A tu per tu con la talentuosa interprete campana, vincitrice della quinta edizione di The Voice of Italy
Una costante, questo il valore della musica nella vita di Maryam Tancredi (qui la nostra precedente intervista), giovane artista che abbiamo imparato a conoscere nel corso della quinta edizione italiana di The Voice, che l’ha vista protagonista assoluta in qualità di vincitrice. Sin da quando era una bambina il canto ha scandito le sue giornate, accompagnandola per mano, spingendola a partecipare nel 2011 a “Ti lascio una canzone”, noto talent show musicale per le piccole ugole condotto da Antonella Clerici. “Maryam” è il titolo del progetto che segna il suo debutto discografico, contenente tre brani inediti (“Una buona idea”, “Con te dovunque nel mondo” e “Pianeti”) e tre cover (“La cura”, “Killing me softly” e “Ho difeso il mio amore”).
Ciao Maryam, partiamo dal tuo omonimo EP d’esordio, che significato ha per te?
«Un significato molto speciale, perché sino ad ora non avevo mai pubblicato un EP, é un passo importante per me. Sono entusiasta e felice, non vedo l’ora che esca, mi reputo soddisfatta perché questo lavoro mi rappresenta completamente e musicalmente».
All’interno troviamo tre cover e tre inediti, qual è stato il criterio di selezione delle tracce?
«Abbiamo optato per questa scelta perchè gli inediti possono non arrivare subito rispetto alle cover, essendo pezzi già conosciuti e nel cuore delle persone, in piú mettono in mostra i miei modi diversi di interpretare e cantare. Gli inediti sono stati selezionati insieme alla mia casa discografica, mentre per le cover ho scelto i pezzi che più rappresentavano il mio percorso, sia “La cura” che “Ho difeso il mio amore” le ho cantate dal vivo nel corso della mia esperienza a The Voice, mentre “Killing me softly” è legata ai miei ricordi, un pezzo intramontabile che mia madre ha sempre ascoltato; con l’arrangiatore abbiamo deciso di realizzarne una versione completamente diversa rispetto all’originale, stravolgendola e avvicinandola al mio mondo».
Il progetto è prodotto da Nicolò Fragile, com’è stato lavorare con lui?
«Nic è una persona fantastica, ha vestito i brani nel modo in cui volevo io, sono davvero contenta del risultato. Insieme abbiamo fatto l’impossibile per far combaciare le idee della casa discografica con le mie, in questo lui è stato determinante perché ha fatto da collante, unendo punti di vista diversi in modo sensazionale».
“Pianeti” è il titolo del tuo nuovo singolo, scritto da Andrea Amati. Cosa rappresenta per te?
«È un pezzo un po’ diverso rispetto ai precedenti “Con te dovunque al mondo” e “Una buona idea”, abbiamo cercato di far uscire il lato giovane di Maryam, quello un po’ più radiofonico e contemporaneo, sia dal punto di vista sonoro che per quanto riguarda la freschezza del linguaggio».
Che ruolo ha la musica nella tua vita?
«Un ruolo fondamentale, senza non ci saprei stare. Spesso le persone mi dicono “Maryam basta, finiscila”, perchè passo tutto il mio tempo a cantare (ride, ndr). La musica è la certezza della mia vita, l’unica cosa che mi permette di liberarmi dai pensieri, il motore in grado di farmi star bene».
A un anno di distanza dalla tua vittoria a The Voice, quanto è cambiata la tua vita?
«È cambiata principalmente perché mi sono iscritta al conservatorio, tutti i giorni viaggio da Napoli a Salerno, un po’ un trambusto, ma sono sacrifici che sono disposta a fare per perseguire i miei obiettivi. Caratterialmente sono rimasta sempre la stessa, l’esperienza di The Voice mi ha aiutata ad affrontare meglio il palco, oggi mi sento molto più sciolta e sono in grado di coinvolgere maggiormente il pubblico rispetto al passato».
Stai guardando la nuova edizione?
«Assolutamente sì, il target dei concorrenti è completamente differente, lo scorso anno di rapper ce n’erano un paio, quest’anno siamo invasi (sorride, ndr). Di conseguenza, i nuovi coach sono adatti alla tipologia dei ragazzi che si sono presentati alle audizioni. Il livello è buono, anche se diverso rispetto alla mia edizione».
Se avessi partecipato quest’anno, con quale coach ti sarebbe piaciuto lavorare?
«Inizialmente, quando ho saputo i nomi dei coach, ti avrei risposto il nome di Morgan, guardando le puntate sono rimasta molto colpita anche da Guè Pequeno, mi ha stupito in positivo perchè non ha conoscenze soltanto per quanto riguarda la scena hip hop, ma s’intende di musica a 360 gradi. In più è uno dei pochi artisti che facevano rap ancora prima dell’affermazione di questo genere, che ha seguito un’indole e non una moda».
Come valuti il tuo rapporto con i social network?
«Li vivo un po’ come tutti i ragazzi della mia età, tendenzialmente uso molto di più Instagram, mentre Facebook ultimamente lo seguo di meno, è diventato troppo saturo. Diciamo che uso abbastanza i social, ma non mi lascio usare da loro».
Hai più volte affermato che cerchi attraverso la tua voce di combattere il pregiudizio, pensi che la rete contribuisca ad alimentare questo tipo di comportamento?
«La rete è un’arma a doppio taglio, può sia contribuire ad alimentare che a dare buoni esempi, dipende come viene utilizzato questo canale, quali sono i contenuti che vengono immessi in questo grande calderone digitale».
Dal punto di vista discografico, invece, il web ha portato più vantaggi o svantaggi?
«Dipende, per quanto riguarda la scena emergente è una grande opportunità perchè permette di farti conoscere anche se non fai parte di una grossa etichetta, al contrario per gli artisti affermati può non rappresentare un valore aggiunto. Il web aiuta la fruizione della musica attraverso piattaforme come Spotify o TimMusic, anche se ha svalutato l’importanza della copia fisica, il peso oggettivo dell’acquistare un disco e tenerlo tra le mani».
Dove desideri arrivare con la tua voce?
«Di carattere sono una persona molto ambiziosa, appartengo alla scuola di pensiero di chi dice che se ambisci a tanto avrai un quarto di quello che desideri. Tra i miei sogni ci sono Sanremo, l’Eurovision e tante cose bellissime, mi definisco una persona a cui piace volare in alto ma sempre con i piedi per terra».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica?
«Da piccolina mi sono lasciata convincere che nella musica l’aspetto fisico fosse rilevante, per quelli che sono i prototipi dei media. Crescendo ho capito che non è così fondamentale, che le voci si ascoltano e non si vedono. La musica mi ha insegnato che l’essenza è più importante dell’apparenza».
Nico Donvito
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