Intervista al noto discografico italiano
Dopo una chiacchierata approfondita riguardo ai ricchi e preziosi ricordi legati alla figura di Mia Martini (qui per recuperare l’intervista) abbiamo proseguito la nostra chiacchierata con Lucio Salvini, storico discografico che negli anni fu a capo della Ricordi prima, e della Fonit Cetra poi. Ecco che cosa ci ha raccontato della sua esperienza e di come il presente della musica italiana:
Qualche anno fa ha pubblicato un libro, “Non erano solo canzonette”, in cui racconta la sua esperienza da discografico attraverso degli aneddoti che riguardano le persone che ha avuto affianco lavorativamente parlando. Ecco, se dovesse fare un nome di un incontro fondamentale tra i tanti che ha avuto quale farebbe?
<<De Andrè>>.
Perchè proprio lui?
<<Perchè l’ho seguito per tutta la vita. Io nasco giornalista e, prima di lavorare per la Ricordi, mi sono occupato dell’ufficio stampa di Fabrizio per il suo primo disco, La ballata del Michè. Ci siamo conosciuti in quell’occasione e via via siamo sempre rimasti legati. Io mi sono sempre occupato dei suoi dischi tanto che quando lasciai la Ricordi Fabrizio, che viveva il periodo immediatamente successivo al rilascio dopo il rapimento, propose a me il progetto di Dori Ghezzi (Margherita non lo sa) e non alla Ricordi. Io e Fabrizio facemmo anche una casa editoriale: io fui l’unica persona con cui Fabrizio fece una società>>.
C’è un’artista, tra quelli con cui ha lavorato, che secondo lei ha raccolto meno di quanto meritava? Che non è stato capito?
<<Questo non lo so. So che io personalmente me ne sono fatto scappare uno, convinto che non fosse ancora pronto. Era Alberto Fortis. Mi fece sentire il suo primo disco e io gli dissi che, secondo me, bisognava lavorarci meglio. Lui era sicuro che il disco fosse apposto com’era e, in effetti, aveva ragione. Fece successo da un’altra parte>>.
Di Gianna Nannini che mi dice?
<<Convincerla a fare un disco come California (1979) non è stato semplice. Convincerla a mettere un vibratore in mano alla Statua della Libertà in copertina lo è stato ancor meno>>.
Per concludere le posso chiedere un parere sul sistema discografico italiano di oggi?
<<Il sistema discografico è morto per così come lo conoscevamo noi dell’epoca d’oro. Il web ha cambiato ogni cosa. E non ha cambiato soltanto la fruizione della musica che ormai è pressoché gratuita ma ha cambiato i numeri della musica: le vendite sono crollate proprio quando, paradossalmente, c’è molta più musica di un tempo. Il problema è che la possibilità di farsi la musica in casa crea un sacco di equivoci sia nei creatori che nei terminali di promozioni. Oggi con 20 o 30 amici si intasa tranquillamente un centralino di una radio per richiedere un pezzo e dare l’impressione di un successo che, invece, è artificiale. Tutto, per di più, succede molto rapidamente mettendo tutto in uno show, in una macchina di spettacolo. Ma il vero problema è che non c’è più ricerca perché ognuno si fa la musica in casa sua senza, però, che questa arrivi alle case discografiche, gli organi preposti a modificare, correggere o cestinare. I budget di ricerca delle case discografiche non ci sono più perché non ci sono più le vendite di una volta>>.
E su cosa si basa allora l’intero sistema?
<<La maggior parte delle vendite delle major è basata sul catalogo>>.
Rispetto alla qualità della proposta, invece, che ne dice?
<<Non lo so. Non mi permetto di giudicare perchè la musica è davvero tantissimo. Non sono contrario al rap. Anzi, trovo che è una forma di espressione che coincide con la ribellione agli schemi che i giovani hanno dentro. E’ già successo qualcosa di simile con il rock e la protesta sessantottina. So solo che noi stiamo ancora parlando con grande rispetto di una serie di artisti che sono ormai sulle scene da 30, 40, 50 anni. Non so se quando la generazione dei loro fans sarà scomparsa tutto questo andrà avanti>>.
Ilario Luisetto
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