venerdì 22 Novembre 2024

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Ma le canzoni son come i fiori e non nascono tutte a Sanremo

Come i testi hanno raccontato le stesse canzoni

A cosa servono le canzoni? Da dove nascono e cosa possono dirci quando raccontano di se stesse? Come qualificarle e quali metafore le rappresentano al meglio?

Se Gabriella Ferri “pe fa’ la vita meno amara Me so comprato ‘sta chitara E quanno er sole scenne e more Me sento un core cantatore La voce e poca ma intonata Nun serve a fa na serenata” e sceglie di cantare “tanto pe canta’ Perche me sento un friccico ner core Tanto pe sogna’ Perche ner petto me ce naschi un fiore Fiore de lilla’ Che ma riporti verso er primo amore Che sospirava a le canzone mie E me rintontoniva de bucie” (Tanto pe’ cantà), Vasco Rossi ricorre alla metafora floreale per dare una definizione precisa: “ma le canzoni Son come i fiori Nascon da sole, sono come i sogni” e sottolinea l’estemporaneità come aspetto non secondario nella stesura di un testo, “e a noi non resta che scriverle in fretta Perché poi svaniscono E non si ricordano più” (Una canzone per te).

Di una canzone, potremmo ricordare soltanto la melodia, “quel motivetto Che mi piace tanto” di Nicola Arigliano “e che fa dudu-dud Dudu-dud dud Come si chiama, Non ne so neppure il nome, Ma so che fa dudu-d Dudu-dud dud” (Quel Motivetto); e tanto basta per migliorarci l’umore. Le canzoni rimangono una cosa seria, sia quando sono un leggero passatempo sia quando trattano argomenti più impegnativi. Lo chiarisce bene Edoardo Bennato, quando canta provocatoriamente “non mettetemi alle strette E con quanto fiato ho in gola Vi urlerò, non c’è paura Ma che politica, che cultura Sono solo canzonette” (Sono solo canzonette).

Certamente, non dovremmo generalizzare nemmeno sulle canzoni e, magari per categorizzarle, potremmo seguire Brunori Sas che “scrivo canzoni poco intelligenti Che le capisci subito non appena le senti Canzoni buone per andarci la domenica al mare Canzoni buone da mangiare Sono canzoni poco irriverenti (…) Canzoni che parlano d’amore Perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?” (Canzone contro la paura).

E qui si apre un mondo, non fatto sempre di sola gioia, ma di reciproco egoismo; ecco Coez a ricordarci “e non lo chiedere a nessuno a meno che non sia me E non lo chiederò a nessuno a meno che non sia te Sì perché non c’era nessuno, c’eravamo io e te Siamo sempre da soli come nelle canzoni” (Come nelle canzoni). Nelle lunghe notti insonni, un inconsolabile Renzo Rubino ammette “sono stato abituato male con te Solo un’altra canzone” e si ripromette “poi cancellerò il tuo nome Per sempre ed un’ultima volta Ti porterò con me Insieme tra sette notine Danzeremo per sempre e poi basta E ogni volta che suonerò questa nota Sarai vicino a me” (Per sempre e poi basta). “Le canzoni d’amore Sono mille volte un milione” per Piccolo G, “rubano l’esperienza di tutti Accendono qualcosa nel cuore A volte sono mela dolce A volte un acre limone Chiamano tutti a banchetto Queste stupide canzoni d’amore Le scrivono in un’ora Sono pronte ad uscire Perplesse Acerbe Tirate per la coda Centomila doppioni Solo poche diverse Avverse alla moda Tristi rattristano Gioiose divertono Provocano il senso In cui vanno E tu lasciale andare” (Canzoni d’amore).

In fondo, già Mietta aveva chiarito che “quello che capita nelle canzoni non può succedere in nessun posto del mondo, ti ricordi di noi”, così che di una canzone puoi fissare in cuore ” le parole, la melodia, ma l’amore va via” (Canzoni). “O forse no, vabbè fa niente” fa eco Sfera Ebbasta, mentre ci apre a un’ulteriore consapevolezza sul potere dell’arte: quando “scrivo una canzone, sì, quella è per sempre Per certe persone sarà un salvagente” (Ricchi x sempre). Oltre il tempo, e direttamente collegato ai desideri più intimi, è il senso di una canzone per Roberto Vecchioni, che si fa poeta e maestro insieme nel suo monito, “sogna, ragazzo sogna Non cambiare un verso della tua canzone Non lasciare un treno fermo alla stazione” (Sogna, ragazzo, sogna).

Non dobbiamo restare immobili fino al capolinea del nostro viaggio, ma possiamo essere liberi e diffusi come la canzone di Emma, tanto che “uscirei dalla radio per sfiorarti la pelle Sono solo una canzone, me lo hai detto anche tu (…) Per baciarti le labbra Non mi basta la voce Ma ho bisogno che tu ti ricordi di me Che mi canti per strada E mi porti dove la paura non c’è Per baciarti le labbra Non ti basta chiamarmi per nome Tutta la vita o una notte per te Sono solo una canzone” (Latina).

E se la leggerezza non dovesse appagarci fino in fondo? Allora impareremo l’altra faccia delle canzoni, che Brunori Sas descrive magistralmente, dimostrando di saper comprendere il bisogno profondo di chi le ascolta. Così,“tu vuoi canzoni emozionanti Che ti acchiappano alla gola senza tanti complimenti Canzoni come sblerle in faccia per costringerti a pensare Canzoni belle da restarci male Quelle canzoni da cantare a squarciagola Come se cinquemila voci diventassero una sola Canzoni che ti amo ancora anche se è triste, anche se è dura Canzoni contro la paura Canzoni che ti salvano la vita Che ti fanno dire “no, cazzo, non è ancora finita!” Che ti danno la forza di ricominciare Che ti tengono in piedi quando senti di crollare Ma non ti sembra un miracolo Che in mezzo a questo dolore E tutto questo rumore A volte basta una canzone Anche una stupida canzone Solo una stupida canzone A ricordarti chi sei”.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.