporali o geografici, né età, né classe sociale.
Dalla violenza fisica e psicologica tra le mura domestiche, agli abusi sessuali, al femminicidio: il fenomeno della violenza di genere è una realtà quotidiana che colpisce milioni di donne in tutto il mondo.
In questo contesto, la musica può sembrare un mezzo lontano dall’affrontare in modo concreto e tangibile la violenza. Eppure, è proprio nella musica che si nasconde un potere straordinario: quello di dare voce a chi non ha voce, di emozionare, di unire, di provare a cambiare consapevolezza.
La musica, in fondo, è un linguaggio universale che supera le barriere del verbo e può arrivare dritto al cuore, molto più di quanto a volte immaginiamo.
Le canzoni come strumento di denuncia sociale
Molti artisti hanno scelto di affrontare temi di grande impatto sociale, utilizzando la musica come forma di protesta e resistenza. La canzone diventa così uno strumento di denuncia, un megafono capace di far risuonare, nelle orecchie di chi ascolta, un grido con le sembianze di un canto.
Sul fronte internazionale, sono molte le canzoni che ci vengono in mente, in primis quelle cantate e scritte da donne, come “Me and a Gun” di Tori Amos, cantata straordinariamente a cappella senza l’ausilio di un tappeto musicale, oppure “I’m Ok” di Christina Aguilera, composta a quattro mani con Linda Perry, fino ad arrivare più di recente all’intensa e struggente “Til It Happens to You” di Lady Gaga.
Non sono certo da meno le cantanti nostrane, a partire da Mia Martini che nel 1989, suo anno di grazia, interpretò “Donna”, un meraviglioso testo di Enzo Gragnaniello che riflette sulla concezione di oggetto sessuale della figura femminile.
Alle donne che si sentono sedotte, abbandonate, mortificate, e umiliate dagli uomini, Levante ha dedicato “Gesù Cristo sono io”, così come Carmen Consoli, con cui condivide sensibilità e origini, si è fatta portavoce di una storia cruda e toccante ne “La signora del quinto piano”. musica STOP violenza donne
E che dire di Fiorella Mannoia, presidente onoraria della Fondazione Una Nessuna Centomila, che si è mostrata più volte solidale e vicina a questi temi. Tra le diverse canzoni, prendiamo in esame su tutte “Nessuna conseguenza”, che da voce a chi trova il coraggio di ribellarsi alle angherie di un compagno violento e manipolatore.
Nel folto giardino della musica italiana, sono tanti i pezzi che, proprio come un piccolo seme, cercano di fiorire e germogliare alle orecchie degli ascoltatori. Ne citiamo giusto qualche altra: “Io di te non ho paura” di Emma, “Mai per amore” di Gianna Nannini, “Vale la pena” di Laura Pausini, “Rose spezzate” di Anna Tatangelo, “Ballata triste” di Nada, “Femme” di Francesca Michielin e “Senza appartenere” di Nina Zilli.
La musica per dire STOP alla violenza contro le donne
In tutti questi casi, non è solo il testo a fare la differenza, ma anche il linguaggio che si sceglie di utilizzare e, non ultima, l’interpretazione. E poi ci sono gli uomini, quelli che sono accusati di questo massacro, perché quello della violenza sulle donne è un problema loro/nostro, che parte da noi e si ripercuote su di loro.
Tanti cantanti non hanno solo messo la firma, ma anche la faccia. Il primo che mi viene in mente è il sommo Fabrizio De Andrè, con la crudezza e la poesia de “La canzone di Marinella”. Il cantautore genovese è stato tra i primi ad affrontare con delicatezza questo tema, insieme a Sergio Endrigo, che in “Via Broletto 34” sembra raccontare uno dei tanti casi di cronaca che affollano oggi le prime pagine dei media.
Anche qui rischiamo sicuramente di tralasciare qualche bella canzone, ma tra tutte consigliamo di riascoltare “Colpo di pistola” di Brunori Sas, “Vietato morire” di Ermal Meta, “Perchè?” di Alex Britti, “Nella stanza 26” di Nek, “Mary” dei Gemelli DiVersi e “La faccia e il cuore” di Antonio Maggio con Gessica Notaro.
Proprio con quest’ultima canzone vogliamo chiudere questo articolo, perché si tratta di un duetto e non di una donna che canta le parole di un uomo, o di una donna che racconta la sua storia, o di un uomo che scrive e interpreta dal suo punto di vita. “La faccia e il cuore” è un duetto, se vogliamo semplificare, ma soprattutto è un dialogo tra i due generi coinvolti in questo assurdo massacro.
La musica non è solo un mezzo per raccontare storie, ma anche una forma potente di attivismo sociale. Non importa se questo messaggio passa attraverso un palco, una radio o un video su TikTok: la canzone è una forma di educazione emozionale che può toccare anche chi non sa come affrontare il problema della violenza. Mentre ci fermiamo a riflettere è già arrivato ancora una volta il 25 novembre, e il desiderio è di arrivare a non avere più una giornata volta a ricordarci che la violenza è una cazzata e contro le donne è ancora di più una bastardata. “Cosa può una canzone?” ci chiedevamo all’inizio. Ecco, la risposta è: molto più di quanto possiamo immaginare.
“Tieni le mani in tasca
tieni le mani in tasca
che se le tiri fuori
non fai la differenza
tieni le mani in tasca
tieni le mani in tasca
e se le tiri fuori
è per una carezza”
Nico Donvito
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