Siamo arrivati al domani atteso ma siamo davvero nuovi?
In queste ultime settimane di quarantena, ormai lo sapete, mi sono spesso lasciato andare al flusso di coscienza, a quel flusso che parla per noi e ci rigetta, senza possibilità alcuna d’appello, tra i nostri pensieri più veri e profondi da cui non possiamo fuggire se non volendo cambiarci nel profondo per cambiare ciò che ci circonda. Quel rimanere in silenzio contornato dal silenzio mi ha portato a generare parole che poi ho provato qui a trascrivere per dare corpo a quell’idea di cambiamento e rivoluzione che sempre più si è fatta forte in me a tal punto da arrivare a convincermi di quanto l’evoluzione interiore e personale sia necessaria nel nostro presente molto più di quella sociale e comunitaria.
Queste forme di pensiero hanno trovato posto in questi spazi, con buona pace del lettore che ha scelto di farle proprie o meno seguendo le mie parole, in una serie di pensieri confusi sul futuro. Così li ho chiamati. E l’ho fatto perchè in dei giorni in cui ho sentito tante voci parlare e discutere vendendo verità pronte, poi, ad essere smentite nel giro di poco tempo, ho preferito, personalmente, stare in silenzio e pensare da solo. Pensieri personali che non hanno la pretesa di convincere nessuno, nemmeno me stesso, ma che vivono nella loro dimensione e che nemmeno una trascrizione fedele, come prova ad essere questa, riuscirà mai a rendere appieno nella loro profondità. Pensieri confusi, per l’appunto. Il motivo per il quale si concentrassero attorno alla sfera del futuro mi sembra chiaro: siamo pur sempre umani e come tali dovremmo sempre prestare attenzione a ciò che sarà piuttosto che a ciò che è o è stato anche se da storico (ebbene si, i miei studi riguardano la dimensione del tempo) sono portato a riconoscere un valore al passato molto più alto di quanto comunemente si faccia.
Con me, in questo viaggio sui pensieri, ho scelto di portare soltanto una compagna: la musica. Ed in particolare ho scelto quella di Anna Oxa chiedendo in prestito a questa immensa voce due capolavori della sua ultima produzione per costruirci attorno la mia rete di pensieri. ‘L’America non c’è’ mi ha insegnato che quel domani migliore, quell’America per l’appunto, non pare esistere ma che, solo a ben guardare, risulta ancora possibile costruire al di là di quell’orizzonte che è il nostro domani rinunciando a schemi prestabiliti, a pensieri imposti, a regole che non fanno che annebbiare la vista (qui per rileggere queste riflessioni). ‘La mia anima d’uomo’, invece, è stata la chiave per aprire ancora di più la serratura di questo domani che rimane lì ad aspettarci ma che ancora non sa quando noi sapremo davvero essere in grado di coglierlo apprezzando quel senso magnifico che ha in sè l’esistenza, la vita. L’invito, però, ora è aperto: sta a noi dire quel si alla vita che anche Nietzsche nella sua produzione filosofica individuava alla base del vero esistere (qui per rileggere il secondo appuntamento).
Oggi, mentre scrivo, è il 4 maggio. Una data che in tanti attendevano da settimane e che ha assunto, in questi giorni di avvicinamento, un significato di ripartenza e di nuova vita per quanti lo aspettavano con ansia. E allora mi trovo a pensare se davvero questo oggi sia quel domani che ci aspettavamo, quel domani nuovo e coraggioso verso cui ci siamo spinti alla ricerca e di cui ho scritto, dando sfogo ai miei pensieri, fin dal primo appuntamento di questa mia serie di pensieri confusi.
Ci rifletto e ricerco in me una risposta perchè affidarmi a quelle degli altri, come ho già detto, non fa parte del mio istinto, non è quello che credo possa condurmi davvero a quel domani. Lo faccio, come ho fatto nei due appuntamenti precedenti, partendo da una canzone e in particolare da quelle Scarpe con suole di vento che la Oxa cantò in ‘Proxima’ nel 2011 grazie alle firme folgoranti di Paolo Enrico Archetti Maestri, Loris Ceroni e Mario Neri.
“Siamo schiavi, vuoto che vieta libertà di pensiero”. Parte così il dipinto disegnato dai versi di questo brano intenso ed interamente basato su quel suono originario e puro che sfrutta la voce come strumento di liberazione dell’anima, di ricerca interiore e di comunicazione del risultato maturato e raggiunto ma mai definitivo perchè l’evoluzione non ha freni, non ha confini, non ha tempi. Siamo schiavi. Lo siamo stati nel nostro ieri perchè tutti oramai abbiamo riconosciuto di aver vissuto una vita incasellata e addomesticata dai dogmi inspiegati ed inspiegabili di una società-ombra pronta a manipolarci e a guidarci. Lo siamo ancor oggi che ci crediamo sul precipizio di un mondo completamente nuovo pur sapendo che, in realtà, non abbiamo ancora maturato nè la forza nè il coraggio di fare quel respiro profondo e buttarci con degna soddisfazione verso quel domani che avremmo voluto vivere ma che non abbiamo ancora saputo davvero costruire rinunciando appieno a quegli schemi antichi. “Tra peccato e perdono è facile scegliere” dice la Oxa senza poi, però, dare la vera soluzione all’enigma. Da che parte si dirigerà questa scelta scontata? La morale ci suggerisce una via ma siamo certi che, nella pratica, sia quella che sempre riusciamo ad applicare con libertà?
Ma oggi è il giorno del domani, dicevamo. E’ il giorno della ripartenza eppure, vedete, il problema è proprio qui: tutti parliamo di ripartenza ma nessuno ci ricorda o ci impone di parlare di partenza. Perchè ripartire significa tornare a percorre un sentiero già tracciato e solo momentaneamente interrotto. Partire, invece, vuol dire esplorare, guardarsi dentro e poi intorno per individuare nuove vie e soluzioni capaci di renderci liberi di vivere la vita al pieno delle sue possibilità. E, dunque, anche oggi “siamo schiavi, da ciò che è sacro sempre più lontani” perchè, in realtà, abbiamo ancora “le ragnatele sulle nostre ali” ed occorre che ci scuotiamo ancora parecchio per puntare a librarci davvero in cielo, a gettarci con coraggio nel precipizio del domani nuovo, dell’uomo nuovo.
Il domani è arrivato ma l’impressione è quello che si tratti ancora una volta soltanto di quello del calendario. Per quello dell’anima i giochi dipendono ancora tutti da noi. La nostra libertà, individuale ancor prima che comunitaria, è un destino che solo noi potremmo davvero costruirci e riservarci affidandoci a noi stessi, a quella voglia di andare verso la vita, di riservarle il nostro più grande e fiducioso ‘si!’ da esclamare con coraggio per giungere, attraverso il percorso della conoscenza profonda segnato da quell’“acqua che frontiere non ha”, a quell’America che rimane lì ad aspettarci. Coraggio, andiamo! Coraggio, vai!
Ilario Luisetto
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