venerdì 22 Novembre 2024

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Lighea: “Canto il dolore per la mia terra ferita dal terremoto” – INTERVISTA

A tu per tu con la cantautrice marchigiana, in uscita con il singolo “La casa capovolta” con Roberta Orrù

Lighea

Si intitola “La casa capovolta” il nuovo brano di Tania Montelpare, alias Lighea, realizzato in collaborazione con Robertà Orrù a sostegno del progetto culturale SINCERUS, che coinvolge professionisti nel settore del canto, della musica e della ricerca scientifica, con lo scopo di mantenere accesi i riflettori sulle popolazioni colpite dal terremoto nel 2016/2017. In occasione del lancio di questo singolo, abbiamo incontrato per voi l’artista marchigiana, che ricordiamo per aver partecipato a due Festival di Sanremo, tra le Nuove Proposte nel 1994 con “Possiamo realizzare i nostri sogni” e nel 1995 tra i Big con “Rivoglio la mia vita”.

Ciao Tania, “La casa capovolta” è il singolo che ti vede protagonista insieme a Roberta Orrù, com’è nata e cosa rappresenta per voi questa canzone?

«E’ nata “per caso” nel senso che non ho mai deciso di scrivere una canzone che parlasse di questo.. mi sono seduta al pianoforte perché avevo in mente una melodia che mi piaceva e volevo fissarla per non perderla, invece come un fiume in piena è arrivata “La casa capovolta”. Una canzone che ha liberato tutte le mie lacrime, il dolore per la mia terra ferita. Rappresenta la possibilità di raggiungere la sensibilità di tutti per ricordare loro che questa terra e queste persone hanno ancora tanto bisogno di aiuto».

Un progetto che ha il nobile intento di mantenere accesi i riflettori sulle popolazioni colpite dal sisma nel 2016-2017. Quanto è importante tenere viva l’attenzione e aiutare concretamente le vittime di una catastrofe del genere? 

«Ho intervistato alcune donne che hanno perso la casa e con coraggio si impegnano a tornare alla vita e cercano presenza. Affrontare le difficoltà nella solitudine è doppiamente difficile, qualcuno potrebbe non farcela, potrebbe arrendersi, quando non ci si sente soli ci si sente più forti, ci si sente parte di un’umanità e questa umanità diventa un nido, diventa spinta, diventa possibilità. Mi rendo conto lavorando a questo progetto di quanto sia difficile far capire alle persone che non è il momento di voltarsi dall’altra parte, girate ancora lo sguardo verso di noi. E’ importante mandare un segnale».

Un messaggio importante anche verso le nuove generazioni, sempre più distratte da cose futili. Come valuti l’attuale società influenzata dai social network?

«Io non amo parlare di ciò che non va, non mi piace alimentare il lamento e la critica, preferisco dare voce e concretezza a nuove possibilità, al mondo che vorrei, faccio la mia parte, credo nell’impegno personale che di certo da solo non cambierà il mondo ma diventa possibilità al principio di un nuovo mondo unito all’impegno di tutti. Incontro tanti giovani con il mio lavoro di formazione e la maggior parte di loro è sensibile a nuove possibilità di stare e muoversi su questa terra… cerchiamo noi di essere proposta ed esempio di un modo diverso di essere».

A proposito di giovani, sei attualmente impegnata in veste di docente dei corsi formativi di Area Sanremo. Che esperienza rappresenta per te?

«E’ meraviglioso è ricchezza, nutrimento, speranza, incontro, scambio…. Mi fermo qua ma non perché non ci sia altro..».

Che effetto ti ha fatto tornare nella città dei fiori che ti ha visto protagonista per ben due volte? Che ricordo hai di entrambe le esperienze?

«Sanremo è la mia città di nascita per quanto riguarda la musica… nel mio cuore sempre.. Il Festival di Sanremo è cominciato sotto al tavolo della cucina di mia madre, dentro ai miei occhi che ci vedevano la possibilità di affermare me stessa e di avere qualcuno che mi stesse ad ascoltare. È stato meraviglioso e pericoloso trovarmi su quel palco fino a rendermi anche schiava di un business discografico che non mi interessava. Oggi questa città mi ha riportata di fianco a me stessa, con consapevolezza e rispetto per la persona che sono».

Secondo te, quanto è cambiato il Festival nel corso degli ultimi anni?

«E’ cambiato. Come è giusto che sia… Meglio? Peggio? Dipende.. potrebbe essere migliore…».

Come valuti l’attuale scenario discografico e il livello generale delle proposte del nostro Paese?

«Stiamo vivendo un momento di cambiamento per cui non è sempre facile accettare il nuovo e spogliarsi un po’ della musica con cui siamo cresciuti… cerco di aprirmi a nuovi linguaggi musicali anche quando li sento lontani e quando mi arrivano incomprensibili sono stimolata a conoscerli meglio vorrei capire perché una cosa funziona. C’è un movimento di giovani cantautori che trovo molto interessante».

Musica e teatro: due ingredienti fondamentali della tua carriera. Ti senti un’artista completa o c’è qualcos’altro che ti piacerebbe sperimentare in futuro? 

«Io vivo la mia vita con arte (sorride, ndr) anche quando pulisco casa cambio la disposizione dei mobili per capirci, creo continuamente in ogni situazione. L’arte è un modo di essere per me, non c’è separazione tra la mia vita e la mia arte.. sono UNO. Per il futuro non mi pongo limiti, non escludo possibili novità che in questo momento magari non intravedo. Di solito rispondo con entusiasmo a tutto ciò che mi prende l’anima».

Tornando al singolo con Roberta Orrù, come vi siete conosciute e cosa vi ha spinto a collaborare insieme?

«Ci conoscevamo già prima, Roberta è una persona di grande sensibilità. Una cena insieme mi ha portata a condividere con lei il progetto che avevo per SINCERUS e le ho fatto ascoltare “La casa capovolta”. La sua commozione mi ha spinta ad invitarla a condividerla insieme. Il senso di questo progetto è la condivisione, è l’unione, è tutti per uno, quindi aveva più senso che fossero due o più voci a cantare questa canzone».

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere attraverso la vostra canzone e l’intero progetto SINCERUS?

«Che si può ricominciare. Che quando si crea una crepa si può vedere la luce che ci sta dentro, proprio nelle ferite profonde di un’esperienza come questa si possono scoprire risorse mai immaginate. Che se le esperienze ci procurano un danno, il nostro atteggiamento le può trasformare in opportunità. Che siamo figli della stessa terra. Che abbiamo una responsabilità nei confronti di tutta l’umanità. Che tendere una mano dà valore prima di tutto a noi stessi».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.