mercoledì 6 Novembre 2024

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Jose Nunes: “Ho trovato la mia vera casa nella musica” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane artista dalle profonde origini multietniche, a metà tra Occidente e Oriente

Si intitola “Te lo digo bailando” il nuovo singolo di Jose Nunes, disponibile in rotazione radiofonica a partire dallo scorso 28 giugno. Un mix di contaminazioni multietniche che prendono spunto dalle origini africane della madre, arabe dei nonni e portoghesi del padre. A un anno e mezzo di distanza dalla sua partecipazione come finalista di Sarà Sanremo, in gara con il brano “Parlami ancora”, l’artista torna con un pezzo estivo e altamente rappresentativo, il primo tassello di un nuovo progetto discografico che vedrà la luce nei prossimi mesi e che metterà in risalto tutte le sue sfumature vocali e caratteriali.

Ciao Jose, partiamo dal tuo nuovo singolo “Te lo digo bailando”, che sapore ha per te?

«E’ un pezzo molto importante, che annuncia un percorso nuovo e che aspettavo da tanto tempo. “Te lo digo bailando” è il mio modo di esprimere tutto quello che non riuscirei a dire in nessun altro modo, se non danzando. Ho avuto questa illuminazione a teatro insegnando recitazione ai bambini, mi sono capitate delle classi composte solo da stranieri, così ho ripensato a quando ero piccolo io, solo che ero l’unico straniero della scuola, quindi mi sono reso conto di quanto sia cambiato tutto in pochi anni. Vedere tutte queste etnie esercitarsi e trasformarsi attraverso la musica, per me è stato illuminante».

Musicalmente parlando lo possiamo considerare un bel cocktail multietnico, tra Oriente e Occidente. Come influiscono e confluiscono nella tua musica le tue origini?

«Questa è una cosa che mi hanno detto spesso, di cui non ero probabilmente cosciente, me ne sono reso conto col tempo. Nel mio modo di cantare c’è qualche richiamo all’oriente, qualcosa che ricorda i canti arabi, mentre l’impronta occidentale deriva un po’ dai miei gusti musicali, sono cresciuto ascoltando musica black, soul, rytme and blues, pop e cantautori francesi com Aznavour. Quindi, tutto mi viene piuttosto naturale, seguo l’istinto e quello che c’è dentro di me».

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip diretto da Luca Scalia?

«Attraverso le immagini del videoclip ho voluto impersonificare dei personaggi che, in qualche modo, rappresentassero le mie origini. C’è una parte dedicata al flamenco, che richiama la penisola iberica, in particolare il Portogallo dove sono nato. Nella scena del locale indosso una maschera beduina, un chiaro riferimento al Medio Oriente. Tutte le persone che hanno collaborato a questo video provengono da nazionalità diverse, questo è un aspetto che mi piace sottolineare e che trovo davvero interessante».

Che ruolo ha la musica nella tua vita?

«Ha un ruolo molto importante, al di là del mio percorso, per me la musica è pura magia, la considero una delle pochissime forme di espressione che hanno il potere di curare, si percepisce nell’aria qualcosa. La musica ci aiuta a comprendere la parte sconosciuta del nostro universo, secondo me è il canale che più ci avvicina a scoprire l’ignoto, un’energia assestante di vitale importanza».

A dicembre 2017 figuri tra i finalisti di Sarà Sanremo con il brano “Parlami ancora”. Quanto senti di esserti evoluto in questo anno e mezzo?

«Di quell’esperienza mi porto dietro il fatto di essere salito su un palco davvero importante e l’aver cantato difronte a milioni di persone, anche se sono subentrate una serie di situazioni che non mi hanno permesso di presentarmi al pubblico come avrei voluto. Questo mi è servito per riflettere, ragionare molto sulla strada da prendere per arrivare a lasciare un’impronta nelle persone, far capire chi sono veramente».

Come sei arrivato a questa nuova consapevolezza?

«Guarda, penso di essere arrivato ad una certa maturità, sicuramente gli errori ti aiutano a crescere, a capire tante cose. Sanremo è stata un’esperienza bellissima, ho fatto probabilmente qualche scelta sbagliata, ma ne sono uscito fuori più forte di quanto credessi».

Cosa pensi dell’attuale settore discografico e della musica che si ascolta oggi?

«Penso che la musica, ma un po’ tutto il mondo dell’intrattenimento, stia diventando sempre più usa e getta. Da un lato mi spaventa molto, dall’altro credo che possa essere una possibilità in più per noi emergenti, rispetto a quanto si potesse fare prima, oggi è più rischioso, è difficile inserirsi, ma effettivamente tutti hanno una possibilità da giocarsi, dipende da come la vuoi vedere».

Quale significato attribuisci oggi alla parola “artista”?

«Per me gli artisti sono pochissimi al mondo, coloro i quali hanno il potere di creare e far connettere tra di loro milioni di persone. Arrivare alla gente non è facile, è un dono. Di cantanti bravissimi ce ne sono un‘infinità, ma l’artisticità è altro, è magia. Preferisco di gran lunga un’esecuzione imprecisa, che però riesca a portarmi in quel mondo di cui parlavo prima».

Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo futuro?

«Questo singolo anticipa un progetto che desideravo realizzare da tempo, perché mi darà la possibilità di farmi conoscere al 100%. Sarà incentrato sui contrasti, come quello tra occidente e oriente, ma anche dal punto di vista degli stati d’animo, ci sarà una parte più malinconica e una più sbarazzina. Il cuore del progetto girerà su sonorità molto intimiste, tra cui cito un pezzo che si intitola “Persefone” al quale sono molto legato perché rappresenta la mia dedica alle donne. E’ un progetto in evoluzione, non abbiamo ancora una data di uscita, stiamo ragionando se presentare o meno un brano per Sanremo, a seconda di come andrà e di quello che succederà ci muoveremo di conseguenza».

Per concludere, dove e a chi desideri arrivare con la tua musica?

«Mi sono sempre preposto come obiettivo il risultato del lavoro, non sono mai andato oltre, tutto il mio focus è sull’opera, non mi sono mai soffermato sul numero o sull’identità delle persone a cui voglio arrivare, perché penso che sia la musica a fare in maniera naturale tutto il resto. Una cosa su cui non avevo mai riflettuto e che mi piacerebbe arrivare a persone che vengono da una situazione simile alla mia, creare un legame con loro e fargli capire che non sono sole. Avendo origini multietniche ho trovato la mia vera casa nella musica, spero di poter fare altrettanto con chi mi ascolta».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.