martedì 5 Novembre 2024

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Estate 2018, Bollettino musicologico dei tormentoni – PARTE 6

Viaggio sola andata nel mondo delle canzoni che fanno da colonna sonora di questa stagione estiva

Dopo aver inaugurato questo nuovo appuntamento settimanale parlandovi degli ultimi singoli di: Takagi & Ketra con Giusy Ferreri e Sean Kingston, J-Ax e Fedez, Baby K, Benji e Fede, Thegiornalisti, Boomdabash con Loredana Bertè, Laura Pausini, Luca Carboni, Dolcenera, Elodie con Michele Bravi e Guè Pequeno, Shade, Fred De Palma e Ana mena, Lo Stato Sociale, Ermal Meta, Annalisa, Max Pezzali, Cesare Cremonini, Emma, Francesca Michielin, Diodato, Bianca Atzei, Valerio Scanu, Alessio Bernabei, Lorenzo Fragola, Anna Tatangelo, Biondo, Thomas, Virginio e altri ancora; ben ritrovati con il nostro consueto bollettino musicologico dei potenziali tormentoni dell’estate 2018, ossia le proposte musicali più fresche che ci terranno compagnia nei prossimi afosissimi mesi.

In questa sesta “puntata” parleremo di Nera di Irama, I 90 dei La Rua, Viva la libertà di Jovanotti, Che cosa ci siamo fatti di Briga, Salutalo da parte mia di Einar, Stracciabudella di Malika Ayane, Porcellana di Noemi, Il tatuaggio di Leda Battisti, Autostop di Giada Agasucci e G-Max eRitmo tribale delle Lollipop. Armiamoci di cuffiette, crema solare e partiamo fischiettando in direzione spiaggia.

Irama – Nera

Da quando ha vinto il talent sono diventati tutti “amici” di Irama, ma come si fa a non esserlo? Il ragazzo ha grandi capacità, le aveva ampiamente dimostrate in passato quando l’attenzione su di lui era minore, con canzoni se vogliamo qualitativamente migliori. Se è vero che “una rondine non fa primavera”, solitamente “una canzone estiva non necessariamente fa tormentone”, ma ci si avvicina parecchio. Sarei proprio curioso di ascoltare il provino iniziale di questo brano e l’arrangiamento utilizzato per l’inciso, perché il risultato finale mostra un netto contrasto tra le strofe molto originali e un ritornello già sentito. Nel complesso, lo stile dell’artista c’è e resta intatto, per nulla scalfito dalla parentesi balneare, ma siamo certi che il suo potenziale è orientato verso ben altro. “Nera” si ascolta e si riascolta in loop, d’altronde non si può compiacere tutti, questa volta è toccato al mondo delle radio, altro giro altra corsa. Unico punto negativo? Qualche ahi ahi ahi di “loslocosiana memoria” di troppo.

La Rua – I 90

Dopo aver mostrato il loro lato melodico-sentimentale in compagnia di Federica Carta con “Sull’orlo di una crisi d’amore”, i La Rua tornano nella loro isola di comfort per potercisi spiaggiare per tutta l’estate. “I 90” rappresenta il manifesto di un’epoca vicina temporalmente, ma ideologicamente distante anni luce dal mondo di oggi. Capita di ascoltare un pezzo e di essere catapultati indietro nel tempo, come a bordo della famosa DeLorean di “Ritorno al futuro”, questo accade soltanto con i grandi artisti e con le belle canzoni. Fotografare un momento e riproporlo sotto forma di polaroid, oggetto di puro antiquariato che molti giovani di oggi non conoscono nemmeno, per non parlare del rullino o della pellicola. Ecco, se i brani riescono a farci viaggiare con la fantasia e far scoprire qualcosa di nuovo attraverso, magari con l’ausilio di sonorità contemporanee e interessanti come in questo caso, allora sì che la musica si riappropria del suo potentissimo e nobile ruolo all’interno della società.

Jovanotti – Viva la libertà

Diciamolo pure, nel suo ultimo disco “Oh, Vita!”, Jovanotti ha puntato tutto sui testi e sulla comunicazione, tralasciando la fase di produzione con un progetto che appare come una bellissima raccolta di provini. Un salto di qualità, se vogliamo, e una netta presa di coscienza sulle proprie capacità autorali, ma un taglio netto con il suo recentissimo passato, infatti, nel precedente disco “Lorenzo 2015 CC” il numero delle hit superava di gran lunga le tracce presenti, un paradosso che rende l’idea della sterzata artistica del cantautore toscano, che ha deciso di andare contromano rispetto al senso di marcia del suo percorso. Chiamiamola pur sempre evoluzione, perché ci ha spesso abituati a grandi sorprese, ma mai così bruscamente, piuttosto gradualmente. In meglio o in peggio chi lo sà, saranno i posteri ad esprimere la loro insindacabile ardua sentenza, per il momento “Viva la libertà” suona meglio intorno a un falò che in radio.

Briga – Che cosa ci siamo fatti

Poco estiva ma ispirata e, per certi versi, parecchio indovinata. “Che cosa ci siamo fatti” è la canzone che ci restituisce il talentoso Briga, di ritorno con un piccolo capolavoro che cancella dalla nostra memoria certi fantasmucci del suo recente passato (tipo “Baciami, hasta luego amor”). Il pezzo suona per davvero, più analogico che mai, con l’elettronica che scende al bar a comprare le sigarette per non fare più ritorno. Un sorprendente brit-rock che idealizza il suo personale bagno di consapevolezza cantautorale, stupisce e ci lascia alquanto sbalorditi questa new version di Mattia, che saluta l’hip hop per cambiare indirizzo di studi, un po’ come si fa a scuola quando non ti trovi bene con i compagni o i voti dei professori non ti soddisfano. Canta dall’inizio alla fine, perfettamente a suo agio con questa nuova veste melodica. Davvero convincente.

Einar – Salutalo da parte mia

Sarà a causa del fuso orario sudamericano se Einar ha deciso di tirare fuori un pezzo invernale ma, si sà, la buona musica non tiene conto dell’emisfero boreale e di quello australe. “Salutalo da parte mia” porta la firma di Daniele Magro, autore che già in passato ci aveva regalato altre simili perle, in modo sempre autentico e sincero. Una ballad matura e consapevole per un ragazzo che, musicalmente parlando, non dimostra i suoi venticinque anni, un po’ come accadde agli esordi anche con Tiziano Ferro, un riferimento artistico che in questo pezzo viene fuori in maniera piuttosto prepotente, ai limiti dell’impressionante. In sintesi, diciamo che è apprezzabile l’azzardo, il non voler fare a tutti i costi l’Enrique Iglesias della situazione, ma forse il risultato si avvicina un po’ troppo a suo papà Julio. Ecco, una via di mezzo si potrebbe pure cercare di trovare.

Malika Ayane – Stracciabudella

Una ballatona non di primo impatto, che necessita talmente tanti ascolti che forse verrà capita con l’uscita del suo prossimo singolo. Chi ipotizzava per un’immediatezza sulla falsa riga di “Senza fare sul serio”, è rimasto un po’ spiazzato da questo ritorno di Malika Ayane, raffinato più di quanto ci si potesse aspettare. Un pezzo che ha il sapore retrodatato dei famosi Lati B dei 45 giri anni ’60-’70, quelli che magari erano più belli a livello melodico-musicale, ma meno incisivi delle hit che impazzavano nei juebox. Sarà che anche il titolo “Stracciabudella” non aiuta, un po’ come i genitori che danno ai figli dei nomi brutti che poi si porteranno dietro per tutta la vita. Ecco, bisognerebbe tutelare pure le canzoni, nemmeno loro si meritano una cattiveria del genere.

Noemi – Porcellana

Il paragone con il jingle pubblicitario dello spot degli insaccati sorge spontaneo, anche perché rimane maggiormente impresso rispetto all’inciso di questo brano, che non splende di luce propria e, anche se le stelle sono tante milioni di milioni, non sempre è sinonimo di grande qualità. Noemi è brava, possiede una delle voci più interessanti di sempre, ma non ha ancora trovato la sua giusta dimensione, a differenza di altre colleghe della sua stessa generazione. Cucirsi su misura un repertorio adatto non è una cosa semplice, bisogna ammetterlo, a questo punto allora si potrebbe sperimentare altro, che ne so, proporre un disco di cover, puntare su sonorità diverse, magari in inglese (vedi la splendida “Passenger” contenuta in “Made in London”), ma non si può far uscire il proprio quinto disco di inediti senza lasciare un segno. “Porcellana”, altro titolo brutto brutto brutto, ha l’unico pregio di mettere in risalto la potenza vocale della sua interprete, sempre più brava tecnicamente, ma non aggiunge nulla di nuovo al suo discorso musicale.

Leda Battisti – Il tatuaggio

Sound piacevole e stimolante, tra rock e reggae, con l’ausilio di strumenti veri suonati da musicisti umani  e non dai robot, il tutto condito con un feat molto interessante con Lion D. Questi gli ingredienti che Leda Battisti ha messo insieme ne “Il tatuaggio”, la sua personale ed interessante proposta per l’estate 2018. Voce sporcata nelle strofe, che a tratti ricorda una Loredana Bertè prima maniera, e perfettamente cristallina nell’inciso, un seducente contrasto che si incastra magicamente nel repertorio della passionaria cantautrice reatina. Un brano che racchiude al suo interno verità e veracità, in un fotogramma arricchito dai colori della natura e senza alcun uso dei filtri di Instagram.

Giada Agasucci e G-Max – Autostop

Sperimenta Giada Agasucci, che continua a cambiare pelle più del Kobra della Rettore. “Autostop” ha tutti gli elementi del tormentone 2.0, almeno così come lo intendiamo da qualche anno a questa parte, compreso l’innesto del rapper di turno che, in questo caso, è rappresento da G-Max di Flaminio Maphia, che propone le solite barre sguaiate con un riferimento URL un tantino volgarotto che, sinceramente, poteva pure risparmiarsi (grazie al … punto com). L’interprete romana si mostra in maniera più leggera e scanzonata del solito, apprezzabile la voglia di esplorare nuovi orizzonti ma, finite le vacanze estive, siamo curiosi di rivederla tornare a casuccia sua e riascoltarla in brani che possano mettere in risalto tutte le sue reali potenzialità.

Lollipop – Ritmo tribale

Figli del “Down down down” fatevi sentire e se siete in ascolto battete un colpo: le Lollipop sono tornate, anche se decimate a livello numerico. Se prima erano in cinque a ballare l’hully gully, adesso sono in tre a ballare l’hully gully. Per tutti i millennials che non hanno potuto conoscere l’excursus discografico della girl band tricolore per antonomasia, farò un breve bignami biografico: nate artisticamente nel 2001 nel corso del redivivo talent show “Popstars”, Marta Falcone, Dominique Fidanza, Marcella Ovani, Veronica Rubino e Roberta Ruiu, con la vittoria del programma si aggiudicano la possibilità di pubblicare un disco, che ottiene un buon successo commerciale al punto da catapultarle sul palco del Teatro Ariston di Sanremo nel 2002, con la leggendaria “Batte forte”. Il pubblico, incomprensibilmente, non recepisce il valore di questa svolta in lingua italiana e, pochi mesi più tardi il gruppo si scioglie. Nel 2013 avviene l’attesa reunion senza Dominique (che nel frattempo ha riscosso una buona notorietà in Francia), ma si riscioglie nello stesso anno. Da pochi mesi è arrivata la loro seconda reunion (a ‘stò giro perdono pure Roberta), “Ritmo tribale” è il manifesto di questo ritorno, un bel brano estivo composto da Francesco Guasti, Andrea Maestrelli e Davide Gobello, che ci riconsegna la risposta italiana alle Spice Girl che, a loro volta, potrebbero ritornare con una nuova formazione a tre e rappresentare, dunque, la risposta britannica alle Lollipop. Ragazzi, viviamo in un mondo davvero fantastico!

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.