martedì 3 Dicembre 2024

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Giovani contro vecchi a Sanremo: una storia infinita

L’ultimo Festival ha visto trionfare la sinergia di novità e tradizione, ma in passato Sanremo è stato teatro di feroci scontri generazionali

Seconda parte (dagli anni ’70 ad oggi)

Come abbiamo visto nella prima parte della nostra analisi, negli anni ’70 la musica che appassiona la maggior parte dei giovani non passa attraverso la “celebrazione sanremese” preferendo altri lidi. Durante i complessi anni di piombo, inoltre, lo stesso interesse degli spettatori per le gare canore si ridimensiona notevolmente, e per sopravvivere la manifestazione prova a cambiare pelle. Viene messa da parte la doppia interpretazione dei brani e gli artisti stranieri scompaiono dalla gara, lasciando il posto alla valorizzazione dei repertori di artisti italiani. E’ questa un’operazione che il Festival paga sul fronte della notorietà internazionale e che conferisce un’aria di ridimensionamento che spaventa gli artisti nostrani più importanti. Artisti che in gara non vogliono tornare.

Sanremo si avvia così a diventare un calderone di sconosciuti in cerca di gloria e grandi nomi in attesa di rilancio. La kermesse diventa un’arca della fortuna che accoglie tutti ma che concede i riflettori solo ad alcuni artisti come Nicola Di Bari, i Ricchi e Poveri e Peppino Di Capri, mentre Domenico Modugno spara gli ultimi colpi in canna prima di allontanarsi dalle scene.

Esclusi e declino |

Nel 1973 il Festival perde l’occasione di tornare prepotentemente al centro dell’interesse dei più giovani. Il crescente fenomeno del cantautorato viene bloccato alle porte d’ingresso del paradiso della canzone, con l’esclusione dalla gara di un intraprendente Lucio Dalla. Il cantautore bolognese era reduce dai successi nelle edizioni precedenti di ‘4 marzo ’43’ e ‘Piazza grande’. Con lui vengono esclusi altri cantautori in rampa di lancio come Antonello Venditti e Ivano Fossati. Questi, una volta raggiunta la ribalta autonomamente, non si presenteranno più alle selezioni sanremesi. Protesta, ma per tutt’altro motivo, l’ex “urlatore” Adriano Celentano, che decide di ritirarsi a causa dell’alto numero di esordienti con i quali avrebbe dovuto competere, e in sostanza di un cast non giudicato all’altezza della sua presenza. Inequivocabili segni di declino verso il punto più basso della storia di Sanremo.

Nel 1975 il comune della cittadina ligure prende direttamente la gestione del Festival. La Rai si disimpegna dall’organizzazione mandando in onda solo la serata finale. Le case discografiche dopo ritardi e bisticci tra assessori rifiutano di aderire all’evento. In gara, più o meno come nel 1956 (ma peggio), ci vanno cantanti ed autori non professionisti, molti dei quali ottengono l’ammissione con brani rimasti inediti per diversi anni, inevitabilmente destinati a non superare la prova del tempo, come ‘Ragazza del sud’, la canzone vincitrice interpretata dalla biellese Gilda.

Ad un passo dalla fine |

Sanremo perde in questa fase non solo l’occasione del rilancio ma anche il ruolo di traino fondamentale del mercato discografico italiano. Pur sfiorando la cancellazione, triste sorte toccata ad altre popolarissime manifestazioni degli anni ’50 e ’60 come Canzonissima e Un disco per l’estate, Sanremo riesce a superare la crisi riscoprendosi trampolino di lancio per volti nuovi della canzone. Il tutto in attesa di incontrare nuovamente l’interesse dei più celebri artisti della penisola. La seconda metà degli anni ’70 regala la ribalta a Toto Cutugno, i Matia Bazar, Anna Oxa e Rino Gaetano, che vivrà una crisi d’ispirazione proprio in seguito all’enorme successo ricevuto dalla sua ‘Gianna’, preferita dalla commissione selezionatrice alla più tagliente ‘Nuntereggaepiù’.

Una nuova alba |

Significativamente, il declino di Sanremo sembra coincidere con la fase della “strategia della tensione”, dalla strage di Piazza Fontana a Milano del 12 dicembre ’69 a quella della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980. La reazione degli italiani al trauma di questi anni violenti e caotici porta ad un ritrovato desiderio di leggerezza e di canzoni. Così, quasi all’improvviso, negli anni ottanta il Festival della canzone italiana torna ad avere una centralità che mancava dai fasti degli anni ’60.

Se da un lato assistiamo al lancio di giovani alle prime armi, per tutelare i quali si deciderà di costituire una categoria a sé, quella delle Nuove Proposte, non è un fenomeno secondario il ritorno in gara degli artisti esplosi proprio negli anni ’60 come Gianni Morandi, Bobby Solo, Orietta Berti, Jimmy Fontana, Iva Zanicchi, Patty Pravo e Al Bano, che in coppia con la moglie Romina dominerà le classifiche del decennio. Si tratta, però, di una restaurazione parziale, perché per riconquistare la nuovamente ambita platea festivaliera la vecchia guardia è disposta ad abbandonare melodie di respiro sinfonico o sonorità beat, aderendo ai nuovi canoni di un evento ormai privo di orchestra dal vivo e prevalentemente in playback.

Il caso Claudio Villa |

Chi non si arrende all’esplosione degli anni ottanta in tutta la loro frivola, sgargiante, elettronica essenza è Claudio Villa. Il “reuccio”, ugola d’oro del Festival quasi dalla sua creazione, è pronto a tutto pur di tornare in gara. E lo vuole fare senza la minima idea di snaturarsi. Le sue insistenze pagano a dodici anni dalla sua ultima partecipazione a Sanremo, nel 1982.

Quando Villa propone la sua ‘Facciamo la pace’ il cast degli artisti è, però, già concluso. Incredibilmente l’artista viene inserito nel girone dedicato appositamente alle Nuove Proposte. La beffa esplode in dramma quando la voce di ‘Granada’ subisce l’onta di non superare il girone di qualificazione, battuto dai sottovalutati artisti esordienti. Ne nasce un acceso scontro col direttore artistico del Festival, Gianni Ravera, da lui accusato di pilotare giurie inesistenti. Villa, forse come parziale risarcimento, tornerà negli anni seguenti a Sanremo in veste di ospite d’onore. A Sanremo presenterà tra l’altro la sua celebre versione di ‘Un amore così grande‘.

L’ennesimo colpo di scena avviene con la morte del celebre artista romano, annunciata durante la serata finale di Sanremo 1987. Villa riuscì per l’ennesima volta a far sentire la sua presenza, strappando l’ennesima ovazione ad un palcoscenico decisamente orientato verso nuove sonorità.

La restaurazione degli anni ’90 |

Anche gli apparentemente interminabili anni ottanta però finirono. Con l’eclatante decisione di ristabilire orchestra e interpretazione dal vivo, Sanremo tornò a proporre forme più classiche di canzone. Negli anni novanta sul palco dell’Ariston nascono nuovi classici. Si ascoltano ‘Gli uomini non cambiano’, ‘È la mia vita’, ‘Come saprei’, ‘Con te partirò’, ‘Uomini soli’, ‘Vattene amore’ e ‘La solitudine’. Tutti brani che avvicinano i generi di artisti veterani e debuttanti come non accadeva dagli anni ’50. Se lo scontro generazionale sembra in larga misura sopito, tocca alle rare apparizioni di novità dal mondo underground smuovere le acque. Accade con gli ‘alieni’ Elio e le storie tese e Pitura Freska.

Il presente ed il raggiunto equilibrio |

In buona sostanza la situazione è rimasta invariata invariata fino a qualche tempo fa. Ovvero finché Baglioni prima e Amadeus poi, hanno deciso di far diventare l’eccezione regola, e di portare sul palco dell’Ariston tutte le realtà musicali della contemporaneità, affiancando ad artisti dalla carriera consolidata, se non divi e dive che hanno fatto la storia della canzone italiana, artisti provenienti dalla discografia indipendente e giovanissimi esplosi precocemente grazie alle nuove forme di distribuzione musicale. Ancora una volta, giovani ed esperti messi insieme (e contro) nel nome di Sanremo.

Se nelle precedenti edizioni della gestione Amadeus la presenza di artisti in rampa di lancio sovrastava numericamente i nomi chiaramente affermati, con la conseguente operazione attuata dalla direzione artistica di caricare l’aspetto dello spettacolo fuori gara, Sanremo 2022 sembra aver trovato quell’equilibrio che mancava da decenni, con la centralità assoluta della gara musicale rispetto allo show televisivo e l’abolizione delle Nuove Proposte in funzione di un unico girone di artisti noti – e finalmente, alcuni notissimi – come accadeva con successo negli anni di massimo splendore del Festival.

Nell’edizione appena conclusa la coabitazione di vecchie glorie della canzone nuovamente competitive sul fronte musicale e mediatico (non più rare e talvolta dimenticabili presenze in odor di tributo alla carriera) e giovani artisti che rispecchiano le vette delle classifiche di gradimento musicale, dall’airplay radiofonico fino alla vendita di dischi e biglietti e agli ascolti in streaming, sembra aver raggiunto un apice mai trovato prima nella lunghissima e complessa storia di Sanremo.