Album Amarcord, i dischi più belli da riascoltare: un viaggio nel tempo nei ricordi di progetti che hanno lasciato il segno e che vale la pena riportare alla nostra attenzione
Sono trascorsi trent’anni dal la pubblicazione di “Hegel”, la ventesima e ultima opera musicale di Lucio Battisti, rilasciata il 29 settembre del 1994, quattro anni prima della sua prematura scomparsa. Pochi mesi dopo aver celebrato il cinquantennale del suo omonimo album d’esordio, ci ritroviamo a parlare di un lavoro completamente diverso, qualcuno oggi lo chiamerebbe indie, termine in questo caso molto più appropriato di numerose proposte che arricchiscono le attuali playlist a tema di Spotify. Ma questa è un’altra storia.
Riascoltato a distanza di cinque lustri, “Hegel” suona sempre difficile al primo ascolto, a tratti criptico, piuttosto celebrale, di sicuro il suo lavoro più estremo, frutto di un’ormai ben rodata collaborazione con Pasquale Panella, che firma i testi delle otto tracce presenti. Un sodalizio artistico iniziato a metà degli anni ’80, a seguito della rottura con Mogol, e che ha portato alla realizzazione di cinque album: “Don Giovanni” del 1986, “L’apparenza” del 1988, “La sposa occidentale” del 1990, “Cosa succederà alla ragazza” del 1992 e, per l’appunto, quest’ultimo.
Progetti che nell’insieme non riscuoteranno grandi successi commerciali, forse perché il pubblico è abituato a riconoscere in Battisti il ruolo di menestrello dell’amore, non riuscendo ad accettare un’evoluzione così drastica, la sua voglia di sperimentare e di andare controcorrente, rinnegando in qualche modo tutto ciò che aveva rappresentato per la canzone melodica italiana negli anni ’70. Una scelta coraggiosa che, come tale, va rispettata perché dietro decisioni così drastiche ci sono sempre motivazioni importanti, per molti magari incomprensibili.
Forse “Hegel” è un album che possiamo considerare troppo avanguardista anche nel 2024, a partire dalle sonorità per giungere ai testi, ricchi di rimandi e citazioni filosofiche, proprio come suggerisce il titolo dedicato all’omonimo teoreta tedesco. Lucio Battisti si spinge oltre quanto già era stato fatto da altri colleghi nel decennio precedente, uno su tutti Franco Battiato, mantenendo l’attitudine verso testi enigmatici, ma idealizzando ed estremizzando ancora di più il suono, in netto contrasto con l’orecchiabilità espressa in precedenza, sperimentando come forse nessun altro artista ha mai fatto in Italia.
Quello che ci resta oggi, riascoltando quest’opera, è un patrimonio elaborato e visionario, in cui la dialettica e il senso nobile dell’estetica prendono il sopravvento su tutto il resto, stravolgendo regole e canoni convenzionali. Stanco e asfissiato della tradizione, Battisti conclude con questo disco il suo periodo futurista, ma al testo stesso controverso ed estremamente rivoluzionario. Questo va’ detto e precisato, l’azzardo è una peculiarità che gli deve essere universalmente riconosciuta, per far sì che la sua trasgressione non sia stata vana.
Hegel | Tracklist e stelline
- Almeno l’inizio
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - Hegel
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - Tubinga
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - La bellezza riunita
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - La moda nel respiro
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - Stanze come questa
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - Estetica
(Pasquale Panella, Lucio Battisti) - La voce del viso
(Pasquale Panella, Lucio Battisti)
Nico Donvito
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