giovedì 21 Novembre 2024

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Malika Ayane, la classe al servizio dell’internazionalità in “Quanto dura un’ora” – RECENSIONE

Disponibile dal 7 dicembre il terzo singolo estratto dall’album “Domino”, che segue il lancio dei precedenti “Stracciabudella” e “Sogni tra i capelli”

Ci sono canzoni che non ti entrano in testa subito, ma quando ti arrivano sono impossibili da scacciare. Ne rappresenta un ottimo esempio il nuovo singolo di Malika Ayane, intitolatoQuanto dura un’ora, terso estratto dalla sua ultima fatica discografica “Domino” (qui la nostra recensione), rilasciata lo scorso 21 settembre per Sugar Music. Indubbiamente, si tratta di uno dei brani maggiormente riusciti dell’album, in cui l’artista milanese si cimenta con disimpegno, giocando con l’elettronica per dare sfoggio di tutta la propria raffinatezza vocale. Un pezzo importante, scritto dalla stessa cantautrice e musicato a quattro mani con Alessandra Flora, che segue di pochi mesi il lancio dei precedenti meno immediati Stracciabudella e Sogni tra i capelli.

Il testo analizza lo scorre del tempo, un’attenta riflessione che non spetta soltanto a coloro i quali vivono a stretto contatto con i frenetici meccanismi imposti dall’attuale società, ma che spinge chiunque a razionalizzare l’infinito in un ogni singolo ricordo che resta. Strofe molto intense e pacate analizzano le complicazioni tipiche dell’essere umano, le parole si susseguono e invitano l’ascoltatore a lasciar correre, a non scegliere mai tra il bello ed il giusto, perché “non serve la chiarezza quando già l’equivoco è un successo”, fino ad aprirsi con consapevolezza all’inciso: “niente è più fedele di un ricordo che resta, della nostalgia che appena riesce ti inganna, se davvero il tempo tocca solo chi ha fretta. allora chiedi all’infinito quanto poco gli importa”.

Grande prova di maturità per Malika Ayane, che sfiora per pathos e ritmica i livelli già toccati da “Senza fare sul serio”, arrivando a realizzare uno dei brani più rappresentativi della sua ricerca musicale, un giusto compromesso tra l’eleganza ed il mainstream, strizzando l’occhio alle radio ma senza snaturare la propria eccentrica e ipnotica personalità. In tal senso, “Quanto dura un’ora” incarna l’equilibrio perfetto, la soavità di una straordinaria e indiscussa protagonista della scena discografica italiana, destinata a regalarci altre innumerevoli perle di rara bellezza.

Quanto dura un’ora | Video

Quanto dura un’ora | Testo

La complicità è saper decidere
se complicare tutto
e invece lascia correre
non scegliere tra il bello e il giusto
come se i giorni fossero telai
con pozzi di pensieri in mezzo
se solo sapessi io difendermi
da quello che vorrei
discuterne e rifletterci
che poi non si sa mai
non serve la chiarezza quando già
l’equivoco è un successo

Niente è più fedele di un ricordo che resta
della nostalgia che appena riesce ti inganna
se davvero il tempo tocca solo chi ha fretta
allora chiedi all’infinito quanto poco gli importa
quanto dura un’ora, quanto dura un’ora

Dici che la libertà non è
davvero regalarsi al mondo
perdersi e poi ricredersi
lasciare i desideri attorno
far spegnere un’idea l’attimo prima che
diventi un chiodo fisso
non fosse facile nascondersi
dietro un pigro “non potrei”
far finta di confondersi
tanto poi non si sa mai
non tradire il calore della noia
per un brivido d’incanto

Niente è più fedele di un ricordo che resta
della nostalgia che appena riesce ti inganna
se davvero il tempo tocca solo chi ha fretta
allora chiedi all’infinito quanto poco gli importa
quanto dura un’ora

Niente è più fedele di un ricordo che resta
della nostalgia che appena riesce ti inganna
se davvero il tempo tocca solo chi ha fretta
allora chiedi all’infinito quanto poco gli importa
quanto dura un’ora, quanto dura un’ora

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.