Terzo progetto discografico per il cantautore catanese, che ritrova se stesso tra le note del nuovo album
“Questo è un disco che nasce dall’esigenza di capire chi sono veramente e quale tipo di musica voglio davvero fare, un viaggio che ho affrontato tappa dopo tappa, mettendomi in gioco sotto vari punti di vista. Non ho voluto affidarmi ad un unico produttore, perché altrimenti non sarei riuscito ad esprimere ciò che avevo dentro. Chi produce un intero album tende a lasciare la propria impronta su tutto il progetto, mentre avevo la necessità di esplorare me stesso, affiancandomi a più persone e producendo io, in prima persona, alcuni pezzi. Dalla scrittura al confezionamento finale, in questo album ho messo tanto di me e posso ritenermi soddisfatto perché rappresenta il mio percorso, ma anche la mia crescita, le paure, i limiti e le fragilità di un ragazzo della mia età. Sono molto emozionato perché ho lavorato davvero tanto a questo disco, mi sono voluto prendere il tempo necessario per tirare fuori tutto quello che avevo dentro. Il mio desiderio è che, alla fine dell’ascolto, possa emergere davvero chi è Lorenzo”.


“Ho scelto di chiamarlo ‘Bengala’ perché inizialmente mi sentivo in difficoltà, avevo bisogno di lanciare un razzo per chiedere soccorso, per attirare l’attenzione sulla mia musica, alla fine è diventato un modo per far vedere a tutti dove mi trovo, in quale punto del mio cammino sono arrivato fino ad ora. La malinconia mi è sempre appartenuta e anche in questo lavoro è inevitabilmente presente, nascosta tra sonorità nuove”. Un disco registrato tra Amsterdam, Roma, Como, la sua città di origina Catania e quella di adozione Milano. “Ho sempre vissuto in un paesino di mare – prosegue l’artista – ritrovarmi catapultato qui inizialmente non è stato facile, ma adesso Milano è diventata un po’ casa mia, perché mi ispira e mi influenza, personalmente la considero la capitale artistica italiana, la nostra più grande metropoli”.
“Crescere è difficile, una caratteristica comune a molti ragazzi della mia età – prosegue Lorenzo, non nascondendo le proprie fragilità – nel momento in cui ti metti in gioco e affronti gli ostacoli da solo, senza l’aiuto di nessuno, allora ce l’hai fatta. Le più grandi paure sono quelle interiori, dobbiamo sempre fare i conti con i nostri fantasmi per mostrarci agli altri in maniera serena. Avevo voglia di trovare un linguaggio nuovo, che mi rappresentasse per quello che sono oggi. E’ stato difficile farlo dopo aver raggiunto la notorietà, ho dovuto ricercare un metodo, una dimensione e dei mondi sonori che, in qualche modo, fossero esclusivamente miei. In passato mi lasciavo ispirare da quello che c’era intorno, adesso tiro fuori quello che ho dentro“.
“E’ durante un percorso che capisci dove stai andando, non certo stando fermo. Mi sono lasciato trasportare dal viaggio e ho trovato in me stesso le risposte alle domande necessarie per superare il mio malessere. Sia chiaro, ogg abbraccio tutto quello che ho realizzato perché mi ha permesso di arrivare fin qui: ad esempio, “Siamo uguali” è il primo brano che ho scritto in italiano e con quello mi sono presentato a Sanremo, forse con un po’ di sana incoscienza, ma è una scelta che rifarei, perché era ciò che volevo e che sentivo in quel momento ma, col senno di poi, capisco che ho agito d’istinto, rischiando, mentre adesso ci rifletterei di più. La tv e il contesto televisivo tendono a creare dei personaggi: la difficoltà arriva dopo quando cerchi di tirar fuori la persona, l’artista”.
Nico Donvito
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