giovedì 21 Novembre 2024

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La Rua: “La novità è diventata una vera e propria necessità” – INTERVISTA

A tu per tu con la band marchigiana, alla scoperta del loro nuovo album “Nessuno segna da solo”

Se per D’Artagnan e i tre moschettieri il motto era “uno per tutti, tutti per uno”, per i La Rua invece é: Nessuno segna da solo, proprio come il titolo del loro terzo progetto discografico in studio, che arriva a circa un anno di distanza dall’omonimo EP (qui la nostra precedente intervista). Reduci dalla tournée internazionale Sanremo Giovani World Tour e dal concertone del Primo Maggio, il collettivo marchigiano torna in rotazione radiofonica con il singolo Alta velocità (qui la nostra recensione), un brano che li mette in luce sotto una nuova veste e che si adatta all’imminente stagione estiva. In occasione di questo lancio discografico, abbiamo raggiunto telefonicamente il frontman della band Daniele Incicco.

Ciao Daniele, partiamo dal vostro nuovo album “Nessuno segna da solo”, cosa racconta e cosa aggiunge rispetto all’omonimo EP rilasciato lo scorso luglio?

«Come già si era potuto intuire nell’EP, “Nessuno segna da solo” è un lavoro collettivo in cui c’è tanta sperimentazione e un’importante sterzata verso nuove sonorità. Quello che va ad aggiungere è un brano manifesto come “Stella cometa” che racconta tutto ciò che penso, “Il doppio di tutto” che rappresenta una testimonianza di quello che si chiede all’amore e una canzone super estiva come “Alta velocità”, tutti pezzi che danno uno sguardo globale sul nuovo percorso dei La Rua. Mi piace pensare che la nostra sia una continua ed eterna partenza, questo disco è un nuovo viaggio che non sappiamo ancora bene dove ci porterà ma, di sicuro, abbiamo ampiamente sdoganato qualsivoglia tipo di etichetta, dimostrando di avere tanta voglia di dire ed  esprimerci in tutto ciò che crediamo e di farlo senza dover affidarci per forza di cose ad un unico genere».

Un titolo che potrebbe sembrare un semplice slogan, in realtà quanto conta per voi il lavoro di squadra, la complicità e la suddivisione dei ruoli?

«Nei La Rua tutti producono e sanno lavorare le canzoni, i testi li scrivo io ma a livello di arrangiamenti siamo un collettivo, a volte usciamo dalla sala prove con i graffi (ride, ndr), nel senso che ci confrontiamo e scontriamo spesso, questo è importante perché genera un dialogo e, di conseguenza, un buon risultato finale. Con “Nessuno segna da solo” abbiamo voluto sottolineare il nostro lavoro di squadra già nel titolo, far capire immediatamente il tipo di impegno che c’è stato per realizzare questo disco».

Dal punto di vista musicale c’è più elettronica, ma senza snaturare il vostro animo acustico e “percussionistico”. Come siete riusciti a trovare la giusta chiave o, se vogliamo, il giusto compromesso?

«Su questo è stato fondamentale l’intervento di Dario Faini, co-autore e produttore di tutti i brani, con lui abbiamo fatto un lungo percorso per cercare di portare all’interno di questo lavoro le idee di tutti, con l’obiettivo di realizzare un disco che non avesse genitori e per forza di cose nemmeno figli. E’ un modo per aprire le porte a qualcosa di nuovo, il nostro prossimo album potrebbe tranquillamente essere rock, non vogliamo porci nessun tipo di limite. Ad esempio, con Elisa abbiamo scritto “Per motivi d’insicurezza”, un brano pianoforte-archi-voce che ci ha permesso di mostrare la parte più intima dei La Rua, una dimensione che fino ad oggi non era mai stata percorsa».

“Alta velocità” è il vostro ultimo singolo, come ti sei trovato a scrivere in uno stile diverso e per te inedito?

«Non avevamo mai fatto una canzone di questo tipo, ci siamo voluti buttare in questa sfida, utilizzando immagini metaforiche diverse rispetto a tutto quello che avevo scritto fino ad ora, mettendo dentro riferimenti sportivi e metafore che non appartengono a quello che normalmente i La Rua fanno, cercando di rispettare il nostro modo di fare canzoni, lo spirito e l’anima strumentale che ci permette di dare il massimo dal vivo».

Cosa rispondete a chi, magari, è rimasto spiazzato da questo vostro nuovo linguaggio?

«In realtà trovo che questo brano sia una figata proprio a livello testuale, perché ho cercato di percorrere una strada totalmente diversa, mettendo insieme metafore e riferimenti che non avevo mai utilizzato. In generale non credo ci sia mai stato qualcuno che abbia paragonato l’amore al Parma di Malesani e, in un certo senso, la vedo come una cosa folle. E’ una canzone che racconta la fase dell’innamoramento con tutta la leggerezza richiesta dalla stagione estiva, se avessi proposto un brano come “Vietato ai minori” (pubblicato qualche anno fa, ndr) in questo preciso momento storico non sarebbe stato accolto allo stessa maniera a livello emotivo. Questo nulla toglie al fatto che il testo, secondo me, sia molto interessante, perché fotografa l’attimo in cui ci si innamora, le sensazioni che si provano in un momento così delicato e, al tempo stesso, esplosivo».

Essendo tu un autore molto prolifico, qual è l’aspetto che più ti affascina nella composizione di una canzone?

«Quando la canzone mi parla, c’è un istante nel quale una frase, uno slogan, una strofa o un ritornello comincia a sussurrarmi qualcosa, indicandomi la strada da seguire. Quello è un momento magico che non accade spesso e che arriva all’improvviso, quando meno te l’aspetti e lì mi accorgo che la canzone ha qualcosa da dire, indipendentemente da chi la canta. E’ difficile da spiegare con le parole, è una sensazione piuttosto indescrivibile».

Per concludere, è appena uscito il vostro terzo disco ma siete già al lavoro del quarto, cosa dobbiamo aspettarci dalla vostra nuova musica?

«Sarà folle e totalmente diversa rispetto a quanto proposto sino ad oggi, nel prossimo disco potrete trovare davvero di tutto, proprio come si faceva una volta. Voglio non avere più limiti, non mi piacciono i paletti, credo che questo sia un periodo storico in cui la novità è diventata una vera e propria necessità. Un tempo si riconosceva ad ogni band un certo tipo di suono, questa mentalità è ormai passata, la musica va talmente tanto veloce che è richiesta maggiore capacità di adattamento, soprattutto se tutti i componenti del gruppo sono della stessa idea, a che serve restare ancorati ad un retaggio di vecchio stampo? Credo molto in questa cosa, secondo me potrebbe essere una grande chiave per il futuro».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.