A tu per tu con il giovane talento romano, all’indomani della pubblicazione del singolo “Girasoli”
Atteso ritorno per Gabriele Rosciglione, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Kaligola, artista che avevamo avuto il piacere di apprezzare sul palco dell’Ariston tra le Nuove Proposte del Festival di Sanremo 2015, con il brano “Oltre il giardino”, detentore del premio “Sergio Bardotti” per il Miglior testo. Si intitola “Girasoli” il singolo scelto per riaffacciarsi sulla scena musicale, con maggiore consapevolezza rispetto al passato. Dopo aver rifiutato importanti contratti discografici per poter concentrarsi sui suoi studi universitari, l’artista è pronto alla prova di maturità.
Ciao Gabriele, rompiamo il ghiaccio parlando del tuo nuovo singolo “Girasoli”, com’è nato e cosa rappresenta per te questo pezzo?
«E’ una canzone d’amore che ho composto qualche mese fa, in realtà non è nata in un modo particolare, come al solito realizzo prima la parte musicale per poi scriverci sopra il testo. Registrando la melodia, sono partito dalla prima frase spontanea che mi è uscita: “sono appassiti i girasoli come il nostro amore”, da lì ho sviluppato e costruito tutto il resto».
Quali innovazioni ha, secondo te, rispetto ai precedenti pezzi?
«Sicuramente è una canzone con uno stile differente, ho iniziato a cantare più che a rappare, non saprei definire bene una tipologia, per alcuni potrebbe sembrare una specie di indie, ma non mi piace associarmi ad un genere ben preciso, sicuramente è un qualcosa che mi appartiene di più. Mi sono fermato per qualche tempo per dedicarmi allo studio, recentemente ho ricominciato a scrivere canzoni e ho scoperto di aver maturato una nuova consapevolezza a livello compositivo».
Cosa avete voluto raccontare attraverso le immagini del videoclip diretto insieme a Mirko Salcia?
«La sceneggiatura è nata da entrambi, oltre a scrivere canzoni sono un videomaker, giro clip anche per altri artisti. Con Mirko abbiamo cercato di cogliere appieno l’anima della canzone, sono molto soddisfatto del risultato. L’idea era quella di esprimere con delicatezza sotto forma di immagini ciò che è stato espresso tra le righe del testo di “Girasoli”, in maniera molto più fantasiosa rispetto alla storia che, in qualche modo, è decisamente più reale».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come e quando ti sei avvicinato alla musica?
«Mi sono avvicinato alla musica grazie a mio padre musicista, la mia famiglia è composta in stragrande maggioranza da artisti. Ho iniziato a prendere le prime lezioni di pianoforte all’età di dodici anni, ad un certo punto ho cominciato a comporre canzoni rap vere e proprie, con lo spirito di un ragazzino che aveva voglia di esprimere sotto forma di rime la propria vita quotidiana, non ho mai avuto l’attitudine da spaccone di colui che voleva sfondare il mondo, le mie prime canzoni parlavano della scuola, degli amici e di tutto ciò che ruota attorno al mondo adolescenziale».
Sin dai tuoi esordi ho riconosciuto un approccio alla scrittura musicale abbastanza old school, ti riconosci nell’hip hop di oggi?
«Ad essere sincero no, ma in realtà non mi sono mai riconosciuto nella nostra scena in generale. Oggi ascolto il rap italiano, anche la trap, devo dire che a volte mi piace, a seconda dello stato d’animo riescono a darmi una carica differente rispetto ad altri stili musicali. Non mi rispecchio molto in questo genere, ma non nego di ascoltare alcuni brani trap e di non sentirmi completamente fuori da quel mondo».
Qual è il Kaligola-pensiero sull’autotune?
«Guarda, in realtà non ci vedo nulla di male, a seconda di come si usa può rendere migliore o peggiore una canzone, bisogna solo saperlo usare bene e nel contesto giusto».
Nel 2015 hai partecipato al festival di Sanremo con il brano “Oltre il giardino”, che ricordo hai di quell’esperienza?
«E’ stato uno dei momenti musicali più belli per me, l’ho vissuta con uno spirito abbastanza libero, come fosse una festa, mi sono molto divertivo anche se è durata poco».
Poi cosa è successo?
«Come tutti gli show televisivi, talent compresi, i riflettori si sono poi spenti. Bisogna cavalcare l’onda perché è molto difficile riuscire a catturare l’attenzione, ogni anno ci sono nuovi artisti e certi livelli non si possono sempre mantenere. E’ necessario avere la maturità e l’umiltà di mettersi in discussione, ricominciando più volte da zero se è necessario. La mia è stata una scelta, nel senso che non ho voluto tralasciare gli studi e, di conseguenza, non mi sono dedicato completamente alla musica».
Possiamo dire che, forse, eri pronto a livello artistico ma non dal punto di vista personale per affrontare il music business?
«Si, esatto. Il mio intento era quello di proseguire la mia vita a prescindere dalla musica, di conseguenza, tutto ciò che c’era dietro le quinte l’ho dovuto mettere un po’ da parte. Oggi sono felice di questa scelta, non rimpiango nulla, studio all’università e frequento il terzo anno in Biotecnologie Agro-Industriali. Sicuramente credo che non vadano mai fatte troppe cose importanti insieme, altrimenti si rischia di tralasciare qualcosa. Per “Girasoli” ho investito tantissimo tempo, sia nella composizione della canzone che nella realizzazione del video, perché ci tenevo a far uscire un prodotto di qualità e non buttare in rete una canzone tanto per farlo».
Lasciatelo dire, ma in molti utilizzano il web in questo modo, per fortuna non tutti. Come descriveresti il tuo rapporto con i social network?
«Diciamo che potrei usarli meglio (ride, ndr), sono sempre stato restio dal loro utilizzo, da un certo punto di vista mi reputo abbastanza attivo ma, considerando la difficoltà nel mantenere l’attenzione e la curiosità del pubblico, potrei esserlo sicuramente di più. Cerco di aggiornare spesso i miei canali, postando foto e video di qualità, perché per me è fondamentale mantenere la giusta credibilità tra ciò che sono e quello che scrivo».
Il prossimo 19 novembre compirai ventuno anni, credi di aver raggiunto una piena maturità personale e una consapevole identità artistica o, più semplicemente, ne sei ancora alla ricerca?
«Ne sono sempre alla ricerca, mi piace sperimentare ed evolvermi continuamente. Il mio intento è quello di realizzare un disco per il prossimo anno, nel frattempo cercherò di pubblicare con costanza altre canzoni inedite, per cercare di recuperare l’attenzione di chi già mi conosce ed attirare un pubblico nuovo».
Per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«Ogni canzone ha un messaggio differente e assestante, la musica ha così tante sfaccettature che sintetizzarle in un unico concetto globale è difficile. Ciò che vorrei è semplicemente continuare a comporre pezzi ed essere ascoltato con un’attenzione differente, perché i tempi sono più maturi e sento di avere ancora tante cose da dire».
Nico Donvito
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