A tu per tu con con il rapper classe ’91, disponibile in tutti gli store con il suo secondo album “Ricercato“
Appare sereno Junior Cally, finalmente a suo agio nell’essersi levato la maschera, libero di poter mostrare il suo volto. Dopo aver esordito discograficamente con l’album “Ci entro dentro”, il giovane rapper romano lancia il suo secondo album “Ricercato”, un progetto realizzato per Epic / Sony Music Italy che nasce dalla voglia di ritrovare se stesso, per poi maturare la consapevolezza di esserlo sempre stato, con o senza maschera. Dodici tracce in scaletta che raccontano tutto il percorso interiore dell’artista che, grazie alla musica, è riuscito a prendere in mano le redini della sua vita. Tante le collaborazioni, a partire da Highsnob, passando per Livio Cori, Samurai Jay, Jake La Furia, Gaime, Clementino, Federica Napoli ed Eddy Veerus, oltre alla presenza di alcuni dei più influenti producer della scena urban-hip hop, tra cui Jeremy Buxton, 2nd Roof, Bosca e Andry The Hitmaker. In occasione del lancio di questo nuovo lavoro, abbiamo incontrato Junior Cally per approfondire la sua conoscenza.
Come hai maturato la decisione di toglierti la maschera e di mostrare il tuo volto?
«Non è stata una scelta presa di punto in bianco, la voglia di uscire allo scoperto c’era già da tempo, sono mesi che mi preparo a tutto questo. Un bisogno che nasce da un’esigenza di vita, una scelta che ho preso senza pensare al marketing, perché la maschera mi ha dato tanto ma, a tratti, mi ha tolto molto, semplicemente poter andare a cena con gli amici, piuttosto che stare attento alle stories e ad ogni azione sia reale che virtuale. Era diventata una situazione piuttosto ingestibile, fondamentalmente e fortunatamente perché stavano andando bene le cose».
Quali sono, secondo te, i requisiti fondamentali per emergere?
«Per emergere c’è bisogno di un’idea chiara, non basta di certo una maschera. Di sicuro non c’è una regola precisa, devi sapere dove stai andando senza mai dimenticare da dove vieni, proseguire per la tua strada senza stare troppo a sentire la gente che ti sta attorno, fare sempre di testa tua, ragionare e capire da solo se ciò che stai facendo è la cosa giusta. Tutto questo non ti porta ad avere una fanbase, per convincere il pubblico conta quello che riesci a seminare negli anni, non puoi pensare di conquistare le persone con un paio di canzoni. Non c’è una ricetta, bisogna cercare di coltivare l’ascoltatore e convincerlo nel tempo».
Cosa aggiunge “Ricercato” rispetto al tuo precedente album d’esordio “Ci entro dentro” e perché hai scelto questo titolo?
«“Ricercato” perché ho avuto più tempo per lavorarci rispetto al mio primo album, ho cominciato circa a dicembre dello scorso anno; “Ricercato” perché le sonorità sono studiate nel minimo dettaglio; “Ricercato” perché mi sento in questo stato da due anni e, soprattutto, perché ho voluto richiamare la ricerca di noi stessi, nello specifico di me stesso. Lo si percepisce dalla prima all’ultima traccia, da “Tutti con me” a “Nessuno con me”, il primo è un manifesto, mentre il secondo un pezzo un po’ più introspettivo. Ho iniziato a lavorare a questo disco prima ancora di sapere che avrei tolto la maschera, sicuramente c’è stata un’evoluzione. Se sei sicuro della musica che fai non corri nessun rischio».
Come sono nate le collaborazioni presenti nel disco, in particolare quella con Livio Cori?
«Tutti i feat sono nati in amicizia, per una stima reciproca. Livio lo conosco da tanto, è un bravissimo ragazzo, ancor prima che un grandissimo artista, lo reputo fenomenale, sono un suo fan. Da tempo avevo l’idea di mettere un ritornello in napoletano, l’ho contattato e abbiamo chiuso il pezzo in tre giorni. Il bello delle collaborazioni è anche questo, perché nel tempo in cui ti ritrovi a lavorare fianco a fianco, condividi anche momenti di vita, ti apri e ti diverti, creando una sorta di sintonia, un rapporto umano oltre che una semplice collaborazione».
Come ti sei avvicinato alla musica e in che modo ha accompagnato la tua crescita?
«Ho cominciato per caso e per scherzo, in terza media, modificando le canzoni di Tiziano Ferro per far ridere le ragazze, perché non mi si filava nessuna e ho scoperto che questo mio lato ironico le divertiva. Da lì ho iniziato a scrivere le mie prime cose, mio fratello più grande mi ha trasmesso la passione per la musica hip hop. Successivamente è arrivato un periodo un po’ strano della mia vita, vari episodi e vari fattori che mi hanno portato ad allontanarmi dalla musica, avevo deluso i miei parecchie volte e mi ero chiuso in me stesso. Un giorno ho capito che non potevo più andare avanti così, che era necessaria una svolta, così a settembre 2016 è nato Junior Cally. Essendo cresciuto in un paese dove la gente giudica qualsiasi cosa tu faccia, ho pensato che sarebbe stato interessante celare la mia identità e che magari, prima o poi, il mio vicino di casa che il giorno prima mi sfotteva avrebbe potuto ascoltare a palla e a tutto volume una mia canzone senza sapere che fosse mia».
Il videoclip del singolo “Tutti con me” è finito in poche ore primo in tendenza, te l’aspettavi?
«Primo no, immaginavo ci fosse interesse attorno al progetto e curiosità per vedere il mio volto, ma è stata davvero una sorpresa, anche se ero consapevole del grande lavoro svolto con il mio team e ringrazio tutte le persone che hanno collaborato con me. Poi, chiaramente, ciò che conta veramente sarà il risultato di vendita e di streaming del disco, questo risultato ha catalizzato ancora più l’attenzione su di me, infatti, se mi fossi tolto la maschera in una storia Instgram sarei stato un babbo (ride, ndr), no? Sono certo comunque che l’essermi tolto la maschera non distoglierà l’attenzione dal disco, magari per il singolo sì, infatti non ho scelto di lanciare il pezzo più forte dell’album, ma quello che si prestava meglio alla causa, un inno, un modo per ringraziare i fan che mi seguono e mi supportano da anni».
Come valuti il tuo rapporto con i social network?
«Il web è lo strumento di comunicazione al momento più importante, mentirei se ti dicessi il contrario. Per me è un canale fondamentale per poter divulgare la propria musica, che resta la cosa principale, perché riconosco che sui social a volte manca il contenuto e tutto si limita all’apparenza, senza alcuna sostanza. Nel mio caso credo di avere delle cose da dire, per questo ci tengo a fare in modo che arrivino a più persone possibili, di conseguenza curo io le mie pagine, mi piace farlo, preferisco dormire due ore di meno pur di gestire la mia carriera anche sotto questo punto di vista, metterci la faccia anche virtualmente, così se sbaglio qualcosa sono stato io».
Per concludere, quale messaggio ti piacerebbe trasmettere a chi ascolterà il tuo nuovo disco?
«Il messaggio che mi piacerebbe trasmettere ai ragazzi che mi ascoltano è che possono farcela anche loro e che nessuno deve dir loro cosa fare, perché ho iniziato dal nulla, ho cominciato a taturare per pagarmi i video e sostenere le prime spese e mi piacerebbe essere per le nuove generazioni una fonte d’ispirazione, fare in modo che possano credere un po’ di più in loro stessi».
Nico Donvito
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