venerdì 4 Ottobre 2024

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“Il foglietto col tuo nome” dei Modà e un guerriero che non è più silente – RECENSIONE

Recensione del nuovo singolo dei Modà, pubblicato lo scorso venerdì 29 settembre

Ce lo aspettavamo. Non poteva che essere un brano come “Il foglietto col tuo nome” l’ideale successore di “Lasciami” (di cui qui la nostra recensione): prima il grido di aiuto di un uomo colpito dalla depressione che chiede una tregua alla malattia, ora la convivenza col dolore ma, soprattutto, la voglia, e la forza, di ricominciare. I Modà si riaffacciano così sul mercato musicale a qualche mese dalla partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo e lo fanno dandoci il secondo antipasto di quello che sarà il loro nuovo album in uscita il prossimo anno. Due canzoni strettamente collegate tra loro, a dirci di un progetto che sarà inevitabilmente condizionato da ciò che ha vissuto il frontman Francesco ‘Kekko’ Silvestre negli ultimi anni, perché la malattia non finisce quando finisce, resta dentro, lascia strascichi, si può provare a voltare pagina ma è impossibile tornare completamente indietro.

Brano che fotografa il malessere provato all’inizio della depressione |

Non volevo più tornare sul palco, per un periodo davo la colpa proprio alla musica per essere stato male“, ci raccontava lui stesso in questa nostra intervista. Eppure, anche nel periodo più difficile, non ha mai smesso di scrivere perché Kekko scrive quello che vive e vive quello che scrive: ce lo raccontano i suoi testi costantemente pregni di verità e onestà, e le sue interpretazioni ogni volta intense e particolarmente sentite. Uno dei motivi del suo successo risiede proprio nel fatto di essere sempre riuscito a mantenere una connessione perfetta tra l’artista e l’uomo. Non potrebbe esserci Kekko senza la sua musica, e quindi questo brano ispiratissimo, commovente, straziante, da cantautorato d’altri tempi, nasce proprio agli inizi della depressione con un ritornello lì a fotografare un profondo malessere.

L’inizio con quel “vorrei soffiare forte ad occhi chiusi, e aver la forza di un rinoceronte” parla di una forza di volontà che rimane però sopita. La dimostrazione è nel finale con l’amaro “spengo la luce e torno ancora a letto“. Una luce appannata, la sua, un coraggio spento, un’apatia che l’ha trasformato in un “guerriero silente“, come si è descritto lui stesso in una delle canzoni contenute nel progetto “Buona fortuna“, “In tutto l’universo“. Subentrano così le paure che rendono difficile anche una semplice uscita con gli amici o una vacanza, si diradano gli impegni perché si sta bene solo nella propria casa, avvolti dall’amore della famiglia e dalla sicurezza dei ricordi. Arrivano poi le scuse per evitare di mettere a rischio quella comfort-zone che ci si è costruiti con fatica: “E non è vero che son sempre stanco, e non è vero che non ho mai tempo“.

Al cantautore milanese la depressione ha poi causato un blocco fisico che l’ha costretto a letto per diversi giorni, e questo gli ha impedito di essere presente, ad esempio, alla comunione della figlia. Facile immaginare che sia il rimpianto più grande tra tutti quelli contenuti nella “soffitta” di cui si parla nel testo, che si è sempre più riempita col passare del tempo ma che rappresenta anche il motore della rinascita.

Cantautore che non vuole scappare dalla fragilità ma la affronta |

C’è una frase detta da Ambra Angiolini in una delle ultime puntate di X-Factor e diventata recentemente virale sui social: “Tutti si identificano in un dolore perché è il posto più comodo dove stare certe volte“. Ecco, in questa canzone dei Modà si sta bene perché dà forma al dolore e dare forma al dolore significa esorcizzarlo, permette di fare i conti con la sofferenza più intima di un uomo in una società che invece la vuole fuggire a tutti i costi e preferisce nasconderla anziché affrontarla, con apparenze e finzioni che sembra abbiano l’obbligo di oscurare la dura e cruda realtà.

Qui invece ci troviamo di fronte a un uomo che sa di viaggiare all’opposto, lo riconosce, ne va orgoglioso, non ha paura di farsi vedere fragile perchè altrimenti tradirebbe sè stesso e la sua anima da cantautore. Non lo spaventa piangere e, soprattutto, non lo spaventa raccontarlo nelle canzoni perché la sua poetica è fondata più sul calore e sull’istinto del cuore che sulla freddezza della ragione. Riesce a indagare le inquietudini umane trovando sollievo dalla malinconia e questa sua capacità risulta spiccatamente chiara in questo brano.

Non è un caso la scelta di giocare di sottrazione sia a livello vocale, rinunciando alla consueta potenza vocale e ai tipici vocalizzi, sia a livello di sonorità, proponendo una sorta di ninna-nanna lontana dal pop-rock abituale. Perché l’idea di Kekko è accompagnare l’ascoltatore nel suo abisso però cullandolo, abbracciandolo, donandogli un’atmosfera magica che serve proprio ad anticiparne la risalita, metaforizzata in quei foglietti in cui ci sono scritti tutti i rimpianti da recuperare per ricominciare a vivere.

Dolore che diventa speranza |

Il libro della vita di Silvestre è il “Manuale del guerriero della luce” di Paulo Coelho, che in uno dei suoi passi fondamentali recita: “Il dolore di ieri è la forza del guerriero della luce“. E la sua storia oggi riprende con precisione questo concetto: dolore che diventa speranza e spinta propulsiva per nuove sfide.

Ecco così arrivare Sanremo a dieci anni dall’ultima volta, un palco qualche anno prima rifiutato persino da superospite, a cui segue il tour con l’orchestra, inedito per il pubblico dei Modà abituato da vent’anni a concerti pop-rock tiratissimi, e che si fa quindi emblema della ricerca di ulteriori stimoli. Ecco anche il sì alla proposta di fare proprio in questo periodo la tournèe più lunga della propria carriera, con 41 date in tutta Italia, quasi 30 sold-out e oltre 95.000 spettatori raccolti. Perché il “guerriero” oggi non è più “silente”, e ci tiene più che mai a dircelo.

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Nick Tara

Classe '92, ascoltatore atipico nel 2022 e boomer precoce per scelta: mi nutro di tradizione e non digerisco molte nuove tendenze, compro ancora i cd e non ho Spotify. Definito da Elettra Lamborghini "critico della sagra della salsiccia", il sogno della scrittura l'ho abbandonato per anni in un cassetto riaperto grazie a Kekko dei Modà, prima ascoltando un suo discorso, poi con la sincera stima che mi ha dimostrato.