L’amore non ha tinte e nemmeno il giornalismo può imbrattarlo di definizioni semplicistiche
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un articolo di un “collega” impegnato a discutere la legittimità di canzoni eterosessualmente dirette cantate da artisti dichiaratamente omosessuali. Al centro dell’argomentazione c’era, ovviamente, il caso di Tiziano Ferro che decollò discograficamente nel 2001 cantando di una Paola nella sua celebre Rosso relativo. Caso vuole che l’autore dell’articolo in questione, in quel preciso momento, fosse invaghito di una certa Paola immedesimandosi, dunque, facilmente nelle parole di quello che sarebbe diventata la star numero 1 del pop italiano. Il mito musicale di quel giovane adolescente s’infrange, poi, nel 2011 quando Tiziano Ferro dichiara apertamente la propria omosessualità. Tempi duri hanno segnato da allora la vita di questo simpatico giornalista che ora se ne esce con un titolo che è tutto un programma: “Se sei gay non cantare etero”.
Tralasciando le tempistiche che vedono questo articolo piuttosto in ritardo rispetto al coming-out dell’artista di Latina c’è da sottolineare, con amarezza, quanto ancora oggi, dopo anni e anni di battaglie e sensibilizzazione, l’amore tra due uomini, piuttosto che tra due donne, sia ideologicamente ancora condannato. Con questo non sto dicendo che il collega si sia dimostrato omofobo nel sottolineare la poca coerenza di chi canta d’amore verso una donna pur essendo dichiaratamente attratto sessualmente da degli uomini ma, semplicemente, che questa pubblicazione era francamente evitabile. Tanto più in un portale dal nome importante come quello su cui è stato pubblicato (e che mi sono imposto di non nominare perchè ritengo che sia dovere di ogni buon direttore essere responsabile di ciò che si pubblica e, quando capita qualcosa di questo genere, significa che non è un buon direttore).
Il problema dell’omosessualità in ambito musicale è quantomai attuale e presente ma, contemporaneamente, anche piuttosto ostacolato, nascosto, offuscato e macchiato dalla poca libertà d’espressione. E si, perché di artisti omosessuali ne esistono (e parecchi) ma sono in pochi quelli ad aver apertamente dichiarato questo loro essere: i più preferiscono tacere o, peggio ancora, sono obbligati a tacere. Sono obbligati dal sistema e dall’atmosfera di un Paese che, malgrado i nastrini rainbow a Sanremo, ancora fatica a riconoscere pienamente i diritti, non solo civili, ma anche “sentimentali” in molte occasioni. Ma, spesso e volentieri, sono obbligati a tacere dagli stessi manager o discografici che impongono nei contratti il massimo riserbo sulla questione perché “sconfessarsi” significherebbe perdere il pubblico delle “ragazzine” in preda agli ormoni adolescenziali.
Ecco, allora mi viene da pensare: perché dobbiamo continuare a mettere il bavaglio alla realtà omosessuale in ambito musicale? E, quindi, forse aveva ragione quel mio collega rivolgendo a Tiziano la preghiera di lanciare le sue poesie d’amore al proprio lui invece che ad una inesistente lei. Poi, però, penso che no, non aveva ragione lui perché l’arte non è impacchettabile o definibile è una canzone non è nemmeno, per forza, un racconto di sé. Una canzone è semplicemente una canzone e come tale punta ad arrivare alle persone. Un giornalista, che alle persone rivolge il proprio pensiero da una posizione di preminenza, dovrebbe imparare a difendere le cose buone e belle. Ed è una cosa buona che Tiziano Ferro abbia avuto la forza di dichiarare il proprio amore “diversamente” direzionato rendendolo, quindi, “normale”. Perché, poi, l’amore non è normale o diverso, l’amore è amore, non ha tinte né colori, non ha direzioni o posizioni, non si esprime per forza nel mero atto sessuale di infilare un organo dentro ad un altro. L’amore è solo amore e come tale dovremmo imparare a viverlo. Tutti. Io, voi, Tiziano e il nostro amico giornalista a cui consiglio di continuare a pensare alla sua Paola canticchiando sempre “Rosso Relativo” perché, anche se Tiziano non cantava a quella sua Paola con lo stesso fervore o sentimento con cui lo faceva il caro collega, una canzone è pur sempre solo una canzone. Nella vita contano di più tante altre cose come la difesa della libertà di essere e di esprimersi per ciò che si è e, chi come noi, parla a tante altre persone dovrebbe sempre ricordare che non si scrive per sé soltanto, si scrive per una società che ha bisogno di essere guidata verso il progresso e la “normalizzazione” della libertà d’amare.
Ilario Luisetto
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