Recensione del secondo album d’inediti della giovane cantante
Molto più di un film è un album che cerca un’importante evoluzione. Un’evoluzione che, però, ha tutto il sapore di andare nella direzione sbagliata, nell’unica davvero vietata: l’omologazione a quanto il pop già da qualche tempo propone. Se l’obiettivo era, e rimane, la ricerca di uno spazio proprio la scelta di adattarsi ai diktat e alle mode altrui non può che rendere il tutto più difficile e impraticabile.
A salvarsi da tutto questa ricerca esasperata e infruttuosa di modernità sono soltanto Dove sei e la conclusiva, ed in parte già nota, Tutto quello che ho. Se nella prima la tendenza al ricorso dei sintetizzatori è comunque presente, nella seconda si concretizza l’unico richiamo al passato mondo sonoro con la voce che risuona profondamente diversa rispetto a tutti gli altri episodi questo lavoro. L’apertura intima, intensa e così tremendamente vera rende giustizia alla vera dimensione musicale di Federica: quella più melodicamente trattenuta ed emozionale per consentire il racconto di ciò che ella davvero vive.
Le altre 8 tracce viaggiano su binari già noti e sufficientemente prevedibili ad eccezione della (potenzialmente) sanremese Sull’orlo di una crisi d’amore che vede i La Rua avvicinarsi al mondo musicale della giovane ragazza romana più di quanto lei faccia verso il funk proprio della band marchigiana. L’istrionica scrittura di Daniele sceglie una via più immediata adagiandosi su di una melodia contemporanea di Dario Faini e creando un interessante brano che, anche se non immediato, arriva a coinvolgere l’ascoltatore anche grazie alla riuscita fusione contrastante tra la voce rocciosa, solida e mascolina del leader della band e quella più soave della più giovane interprete.
Tutto il resto dell’album viaggia senza troppi lumi in un territorio già ampiamente battuto da tante altre voci che non vi hanno lasciato più alcun tesoro da scoprire. Ed è così che si passa dall’eterna storia d’amore di Tra noi è infinita, vista dallo spazio perchè anche se “noi non siamo astronauti è come se lo fossimo”, alla ultra-sintetica Due in questa stanza, in cui “non hai più niente da dire” se non che “sono felice in superficie”. La passione di una storia d’amore in cui “penso sempre agli altri e mai a me stessa” è la protagonista della dualistica Il sole a mezzanotte in cui una black ballad trova nella continua ripetizione del ritornello l’unica appropriata soluzione testuale. Più delicate e potenzialmente promettenti La mia verità e Quanta vita serve si rivelano come fossero degli ibridi non pienamente compiuti: se nella prima la ricetta risulta non esattamente centrata nelle proporzioni degli ingredienti, nella seconda tutto suona più misurata e la voce si fa finalmente intensa non riuscendo, però, a creare la suggestione magica che una versione più acustica e tradizionalmente suonata avrebbe potuto evocare.
MIGLIOR TRACCIA: Tutto quello che ho
VOTO COMPLESSIVO: 6.8/10
Ilario Luisetto
Ultimi post di Ilario Luisetto (vedi tutti)
- Sanremo 2021, la classifica definitiva dopo le prime due serate - Marzo 4, 2021
- Sanremo 2021, la classifica della seconda serata - Marzo 4, 2021
- Sanremo 2021, le pagelle della seconda serata - Marzo 3, 2021
- Tutti gli ospiti della seconda serata del Festival di Sanremo 2021 - Marzo 3, 2021
- Folcast: “La mia canzone è per me e per gli altri” – Conferenza stampa - Marzo 3, 2021