venerdì 22 Novembre 2024

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Federico Baroni: “Affronto tematiche importanti con un po’ di leggerezza” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane cantautore romagnolo, in uscita con il suo primo album “Non pensarci

E’ disponibile negli store digitali e tradizionali a partire da venerdì 5 aprile il disco d’esordio di Federico Baroni, artista classe ’93 che abbiamo imparato a conoscere nel corso della fase pomeridiana della diciassettesima edizione di “Amici” di Maria De Filippi. “Non pensarci” è il titolo della sua personale opera prima, distribuita dall’etichetta Artist First, un progetto dallo stile interessante e piuttosto originale per il nostro Paese, come già avevamo avuto modo di assaporare nei precedenti singoli Spiegami e Domenica. In occasione di questo importante lancio, abbiamo incontrato il cantautore, con cui abbiamo condiviso piacevolmente quattro chiacchiere.

Ciao Federico, partiamo da “Non pensarci”, che valore ha per te questo album d’esordio?

«Un valore importantissimo, perché riassume cinque-sei anni di viaggi ed esperienze personali, lo considero molto diretto e sincero. Dal punto di vista del sound non mi sono inventato niente (sorride, ndr), ma credo di essere riuscito a tirar fuori qualcosa di distinguibile, che rappresenta chi sono oggi, scrivendo in italiano penso di aver trovato la mia cifra stilistica».

A livello di tematiche, cosa hai voluto portare con te all’interno di questo progetto e, se c’è qualcosa, cosa hai voluto lasciare fuori?

«Secondo me, è un disco vario a livello di tematiche, parlo tanto di me ma affronto argomenti di genere diverso, ad esempio in un pezzo parlo di omosessualità. L’amore è un po’ il tema centrale, sempre presente anche raccontato nelle sue molteplici sfaccettature». 

A parte il sound ben definito e innovativo per il nostro Paese, cosa lega le nove tracce presenti?

«Avevo nel cassetto più di venti pezzi, abbiamo selezionato quelli che stavano meglio insieme, che in qualche modo si collegavano l’uno con l’altro. “Spiegami” è la prima canzone che ho scritto di questo album, rappresenta un po’ la fine del mio precedente percorso cantautorale, acustico, introverso e l’inizio di questa nuova consapevolezza sonora, più suonata e orientata verso il funk e l’R’n’B. Da lì ho cominciato a costruire questo progetto, affrontando di volta in volta tematiche importanti, personali ma anche comuni, cercando di farlo con la maggiore leggerezza possibile».

Facendo riferimento alla vocina nella testa che citi nella title track, quali sono stati i pensieri ricorrenti durante la lavorazione del disco?

«Le canzoni sono tutte arrivate in modo spontaneo, non c’erano delle linee guida iniziali, è stato un processo naturale e abbastanza istintivo, ad esempio “Non pensarci” è nata in treno dopo una delusione amorosa. Ho cercato di ascoltare una serie di input e di vocine che avevo in testa, che mi hanno ispirato questi nove pezzi, inizialmente concepiti chitarra e voce». 

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando hai iniziato a scrivere?

«Relativamente tardi, circa cinque anni fa ho iniziato a suonare la chitarra e contemporaneamente a scrivere, quindi mi sento di poter migliorare dal punto di vista della composizione, di avere ancora margine di crescita».

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il tuo percorso?

«Dal punto di vista sonoro i miei riferimenti sono Bruno Mars, Justin Timberlake e tutto quel mondo lì, mentre per quanto riguarda la scrittura mi hanno ispirato gli artisti italiani, da Jovanotti a Cesare Cremonini, passando per Tiziano Ferro, ma anche alcuni emergenti della nuova scena come Frah Quintale, Willie Peyote, Tedua, Rkomi, Izi, Lazza e altri rapper, perché penso che l’hip hop sia il vero cantautorato moderno. Attraverso tutte queste influenze vorrei cercare di unire uno stile orientato verso il pop con un linguaggio un po più contemporaneo».

Il domandone è: ti senti rappresentato da ciò che si sente oggi in Italia?

«In realtà sì, penso ci siano veramente tantissimi talenti e che la digitalizzazione della musica abbia contribuito alla scoperta di nuovi artisti, a non focalizzarci soltanto su quello che ci viene proposto dalle radio, a conoscere nuove realtà attraverso il web. Oggi come oggi, onestamente, avverto più vantaggi che svantaggi, gli ascolti sono molto più variegati rispetto al passato».

Analizzandola a distanza di tempo, cosa ti ha lasciato l’esperienza di “Amici”?

«Mi ha lasciato tantissimo, sia pro che contro, tante cose belle, un’importante crescita sia artistica che personale, ho imparato a sopportare la pressione e lo stress, un’esperienza che sicuramente mi ha formato parecchio e mi ha regalato diverse belle amicizie, come con Biondo e Mose, ma anche Emma, Grace, The Jab e molti altri». 

Per concludere, quale messaggio ti piacerebbe trasmettere a chi ascolterà il tuo disco?

«Di lasciarsi trasportare, ascoltandolo con la giusta leggerezza, magari anche più volte, perché dietro canzoni apparentemente frivole si nascondono molteplici significati».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.