venerdì 6 Dicembre 2024

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Franco Mussida: “La musica è vitamina per la coscienza” – INTERVISTA

A tu per tu con il Maestro Franco Mussida per parlare del romanzo autobiografico “Il bimbo del carillon”. La nostra intervista al noto musicista

Franco Mussida ha da poco pubblicato il romanzo autobiografico “Il bimbo del carillon”, edito da Salani. L’artista racconta per la prima volta la sua vita attraverso queso volume: la chitarra come strumento che apre mondi, la scrittura, i brani, i cambiamenti generazionali, gli incontri con artisti e musicisti straordinari, l’esperienza umanistica e artistica che ha dato vita ad un gruppo leggendario come la PFM. Franco Mussida intervista

Un vissuto che lo ha portato a scoprire la Musica come un telescopio che illumina l’anima della gente, fino a portarla in luoghi dove lavora per rendere migliori persone in difficoltà. Una vita alla costante ricerca di sé, una vita vissuta in Musica e di Musica. Un omaggio sincero alla Musica come linguaggio universale, specchio dell’anima e strumento di indagine per conoscere se stessi.Franco Mussida intervista

Franco Mussida presenta il romanzo “Il bimbo del carillon”, l’intervista

Questo romanzo sembra essere un viaggio intimo nella tua vita, cosa ti ha spinto e cosa ti ha ispirato a scriverlo?

«La curiosità, la voglia di osservare più da vicino i fili che hanno legato luoghi, conoscenze, incontri relazioni tra persone straordinarie, tra artisti e musicisti. La motivazione è descritta nei primi capitoli, sta nella descrizione di due sogni. Quello del cavallo, simbolo della sincerità del Cuore, che disarciona il suo fantino, simbolo dell’intelletto anaffettivo per poter osservare con gli Occhi del ricordo e gli Occhi del Cuore la strada compiuta, e il sogno del Laboratorio del filo rosso o del Karma, che si pone la domanda “Che differenza c’è tra caso e Destino?”».

Nel titolo del libro c’è un chiaro richiamo alla musica, che è stato il filo conduttore della tua vita. Come descriveresti il ruolo questa nobile arte ha avuto nella tua vita nel corso del tempo?

«La Musica è vita vibrante organizzata. È vitamina per la coscienza. Se si impara a “sentirla consapevolmente”, racconta chi sei davvero. Riverbera in noi stessi perché è fatta della stessa materia prima di cui è fatta la Vita. La Musica siamo noi, è sostanza di fiori, piante, animali. Noi abbiamo la facoltà di organizzarla. L’abbiamo fatto per poter rispecchiare la nostra realtà emotiva invisibile. Il mio lavoro di musicista consiste prima di tutto nel trasferire il mio sentire alla gente. La Musica agisce per “simpatia” come una corda a riposo che se quella accanto vibra, lo fa anche lei. Le mie ricerche sul suono, che porto a conoscenza del pubblico nei miei spettacoli, hanno preso corpo 35 anni fa in carceri e comunità e vanno avanti. Sono tese a dimostrare quanto potente sia il ruolo Musica nel governo del sentire del pubblico e quanto rispetto si debba al pubblico visto che lo compisce al Cuore». 

Nel libro racconti che il tuo amore per la musica è nato quando da bambino ti sei imbattuto in una scatola di legno che suonava una melodia. È stato proprio in quel momento che hai capito che la musica sarebbe diventata la tua compagna di vita?

«Diciamo che mi sono sposato con la Musica dopo un lungo periodo di conoscenza, di fidanzamento. L’incontro con il Carillon nella prima infanzia è stata l’occasione per scoprire con meraviglia la sua esistenza. A quattro anni me ne sono innamorato cercandola invano dentro il buco nero della chitarra di mio padre, scoprendola mettendo l’orecchio a ventosa sulla cassa armonica della chitarra schiaffeggiando le sue corde. L’ho studiata, seguita, ho creato abiti con il suo tessuto invisibile per 30 anni. E a 33 anni, dopo quello che viene definito “successo” e celebrità, proprio un attimo prima di abbandonarla, mi sono sposato con lei, ho deciso lucidamente che sarebbe stata la mia strada».

Tra le pagine parli anche di un “Codice Musicale” che hai sviluppato. Puoi spiegare meglio cos’è e come questa teoria ha influenzato il tuo approccio all’insegnamento?

«Il Codice Musicale lo rappresento anche visivamente in due libri: “La Musica Ignorata” (Skira 2013), che tratta degli effetti degli intervalli, il loro potere di farci cambiare lo stato emotivo, e nella versione completa, ovvero la mia definizione di “Codice Musicale”, che comprende cinque elementi oggettivi, più uno soggettivo, ovvero uno studio sui caratteri ed i temperamenti individuali che generano il filtro musicale individuale unico e irripetibile. Uno studio di quarant’anni sulla Musica prima delle sue forme, sui principi che governano la comunicazione affettiva. Nel libro ne parlo spesso. Sono principi che si trovano in ogni genere musicale, nessuno escluso, che spiegano con chiarezza come mai la Musica viene definita linguaggio universale non verbale che ci fa provare tutto senza dover spiegare nulla».  

Vengono fuori anche dei lati inediti, tra qui il tuo approccio spirituale. Come descriveresti il tuo rapporto con la spiritualità?

«Nel libro in un capitolo, sei personaggi in cerca di un gruppo, che indica le propensioni caratteriali dei miei ex compagni di viaggio, mi definisco “Il Monaco”, proprio per la mia indole a ricercare le ragioni del visibile nell’invisibile. Come è accaduto a Franco Battiato, che aveva propensioni più platoniche rispetto alle mie più aristoteliche, il territorio musicale è un’area ampia di ricerca umanistica di implicita esplorazione della natura spirituale del mondo. La via di non appartenenza Buddista, l’Induismo a lui caro, come il Cristianesimo con cui mi sento in profonda vibrazione, si fondono a mezzo esplorativo che conduce oltre ciò che raccontano gli occhi, ad una ulteriore via di conoscenza che si mette in mezzo tra Scienza e Religione ed è l’Arte. A mio avviso la vera religione di tutti i laici. È con questo approccio che vivo la mia dimensione spirituale provando ad andare oltre la dimensione dell’affettività della sfera passionale e del suo contrario anaffettivo, che è l’elemento intellettuale». 

Cosa pensi vada a sottolineare questo libro? Quali aspetti vengono approfonditi ne “Il Bimbo del Carillo” della tua persona e del tuo ruolo di professionista?

«Penso sottolinei come senza il mondo del suono, senza la sorgente prima della Musica, non potremmo godere dell’esperienza consapevole della vita, soprattutto della vita emotiva. Viviamo con le orecchie, non solo con gli occhi, e da questo dipende tutta la nostra dimensione affettiva. Nel viaggio che compio nel libro, un viaggio nelle diverse epoche storiche in un luogo pieno di Bellezza, sottolineo gli aspetti emotivi dei miei incontri con grandi personaggi italiani ed internazionali del mondo della Musica, da De Andrè a Gaber, ai miei colleghi PFM, le persone che ho incontrato nelle galere e nelle comunità, la nascita del CPM music Insitute. In questo la persona e il professionista sono la stessa cosa». 

Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che pensi di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

«Che la Musica è Amore vibrante organizzato e che tutti noi, soprattutto oggi, ne abbiamo un disperato bisogno!». Franco Mussida intervista

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.