Il peso da portare per il successo a volte può diventare una prigione
Se ci fosse una voce sul dizionario dedicata a Giusy Ferreri l’apertura direbbe più o meno “nome d’arte della cantante Giuseppa Gaetana Ferreri, nata a Palermo il 18 aprile 1979 e nota per per essere la donna dei tormentoni italiani degli anni 2000/2010“.
Da qualche giorno, infatti, la Ferreri si è definitivamente laureata come la donna con maggior numero di settimane ai vertici della classifica di vendita FIMI superando il primato di Madonna. La cantante, nata in Sicilia ma cresciuta alle porte di Milano, vanta, infatti, ben 40 settimane alla numero #1 della chart dei brani più venduti nel nostro Paese.
È poi Roma-Bangkok, firmata da Federica Abbate, Takagi & Ketra Rocco Hunt, a riscoprirla nel 2015 facendole guadagnare, insieme a Baby K, 9 dischi di platino con oltre 450.000 copie vendute, 11 settimane alla numero 1 della FIMI ed il primato come brano più acquistato in Italia dal 2009 ad oggi. La ricetta del tormentone estivo sembra, poi, portarle fortuna anche in questo 2018 dove con Amore e capoeira, insieme a Takagi & Ketra e Sean Kingston (che cofirmano con Federica Abbate il brano), ha già collezionato 100.000 copie e 5 settimane al numero 1 della classifica di vendita dei singoli. In mezzo, ovviamente, da citare sono i successi di Partiti adesso, tormentone del 2017 a firma di Tommaso Paradiso con oltre 50.000 copie vendute, e Volevo te, altro episodio autunnale da 100.000 copie con la firma di Fortunato Zampaglione.
Ben vengano i tormentoni, le migliaia di copie vendute grazie alla leggerezza che l’estate inevitabilmente chiama a sè ma, forse, il pubblico dovrebbe capire che l’animo di un artista non sempre può sposare le esigenze del mercato più sempliciotto e mainstream. L’artista, in quanto tale, ha bisogno di esprimersi nella sua totalità e nella sua libertà espressiva si essa direzionata all’universo pop che a qualsiasi altro. E la voce di Giusy, negli ultimi anni, sempre più pare incarnare la vittima sacrificale di un sistema discografico poco avvezzo alla libertà o alla meritocrazia. Colpa della discografia, certo, ma anche del pubblico stesso che con difficoltà ha apprezzato i suoi tentativi “fuori dalla confort zone”. E’ proprio il caso di dire che, a volte, la cachaça da alla testa facendo perdere il lume della ragione…
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Ilario Luisetto
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