venerdì 22 Novembre 2024

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Fedez sempre più melodically correct in “Prima di ogni cosa” – RECENSIONE

In radio dal 2 novembre il nuovo singolo che segna il ritorno discografico del rapper milanese

“C’era una volta il rap” avranno pensato i fan della prima ora ascoltando “Prima di ogni cosa”, brano scelto per l’atteso ritorno da solista del rapper milanese, reduce dell’era “Comunisti col Rolex” e dal prolifico biennio in coppia con J-Ax. Giudice di X Factor da ben cinque edizioni, sovraesposto sui social, chiacchierato in ogni dove, Fedez fa ritorno alla musica scegliendo come brano una romantica ballata “melodically correct” dedicata al figlio Leone, a detta degli aficionados una mossa coraggiosa, per i detrattori una scelta abbastanza ruffiana. Non staremo qui a giudicare moralmente ciò che è giusto o sbagliato, ci limiteremo soltanto ad analizzare il testo e la canzone, senza badare troppo al contorno, come è giusto che sia.

“La musica prima di tutto” potrà sembrare uno slogan buonista da pubblicità del Mulino Bianco, soprattutto se parliamo di uno dei trapezisti più discussi del grande circo mediatico… ma, numeri alla mano, il brano sta piacendo proprio per la sua essenzialità, riportando l’artista in cima sia nelle tendenze (YouTube e Spotify) che nelle classifiche (iTunes e Apple Music), nonostante lo scarso potenziale radiofonico tipico di una ballad. In Prima di ogni cosa assistiamo al trionfo della melodia e dei buoni sentimenti, un brano sentito e quantomai ispirato che ricorda il primissimo Jovanotti, rievocando sonorità che lo stesso Fedez aveva già esplorato in “L’hai voluto tu”, pezzo minore del suo repertorio inserito nell’album “Pop-Hoolista” del 2014.

Non è la prima volta che un artista si cimenta in un brano dedicato al proprio figlio, da “Avrai” di Claudio Baglioni alla più recente “Celeste” di Laura Pausini, passando per “Fiore di maggio” di Fabio Concato, “Per te” di Jovavonotti, “A modo tuo” di Elisa/Ligabue, tutte canzoni che esprimono in senso universale la bellezza di un sentimento puro che non conosce confini spazio-temporali. Nel testo Fedez si mette a nudo, raccontando le proprie fragilità e le paure tipiche di un neo-genitore, dalla preoccupazione di non essere abbastanza presente (“in testa c’ho la nausea perché non sono mai a casa”) alla presa di coscienza e all’augurio di una vita migliore della propria (“vorrei insegnarti tutto quello che non ho imparato” o “sono solo un bambino che chiamerai papà”). Cita De Andrè, parla di lividi di cui andare fiero e di inchiostro sulle braccia, raccontando quello che è stato il suo percorso, in una dolce e intensa ninna ninna carica di pathos.

Se per alcuni risulta poco intonato anche con l’ausilio dell’autotune, per altri riesce a toccare le corde sensibili dell’animo umano, dividendo ancora una volta l’opinione pubblica. Eliminate le sovrastrutture, nella poetica di Fedez ricorre da sempre qualcosa di interessante, a tratti inquinata da troppa retorica… ma non in questo caso. Nell’amletico shakespiriano quesito dell”essere o non essere” di moda, l’artista sceglie di mostrarsi nella sua integralità, correndo il rischio di essere frainteso dal pubblico più distratto e accusato di furbate commerciali o strumentalizzazione sdolcinata dei sentimenti, allora la stessa cosa si potrebbe dire di qualsiasi altro suo collega che, in passato, ha attinto dal proprio vissuto per comporre opere musicali. In un momento storico in cui le canzoni sembrano aver perso il proprio istinto autobiografico, in cui si continuano a costruire grattacieli di parole senza scale o ascensori che collegano un piano all’altro, bisognerebbe chiudere gli occhi, ascoltare e poi trarre le proprie lecite conclusioni. “Prima di ogni cosa” è una canzone autentica perché non segue leggi radiofoniche o dettami discografici, correndo il rischio di piacere e, al tempo stesso, di racimolare nuovi haters. Dalla sua penna sarebbe potuta nascere la solita ed ennesima canzone piaciona capace di mettere d’accordo tutti, invece è arrivata una piccola prova di maturità artistica e, siamo certi, anche personale.

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Prima di ogni cosa | Video

Prima di ogni cosa | Testo

Cerca un po’ di te
nei testi di De Andrè
ci saranno lividi
di cui andare fiero
altri meno
ma la verità
uguali a metà
sono solo un bambino
che chiamerai papà

Perché in testa c’ho la nausea
perché non sono mai a casa
il cuore consumato come delle vecchie Vans
e tutti gli schiaffi presi in piazza
e l’inchiostro sulle braccia
tutto ora combacia
tua madre che mi bacia

Il primo bacio
il primo giorno a scuola
il primo giorno in prova
il primo amore, il primo errore
il primo sole che ti scotta
ed è la prima volta
anche per me che vedo te
prima di ogni cosa, prima di ogni cosa
e ho preso appunti per tutte le volte che ho sbagliato
ho un manuale di istruzioni dove distruzioni è scritto attaccato
e tu sei il primo posto in questa vita che mi sembra nuova
prima di ogni cosa, prima di ogni cosa

Un cinico spietato che non si è mai adattato
che non si è mai goduto ciò che la vita gli ha dato
poi sei arrivato tu, tutto si è fermato
vorrei insegnarti tutto quello che non ho imparato

Perché in testa c’ho la nausea
perché non sono mai a casa
il cuore consumato come delle vecchie Vans
e tutti gli schiaffi presi in piazza
e l’inchiostro sulle braccia
tutto ora combacia
tua madre che mi bacia

Il primo bacio
il primo giorno a scuola
il primo giorno in prova
il primo amore, il primo errore
il primo sole che ti scotta
ed è la prima volta
anche per me che vedo te
prima di ogni cosa, prima di ogni cosa
e ho preso appunti per tutte le volte che ho sbagliato
ho un manuale di istruzioni dove di istruzioni è scritto attaccato
e tu sei il primo posto in questa vita che mi sembra nuova
prima di ogni cosa, prima di ogni cosa
prima di ogni cosa, prima di ogni cosa

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.