venerdì 22 Novembre 2024

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Estate 2018, Bollettino musicologico dei tormentoni – PARTE 1

Viaggio sola andata nel mondo delle canzoni che fanno da colonna sonora di questa stagione estiva

Se l’estate 2017 è passata alla storia per i suoi molteplici tormentoni, quella 2018 ha tutta l’aria di non essere da meno. Anziché accompagnarvi in questi mesi con la solita playlist dei motivetti da spiaggia, abbiamo deciso di inaugurare una nuova rubrica stagionale, una sorta di bollettino musicologico delle canzoni estive che ci terranno compagnia fino al prossimo settembre. In ogni “puntata” analizzeremo sette brani che, per sonorità o per spensieratezza del testo, possiamo considerare come colonna sonora dell’estate, anche se non corrispondo per etichetta a dei veri e propri tormentoni, termine forse abusato e trasformato negli ultimi tempi in un vero e proprio vezzeggiativo, ma che in realtà ci riporta indietro ai gloriosi anni ’60. Nei decenni siamo passati da Edoardo Vianello a Baby K senza nemmeno accorgercene, da un “Vamos a la playa” a un “Vamos a bailar” il passo è stato breve.

In questo episodio inaugurale, parleremo di Italiana, della premiata ditta J-Ax & Fedez, Amore a prima Insta di Shade, Non ti dico no dei Boomdabash con Loredana Bertè, Nero Bali di Elodie con al seguito Michele Bravi e Guè Pequeno, di Moscow mule di Benji & Fede, E.STA.A.TE di Laura Pausini e, dulcis in fundo, Danzando danzando di Cristiano Malgioglio. Di seguito le prime canzoni che inaugurano questo nuovo appuntamento e che, c’è da scommetterci, faranno la gioia degli stabilimenti balneari e dei principali villaggi turistici del nostro bel Paese.

J-Ax & Fedez – Italiana

Ben lontani dall’estate italiana targata Nannini-Bennato, per il duo di rappers milanesi si tratta del terzo tormentone di fila, dopo aver piazzato sul bagnasciuga “Vorrei ma non posto” e “Senza pagare” ci riprovano ancora una volta, come a dire “Non c’è due senza trash”, giusto per citare una delle pietre miliari della discografia fedeziana. Il brano si ascolta con facilità, tra riferimenti di un’agghiacciante pseudo-attualità che d’estate rinfresca, ma passare dall’origano fumato dalla gente che conta a Mykonos ai missili di Kim Jong-Un, è un qualcosa che stordisce molto più di una comune insolazione. Sfiorare determinate tematiche a ritmo di reggaeton è poco credibile, perché il filo tra la denuncia sociale e Checco Zalone diventa sempre più sottile, quasi microscopico. Tutto sommato, rimane comunque uno dei pezzi migliori realizzati dal duo sotto il patrocinio dell’Algida, sarà forse per l’effetto-Itaca… visto che rappresenta l’ultimo capitolo dell’Odissea di “Comunisti col Rolex” e poi ognuno a casuccia sua, come si suol dire. Chi avrà tratto maggior vantaggio da questa collaborazione? Lo scopriremo solo vivendo, sempre ammesso ci siano stati degli effettivi benefici che esulano da un discorso meramente economico, ma questa è tutta un’altra storia… e anche se piove la musica suona.

Shade – Amore a prima Insta

Si, lo so, parlare di social network in un brano estivo è un concetto ormai sdoganato ma, proprio per questo motivo, è ancora più difficile tirare fuori qualcosa di originale. Shade ci è riuscito, bissando l’ottima prova di “Bene ma non benissimo”, anche se in questo brano lo ritroviamo più maturo e con maggiore consapevolezza, assistendo sbalorditi ad una notevole evoluzione sia nelle sonorità che nel cantato, al punto da dimostrare che si possono ancora realizzare interessanti tornentoni “no filter” e, sopratutto, senza l’ausilio di particolari featuring. Un pezzo che racchiude comunque una storia, cosa rara di questi tempi, che racconta di un tizio che va in fissa per una tipa vista su Instagram: certo non sarà la love story del secolo, il confronto con Giulietta e Romeo di Shakespeare fa rabbrividire, ma descrive in senso metaforico e con estrema ironia la nostra attuale società 2.0, divisa tra direct dm, superzoom e swipe-up.

Boomdabash & Loredana Bertè – Non ti dico no

Sulla carta un binomio improbabile, di fatto una bomba. A quasi quarant’anni dal successo di “E la luna bussò”, Loredana Bertè torna a familiarizzare con il reggae, genere che ha importato e proposto per prima sul suolo italico. Protagonista di un piacevole ritorno alle origini assieme ai Boomdabash, gruppo che risulta essere assai funzionale incastrandosi all’unisono con la vocalità della rocker, il tutto condito da Takagi & Ketra che, più che un tandem di produttori, possiamo ormai considerarli come una rodata certezza dell’attuale scenario musicale italiano. Era dai tempi di “All that she wants” che non ci si abbronzava a ritmo di una sonorità così martellante, senza alcun tipo di protezione solare.

Elodie, Michele Bravi e Guè Pequeno – Nero Bali

Chi ha pensato a questo insolito ménage à trois è da considerarsi un pazzo totale, ma dietro ogni barlume di follia si nasconde spesso una lucida genialità. L’effetto è sorprendente, mai avrei pensato di sentire interpretare un tormentone dall’aggraziata vocalità di Elodie e dall’innata flemma da coorner di Michele Bravi, invece il bello della musica è proprio questa capacità di rendere credibile l’imprevedibile. Il testo regala frasi interessanti e per nulla banali, come “Ma che ne sai della chimica se mischi l’amore con l’interesse”, “Preferisco il confronto alle maschere” e “Che colpa ne ho se essere umani non ha scadenza”, parole che donano al brano una veste insolitamente colta e profonda, non propriamente consona ad un tormentone. A condire il tutto, un azzeccatissimo bridge affidato a Guè Pequeno, che spezza e rende meno prevedibile il risultato finale. Un manifesto del non prenderla sul personale e mai troppo sul serio, il trionfo del non volersi vestire bene in casa, l’apoteosi del luddismo anti-social che invita a buttare in mare i cellulari che, molto probabilmente, non abbiamo ancora finito di pagare a rate. Un invito alla leggerezza che culmina nello slogan “Tu vedi nero, io vedo Bali”, come a voler proseguire un discorso lasciato a metà da Irene Grandi negli anni ‘90 con “In vacanza da una vita”, “Bum bum” e “Otto e mezzo”, quando al posto della turistica meta indonesiana ci si accontentava ancora di Cuba, Caraibi e Messico.

Benji & Fede – Moscow Mule

Reduci dalla buona prova della scorsa stagione con “Tutto per una ragione”, per i due giovani artisti è tempo di conferme. Orfani della bella presenza di Annalisa, Benjamin e Federico dimostrano di saperci fare anche in solitaria, con un brano fresco e ultra-radiofonico, che potrebbe rappresentare la consacrazione per il duo modenese. Certo, non è il brano della vita, ma gli ingredienti per funzionare ci sono tutti. Prendete 4,5 cl di Vodka, 12 cl di Ginger beer (volgarmente chiamato estratto di zenzero), un paio di teen idol e un fetta di lime, shakerate per bene e servite con ghiaccio, il risultato sarà convincente all’ascolto e rinfrescante al palato. Ripeto, la musica d’autore è ben altra ma, nel grande universo parallelo dei tormentoni estivi, rappresenta uno di quei rari corpi celesti in grado di ospitare forme di vita intelligenti.

Laura Pausini – E.STA.A.TE

Dopo aver cantato una splendida “Primavera in anticipo”, in questo caso pecca di mancata puntualità la nostra Laurona nazionale, impegnata all’avanscoperta di territori sonori inesplorati e per lei del tutto inconsueti. E’ apprezzabile la sua irrefrenabile voglia di non adagiarsi sugli allori e nelle cosiddette zone di comfort melodiche, ma dopo l’esperimento non proprio fortunato di “Innamorata”, bisogna riconoscerle l’aggravante della recidiva. Se l’intento era quello di avvicinarsi alle popstar di respiro internazionale, l’esito riporta alla luce le migliori hit di Paola e Chiara, aspetto da non intendere in senso negativo, ma indubbiamente il DNA della Pausini è composto dai nostri migliori prodotti agroalimentari a Denominazione Origine Protetta, la sua voce profuma di basilico e trasuda dello stesso siero che sgorga dalle mozzarelle di bufala, ergo il suo modo di cantare è 100% made in Italy e la sua cifra stilistica è a forma di stivale, un qualcosa che non si può camuffare o riassumere in un jingle pubblicitario, che esula dalla forma canzone così come la conosciamo e la intendiamo in tutta Italia, isole comprese.

Cristiano Malgiolglio – Danzando danzando

La musica pop e il trash sono due dimensioni parallele che spesso entrano in contatto tra loro e ci regalano momenti di inenarrabile gioia. Reduce dal brillantinato successo di “Mi sono innamorato di tuo marito”, il buon Cristiano prosegue sulla scia del dico non dico, lui che sull’ambiguità dei testi c’ha costruito un’intera carriera. Questa volta, ridendo e scherzando, danzando danzando, Malgioglio passa dall’amore platonico a sfondo extra-coniugale al fugace e caliente ratto di un certo Fernando, che non è dato sapere chi sia ma poco importa. Ogni riferimento a persone, cose o canzoni è puramente casuale, compreso alla celebre “Alejandro” di Lady GaGa, sua stretta parente… o almeno così ha dichiarato lui in svariate interviste. Tornando al brano, c’è davvero poco da aggiungere, in quarantacinque anni di onorata carriera il cantautore siciliano ha composto pezzi entrati di diritto nella storia della musica leggera italiana, anche se ultimamente si fatica a crederlo. Insomma, come finire in prigione senza passare dal via.

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.