venerdì 22 Novembre 2024

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Luca Bonasera: “La musica è la mia armatura” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore romano, in uscita con il suo omonimo album d’esordio

A un anno di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Luca Bonasera in occasione dell’uscita del suo progetto discografico, rilasciato lo scorso 11 dicembre. In occasione di questo lancio, abbiamo incontrato l’artista per approfondire la conoscenza della sua visione di vita e di musica,

Ciao Luca, bentrovato. Partiamo dal tuo omonimo album d’esordio, quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di scrittura?

«Un album è un po come la gestazione di un figlio, paure, ansie, dubbi, insicurezze, premure. Spesso sono stato ad un passo per gettare tutto e ricominciare daccapo, e più di una volta è accaduto di cambiare radicalmente direzione in corso d’opera, per la disperazione del mio produttore. Ma scrivere per me significa sentirmi accettato, ho sempre preferito scrivere piuttosto che rapportarmi direttamente con il mondo intorno a me. Ed è l’unico modo che mi permette di essere completamente sincero». 

 LUCA BONASERA

Un lavoro che ti racconta, forse per questo hai scelto di chiamarlo come te. Quali skills pensi di aver acquisito in questi ultimi anni?

«Sicuramente questo album mi ha insegnato che alla musica non si mente, scrivere qualcosa che non mi rappresenti, solo per soddisfare il mercato, sarebbe stato come violentarmi, ovviamente si scende sempre a compromessi, ma in questo caso, in questo album sono stati davvero pochi». 

A livello musicale, che tipo di sound hai voluto abbracciare in queste dieci tracce?

«Io sono sempre stato un melodico sentimentale, (quando cresci con i dischi di Baglioni, Tenco e Lucio Dalla non potresti essere altrimenti) ma amo sperimentare, osare, e le sonorità elettroniche anni ottanta mi hanno sempre incuriosito e affascinato. Quindi l’album è un omaggio ai cantautori importanti e al sound elettronico».

Un disco anticipato dal singolo “L’amore non basta”, cosa rappresenta esattamente per te questo pezzo?

«“L’amore non basta” è la mia canzone d’amore (insieme a “Smeraldi dal fango”) anche se in realtà l’amore è il filo conduttore di tutto l’album. Io resto legato alle mie storie del passato, soprattutto quando queste sono riuscite nell’intento di cambiarmi radicalmente, e l’amore non basta parla proprio di questo, di come una storia ti entri dentro, sobbarchi il tuo ordine naturale delle cose e poi ti lasci, spiazzato, ma con nuovi occhi. E poco importa se l’amore non è bastato, l’importante è aver amato in modo puro e questo resta per sempre».

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?

«Amo la musica e la odio. Fosse per lei mi terrebbe incollato al pianoforte 24 ore al giorno e quando non suono o scrivo mi nutro della musica di altri. Ormai non esco di casa senza le cuffie. E se dovessi dimenticarle è come se fossi nudo e senza protezione. Ecco, la musica è la mia armatura». 

In precedenza abbiamo parlato della tua smania di precisione, che ti ha portato a riaprire più volte le tracce e a rimandare, se vogliamo, l’uscita di questo album. Adesso che finalmente è fuori, cosa ti rende più orgoglioso del lavoro svolto?

«Sono orgoglioso del fatto che in questo album ci sia Luca, senza filtri. Con le mie paure e le mie fragilità. Ho sempre creduto che mostrarsi senza veli sia pericoloso ma giusto, inutile mostrarsi forti se poi nel buio della notte siamo impauriti. Inutile mostrare sicurezza se viviamo di ansie e debolezze. Io sono cosi, e quest’album è mio figlio, vorrei solo che fosse un po’ più forte e sicuro di me (sorride, ndr)».

Alla luce del momento che stiamo vivendo, cosa speri di riuscire a trasmettere a chi ascolterà questo disco?

«Ho ricevuto tanti messaggi di persone che hanno provato empatia per me e per la mia musica , e molti si son rispecchiati nel mio concetto di amore e fragilità, questo è il riconoscimento più grande per chi come me scrive di emozioni sperando di essere compreso. Ecco, sapere che sono entrato in tante case, con la mia musica, durante questo periodo complesso, e di aver fatto compagnia persone che come tutti stanno facendo i conti con l’isolamento e la solitudine, è immensamente gratificante». 

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

«La musica è cinica, diretta, quando arriva stravolge, confonde, spiazza, la musica è ormai l’unico filtro che utilizzo per vedere il mondo e per crearne uno tutto mio». 

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.