Mostro: “L’originalità è essere se stessi” – INTERVISTA

A tu per tu con Mostro per parlare del suo nuovo album “Metallo e carne”, fuori per Epic Records / Sony Music dal 2 maggio. La nostra intervista all’artista romano
A due anni di distanza dall’ultimo capitolo della saga “The Illest” e a un anno dal singolo “Andare via” con Shari, Mostro è tornato con un nuovo progetto che segna un punto di svolta nel suo percorso artistico. Il 2 maggio è uscito “Metallo e carne” (Epic Records / Sony Music Italy), un album composto da tredici tracce che raccontano un viaggio interiore profondo, viscerale e senza filtri.
Prodotto principalmente da Yoshimitsu e Nick Sick, con la partecipazione di Mixer T per il brano “Nodo in gola”, questo lavoro fonde materia fisica e spirituale, corpo e coscienza, in un racconto lucido e sofferto, dove ogni canzone diventa uno specchio dell’anima.
Abbiamo incontrato Mostro poco prima dell’uscita del disco per parlare di dolore, verità, creatività e identità, in un’intervista che, proprio come il suo album, non cerca risposte facili, ma attraversa con coraggio i quesiti più scomodi.
Mostro presenta il disco “Metallo e carne”, l’intervista
Com’è nato il processo creativo dietro queste tredici nuove canzoni?
«Tutto nasce fondamentalmente da una sensazione, una spinta interiore che cercavo di combattere. Sentivo come un’energia che mi richiamava dentro me stesso, come se avessi qualcosa di irrisolto da cui stavo scappando. Dopo il tour, ho avvertito un vuoto, come se la realtà attorno a me avesse smesso di darmi stimoli. Così ho iniziato a guardarmi dentro e a lasciarmi andare alle sensazioni. Il processo creativo è nato quasi da una domanda: “Cosa succede se mi lascio precipitare dentro me stesso?”. E da lì ho deciso di raccontare quello che vedevo».
E una volta chiuso il disco, che risposta ti sei dato a quella domanda?
«Che non ho ancora raggiunto una destinazione. Questo disco non è un punto d’arrivo, io sono l’astronave. Vorrei che chi ascolta questo lavoro si lasciasse andare anche lui. Ho scoperto quanto la creatività sia fondamentale per me. È stato importante anche proteggere quel sentire, non facendo ascoltare il disco a molte persone, per non avere influenze esterne».
A livello sonoro, che tipo di lavoro c’è stato in studio per supportare questa profondità?
«È stato un vero concept album. Prima ancora di scrivere rime o melodie, abbiamo riflettuto su che tipo di sound dovesse avere: volevamo qualcosa di uniforme ma che accompagnasse la narrazione. Il suono doveva essere tecnologico, moderno, coerente con i temi del disco. I produttori hanno capito subito la mia visione e tutto è proseguito in modo naturale, eravamo sincronizzati per creare proprio quel tipo di musica.»
Il titolo “Metallo e carne” è molto evocativo: come sei arrivato a sceglierlo? Hai avuto altri titoli in mente?
«Sì, c’erano altre proposte ma non mi convincevano al 100%. Poi, leggendo un libro, ho trovato una poesia con queste parole. Le ho unite e ho pensato: “Metallo e carne, wow!”. Racchiude perfettamente quello che volevo raccontare: il corpo che si fa astronave e viaggia nello spazio della coscienza».
Hai citato lo spazio… ti piace la fantascienza?
«Sì, moltissimo. Mi piace tutto ciò che non è realtà concreta, tutto ciò che mi spinge a farmi domande e a immaginare che ci sia qualcosa in più. Per questo ho guardato più al cielo che alla terra».
Il disco è stato anticipato dal singolo “Questo buio”, che dà voce alle cadute e alle sconfitte. Quanto è importante per te dare spazio a ciò che solitamente si nasconde?
«È fondamentale. Non sono mai scappato dalle mie difficoltà, anzi, il mio processo creativo nasce proprio lì. Non so raccontare una cena tra amici, ma so raccontare il casino che resta dopo. Ho sempre attinto dall’oscurità, perché mi ispira di più. E credo sia anche importante per crescere, soprattutto oggi, in un’epoca dove tutti fingiamo che vada tutto bene».
La musica può avere un potere terapeutico, sia per chi la scrive che per chi la ascolta. Quanto è importante oggi?
«È il motivo per cui faccio musica. Mi fa stare bene. Anche l’ascolto, non solo la scrittura. La mia musica è molto intima, e sapere che può aiutare qualcuno è bellissimo. Se posso ispirare qualcuno a creare, a stare meglio, è tutto quello che voglio».
La vulnerabilità in “Metallo e carne” diventa quasi un valore aggiunto oggi. Quanto è difficile scavare a fondo per scrivere certi testi? E c’è un brano in particolare che ti ha messo più alla prova?
«È difficile tanto quanto necessario. Sono una persona ossessiva, cerco senso in tutto, quindi anche se mi spaventa mi ci butto dentro. Solo attraversando certe cose puoi raccontarle davvero. Il brano più intimo è “Icaro”, l’outro del disco. Non è stato facile scriverlo, ma è quello che più tocca i temi di cui stiamo parlando».
Accettarsi è un percorso difficile. Questo disco ha anche un lato motivazionale. Ti chiedo una cosa un po’ fuori dalle righe: Michael Pirozzi ha ascoltato il disco? E, più seriamente, ti confronti spesso con tuo fratello Edoardo Ferrari, che fa il comico?
«Sì (ride, ndr), ci confrontiamo spesso. Sembra che musica e comicità siano mondi lontani, ma non è così: entrambi lavoriamo con la scrittura. Abbiamo termini in comune, tipo le punchline. Lui deve far ridere, io devo emozionare, ma la struttura è simile. Parliamo spesso di ispirazioni, idee, dubbi. È un grande vantaggio capirsi».
Sia la musica che la comicità sono intrattenimento, ma spesso fanno riflettere. In questo disco si percepisce una forte urgenza di autenticità. Cosa significa per te essere real, oggi? E quanto fake vedi in giro?
«Vengo dal rap, un ambiente dove la personalità conta più del talento. Se sei fake, prima o poi si vede. Puoi anche fingere per qualche anno, ma la maschera cade. Essere originali per me significa essere sé stessi. Se ho avuto una giornata di merda, racconto quella, non invento di essere felice e ricco. È la base del rap, almeno per come lo vedo io».
Per concludere: c’è una lezione importante che hai imparato dalla musica e che porti con te?
«Sì, che tutto si può trasformare. Finché hai una visione creativa della tua vita, anche le cose più brutte possono diventare musica. Ed è la cosa più incredibile che ho imparato da questo mestiere».