“Dalla A alla Z”: Z come Nina Zilli

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla Z come Nina Zilli. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla Z, Z come Nina Zilli.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: Z come Nina Zilli
Sola e gli altri ballano, questo è il suo blues. Senza tempo e attuale come un negozio di antiquariato gestito da un magnate dell’hi-tech, l’artista della puntata di oggi ha un martello dentro al cuore che fa boom boom boom e batte al ritmo della musica di Etta James. Più la butti giù, più lei va su. Il suo nome inizia con la lettera Z, Z come Nina Zilli.
La prima volta che l’ho vista su un palco ero un bambino di dieci anni che guardava Sanremo alla tv. Ricordo di aver pensato subito ci fosse una scintilla che brillava differentemente in lei. I capelli voluminosi acconciati in quella cofana cotonata, il look anni sessanta, l’interpretazione magnetica; tutti dettagli che contribuiscono a renderla incredibilmente unica e la incastonano in un mondo a parte. Lontana dalla frenesia odierna eppure così terrena e carnale, mentre tutti fanno pop, lei porta coraggiosamente avanti il soul e questa scelta alternativa la premia con un disco di platino.
«Siamo fatti per non rimanere», canta in “Una breve vacanza”, ma al Festival del 2012 sceglie di non rinnegare l’infinito e di credere nel “Per sempre”. Si chiama così il pezzo con cui si classifica sesta, un pezzo di sublime, suadente e sopraffina eleganza raccontato con sentimento che lei stessa definisce “strappa mutande”.
Nonostante le parole del suo lui le abbiano fatto male, lei lo seduce perché l’orgoglio in amore è un limite e, civettuola come in molte delle sue canzoni, ammalia il pubblico. Ma è per l’edizione della kermesse di tre anni dopo che si lascia realmente andare con tutta la sua raffinata sensualità. Abbandonata da quello che riteneva essere il suo “Unico re”, comprende che è sulle sue forze che deve contare e nel 2015, all’Ariston, celebra l’autoerotismo.
«Io vorrei dare a te quello spazio che ti serve ma non c’è in questo blues, questo è il mio blues», canta in “Sola”, un blues sexy alla “I put a spell on you” in cui si staglia vertiginosamente persuasivo il suo ricco registro vocale. E sempre soul, con qualche nuance pop, è l’album che segue l’uscita della canzone: “Frasi & fumo”. In questo terzo disco, prodotto dalle sapienti mani di Mauro Pagani, si parla prevalentemente di amore, ma quello che è iniziato con un bacio diventa un ballo con un ritmo che rallenta. È amore, ma è un’amore deludente come quello di “Luna spenta”.
«Lontani come un’isola i sogni più romantici», canta per rimanere in tema nel singolo più pop “#RLL (Riprenditi le lacrime)”. Nella bondiana e intrigante “Fra il divano e le nuvole”, invece, lei rimane lì come un allocco ad attendere che lui torni. In ogni traccia, ad aiutarla nella scrittura e nella musica, c’è il suo ex fidanzato Neffa con cui duetta in “Schema libero”, pezzo che si contraddistingue per un irresistibile clarinetto in cui accetta l’ignoto che ti travolge alla fine di una storia («Sono a terra ma non c’è pericolo»).
Sicuramente, però, il brano manifesto del disco è quello sanremese in cui ribadisce un concetto di vitale importanza. Una donna non ha bisogno di un uomo perché “L’amore è femmina”, titolo di un orecchiabile pezzo rhythm and blues certificato con il disco d’oro in cui rivendica di darsi a chi ama solamente quando riceve in cambio l’affetto e le attenzioni che le spettano. Con la versione bilingue “L’amore è femmina (Out of Love)”, partecipa all’Eurovision Song Contest a Baku, posizionandosi al nono posto.
Il 2012 per Maria Chiara (questo è il suo vero nome) è un anno fondamentale, il secondo album prodotto da Michele Canova si rivela un successo ed è scritto quasi interamente da lei. Al centro c’è sempre, ça va sans dire, l’amore che tormenta come nel quarto singolo estratto “Una notte” – dopo “Per le strade”, composto da Pacifico – e provoca un profondo rancore che emerge in “Non qui”. Naturalmente, di questo sentimento totalizzante, analizza anche gli aspetti positivi. L’amore può anche colorare di blu un cielo nero, lo dice nella scanzonata “L’inverno all’improvviso”. Inverno dirompente che diventa discreto nel pezzo che scrive per lei la cantantessa Carmen Consoli, un pezzo in cui l’attesa viene raccontata come una stagione incerta, “Un’altra estate”.
Si chiama nello stesso modo una canzone di Diodato che nel 2020 la invita ad accompagnarlo durante la serata delle cover del Festival sulle note di “24 mila baci”, pochi giorni prima della sua inaspettata vittoria. Lei su quel palco non ci sale dal 2018 quando partecipa alla gara per la prima volta con una ballad pop più standard rispetto ai blues e soul precedenti.
Dopo aver sdoganato un tema tabù come quello della masturbazione, ora su quel palco affronta la violenza di genere e omaggia la grandezza delle donne. Le donne che, umiliate e offese da piccoli uomini, dopo tutti i soprusi, trovano il coraggio di salvarsi e perdonarsi di una colpa inesistente, ma capita spesso che paradossalmente siano proprio le vittime a colpevolizzarsi. «Io non li chiamo più lividi sono colori e ci gioco», canta in “Senza appartenere”, brano delicato e potente al tempo stesso che non viene compreso e che avrebbe a mio avviso meritato di più.
La canzone accompagna l’uscita della riedizione di un disco diverso da tutti gli altri che ha creato, “Modern art”, disco che segna la sua decisa virata verso il pop – miscelato in un cocktail efficace con altri generi come il reggae. Quella festivaliera è una delle poche ballate dell’album insieme alla disillusa ma consapevole “Il punto in cui tornare” e al dolce auspicio del singolo “1XUnattimo” («Vorrei che domani quelli lontani si avvicinassero»). Il resto delle tracce è invece caratterizzato da un ritmo più sostenuto, a tratti martellante.
Ad anticipare la pubblicazione della prima edizione è uno dei successi dell’estate del 2017 nato dalla collaborazione con le illustre menti di Dardust, Calcutta e Tommaso Paradiso in cui – dopo averlo esplorato in passato in brani come “No pressure” e “Lei dice” – trionfa il reggae: “Mi hai fatto fare tardi”. Ancora più di marleyana ispirazione è “Ti amo mi uccidi” che, con il suo inizio e il suo finale in lingua inglese, la vede riempiere di complimenti il suo amato (bastardo, egoista, prepotente e con un ego imbarazzante). Un pezzo tutto da ballare in cui la felice coppia va a vedere l’alba e lui neanche la guarda. Concetto che torna similmente nella elettronica “Notte di luglio”, lei vorrebbe dirgli addio ma lui neanche resta sveglio.
All’interno dell’album, Nina Zilli sperimenta addirittura il rap nella title track “Domani arriverà (Modern Art)” e in “Butti giù”, duetto con J-Ax dopo il successo della hit “Uno di quei giorni” del 2014 (tornerà a duettare con i rapper nel 2020 con Nitro in “Schiacciacuore” e l’anno dopo con Clementino nella spagnoleggiante “Señorita”). La voglia di sperimentare la conduce in ogni dove, ma senza rinnegare le sue origini e per questo chiude con i pezzi più soul “Per un niente” e “Come un miracolo” che è un blues. Quel blues che, proprio come un miracolo e “Come il sole” all’improvviso, la porta in vetta alle classifiche dopo anni e anni di gavetta.
Ha già quasi trent’anni nel 2009 quando tutti cantano la sua “50mila”, pecco iconico con Giuliano Palma che spicca il volo nelle radio e la rende con l’eponimo ep “Nina Zilli” una delle scoperte più interessanti dell’anno. Con quel nome d’arte così accattivante – il cognome è quello della madre e il nome è quello della sua artista del cuore Nina Simone – inizia la sua avventura nel mondo della discografia dopo l’infanzia serena nel Piacentino e la dura formazione lirica al conservatorio a cui si aggiunge il bagaglio colmo di esperienze che accumula fin da ragazzina in giro per il mondo tra l’Irlanda e l’America.
Dopo l’exploit, nel 2010 partecipa a Sanremo Giovani e con l’orchestrale “L’uomo che amava le donne” si aggiudica il premio della critica e poi il disco d’oro per le vendite che si trasforma in platino per il primo album “Sempre lontano”. Un disco variegato in cui da “Il paradiso” si passa in un attimo a “L’inferno”, il tutto senza disperarsi perché come intona in una irresistibile cover, “L’amore verrà”. E per lei è arrivato con Danti che, a differenza di come canta nel pezzo per l’estate 2025 con i Finley, tra milioni di spermatozoi, non era “Quello sbagliato”. Lei e il noto producer diventano anche una coppia musicale che collabora (ancora una volta) con J-Ax nella hit. “Tu e D’io” del 2019 e nel pezzo pop un po’ anni sessanta “Innamorata (F___U!)” del 2023.
Lo abbiamo notato dai suoi testi, le pene d’amore non mancano mai, ma negli ultimi tempi, Nina Zilli sembra aver trovato la quadratura del cerchio. «Vorrei non aver amato mai», confessa in una canzone che si chiama “Anna” – nome che cita anche in “Mi hai fatto fare tardi” – eppure è proprio grazie alla sua bimba Anna Blue che scopre un’altra forma di amore, probabilmente la più impattante e rivoluzionaria di tutte. È a lei che si rivolge in “Questa felicità”, brano del 2024 in cui augura alla sua piccola di dare priorità alle cose che contano realmente in un’epoca così decadente. A volte, forse, Nina ancora si chiederà “Il mio posto qual è”, ma in fondo non è così essenziale saperlo perché anche se dovesse rimanere sola un giorno, sa che in questo suo blues troverà sempre il modo di starci comoda.