A tu per tu con il giovane cantautore romano, al suo esordio discografico con l’album “Astronave“
A qualche mese di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Matteo Alieno per parlare del suo debut album “Astronave“, disponibile per Honiro Roockies dal 9 ottobre. Undici tracce che evidenziano la personalità, il carisma e la maturità dell’artista classe ’98, affascinato dalla sperimentazione e da una visione di musica non convenzionale.
Ciao Matteo, bentrovato. Partiamo da “Astronave”, come ci si sente il giorno d’uscita del proprio disco d’esordio?
«Sicuramente è un giorno particolare, più volte lo avevo immaginato in un altro modo. Il disco era pronto già prima del lockdown, quindi pensavo ad una festa, a un bel concerto. Negli ultimi mesi mi ero già abituato all’idea che questo non potesse realizzarsi, di conseguenza non abbiamo organizzato nulla di grande, ho fatto giusto una piccola cena con i miei amici più intimi. Oggi me ne andrò un po’ in giro a spasso, innanzitutto a comprare il disco, perchè sin da piccolo ho sempre desiderato farlo. Per me è un sogno che si realizza».
Il titolo naturalmente gioca sul tuo nome d’arte. Quali sono i membri dell’equipaggio che hanno collaborato alla realizzazione di questo lavoro?
«Tra tutti Tony Pujia, con cui ho prodotto il disco. Poi, il fonico Marco Mattiuzzo dello studio T-Recs, Gianluca Robustelli alle chitarre soliste e chitarre lead, Andrea Geremia alla batteria, Mattia Micalich al basso, Sofia Scotti al pianoforte. Tra i vari musicisti c’è anche il mio amico Davide Amati, chitarrista fenomenale nonché cantautore, in più il bassista Andrea Zanobbi, il trombettista Michael Supnick, il violoncellista Giuseppe Tortora, Alessandro Pastena al flauto traverso e tanti altri ancora. Sono molto orgoglioso di questo equipaggio, parliamo di grandi professionisti».
Undici le tappe di questo viaggio, tra cui spicca il nuovo singolo “La paura”, un brano che tocca particolarmente le corde dell’anima. Quanto hai dovuto scavare in profondità, a mani nude, per arrivare a scrivere questo pezzo?
«E’ stato complesso, non tanto scriverlo… perché il testo è venuto fuori in dieci minuti, di getto. Mi piace chiamarlo “il lavoro pre-scrittura”, ovvero la vita in un certo senso. In tal senso, questo brano arriva dopo una fase piuttosto complicata, un momento in cui mi sono sentito completamente perso nel vuoto. Concluso il liceo mi sono ritrovato a firmare il contratto con Honiro e, per un periodo, a stare fermo. Da una parte avrei voluto uscire immediatamente con un mio progetto, ma per motivi prettamente discografici ho dovuto aspettare. Mi sono ritrovato in un tempo completamente diluito, come se fosse un mio personale lockdown. Non sapevo cosa fare e dove andare, proprio per questo motivo ho scelto “La paura” come singolo di accompagnamento dell’album, perchè in questo momento un po’ tutti viviamo questa specie di smarrimento. La considero una sorta di chiusura di un cerchio».
Per concludere, alla luce di questo delicato momento, quali riflessioni e quali sensazioni ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà questo tuo biglietto da visita discografico?
«Principalmente spero di riuscire a trasmettere il mio amore per la musica, questo per me è davvero fondamentale. Quando capita di ricevere dei feedback oppure quando mi mandano delle cover delle mie canzoni, io mi sento davvero felice, una sensazione che non avevamo mai provato prima e che non riesco nemmeno a descrivere. Questo per me è il vero risultato, trovo piuttosto sterile considerare soltanto i numeri e le views, non è quella la vera condivisione. La musica si fa insieme, il pubblico deve essere parte attiva, suonare e cantare è la cosa più bella del mondo».
Nico Donvito
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