Intervista al cantautore bolognese per il nuovo brano ed il suo futuro
E’ tornato a far parlare di sè ma, sopratutto, a far suonare la propria musica Nicolas Bonazzi, cantautore bolognese che da qualche settimana ha deliziato il pubblico con “Già settembre” (di cui qui la nostra recensione), un brano prodotto da Filippo Francesconi pensato appositamente per l’abbandonarsi alle spalle la stagione estiva e guardare, forse un po’ sconsolati, all’autunno che torna con la vita di tutti i giorni e per il volersi ritagliare uno spazio nuovo all’interno del nuovo modo di fruire la musica oggi. Abbiamo raggiunto Nicolas e, dopo qualche mese dalla nostra ultima chiacchierata insieme, ci siamo fatti raccontare qualche nuovo dettaglio del suo percorso artistico che presto si arricchirà di nuovo materiale inedito.
Allora Nicolas, come stai?
<<Ciao ragazzi! Tutto molto bene, sempre indaffarato tra le tante cose da fare ma è un momento estremamente ricco e felice>>.
Partiamo da “Già settembre” che, da quel che mi raccontavi in altra sede, è una canzone un po’ particolare per te e per il tuo percorso musicale. Qual è il suo scopo ed il suo valore?
<<Non è un vero un proprio singolo anche se di fatto, poi, lo è. E’ un brano che, però, non è stato inviato alle radio e che ha l’obiettivo di fotografare un momento molto preciso: il passaggio dalla fase dell’estate a quella di quando si torna in ufficio. Ci si trova a dover pensare a come nemmeno una settimana prima si fosse tutti rilassati in vacanza e poi, all’improvviso, ci si ritrovi circondati da facce desolate e depresse per il ritorno alla vita di tutti i giorni. Mi piace sempre cercare un’angolazione ed una prospettiva diversa quando scrivo per raccontare un qualcosa che poi, inevitabilmente, comporta un richiamo della situazione amorosa perchè i sentimenti sono sempre pervasivi rispetto alle stagioni. Ogni momento dell’esistenza per me meriterebbe una canzone: mi piacerebbe, se avessi tempo e fossi abbastanza ispirato, poter scrivere un numero tale di canzoni da poterne avere una per ogni momento o ogni emozione. ‘Già settembre’ oltre a seguire questo filone di pensiero è anche legato alla logica di Spotify e quindi cerca di seguire quel senso di playlist che oggi piacciono e funzionano tanto nella musica>>.
Obiettivo raggiunto quindi per quanto riguarda la visibilità sui mezzi di diffusione e fruizione musicale?
<<Si, sono particolarmente soddisfatto perchè da solo, senza nessun tipo di mano che ti aiuta e ti spinge, il pezzo si è fatto strada sull’ambiente di Spotify dove è stato inserito in diverse playlist. Sono contento pur consapevole del fatto che è una canzone che rimane legato e fermo ad un determinato momento stagionale. Nel frattempo mi preparo alle nuove cose che arriveranno a breve>>.
Mi accennavi anche al fatto che il singolo vero e proprio arriverà prossimamente e ti proporrà in una veste altrettanto diversa e rivoluzionaria rispetto al tuo percorso. Puoi anticiparci qualcosa?
<<Non posso dire gran che perchè devo ancora capire bene come ci muoveremo da adesso in poi anche se il singolo e tante altre cose esistono già e sono sicuramente sviluppate e curate in modo nuovo rispetto al passato. Sono molto gasato per questo progetto che sto curando! Credo di essere in fase di esplorazione di sonorità e ambienti musicali nuovi che derivano anche da un team di lavoro nuovo che mi sta aiutando a proporre delle cose nuove e a rivedere il mio mood classico sotto la luce di un sound attinente a questo momento che, nel bene o nel male, va tenuto in considerazione se si vuole fare musica per un pubblico. Il che non vuol dire che mi sto buttando nel reggaeton (ride)>>.
Diciamo, dunque, che stai alzando piuttosto l’hype così dicendo…
<<Vi stupirò! Non sono comunque nuovo a questi esperimenti: l’anno successivo a ‘Dirsi che è normale’ mi proposi con un pezzo completamente diverso come ‘Ho perso la personalità’ che per me era totalmente in linea con il mio modo di essere. Ho sempre scritto molte canzoni lente e romantiche che sono quelle che, in genere, mi vengono più naturalmente ma ogni tanto anche io sperimento con qualcosa fuori dalle righe>>.
Ti vergogni ancora appena dopo aver fatto l’amore?
<<Si… Andiamo proprio a pescare indietro qui. Comunque io credo che tutti ci vergogniamo in quel momento e credo che quella manciata di secondi di sano imbarazzo siano davvero essenziali e comuni. Se l’amore si fa bene, in quel momento si dà veramente tanto di sè e ci si scopre veramente mettendosi a nudo non solo fisicamente ma anche con l’anima. Rientrare nella “dimensione reale” dopo aver fatto l’amore produce sempre un piccolo momento d’imbarazzo perchè ci si rende conto di essersi mostrati per quelli che davvero si è. E’ un qualcosa che secondo me esiste, è sana e anche divertente>>.
Battute a parte, questo era un modo per andare a ricordare una canzone per te importante. Sono quasi passati 10 anni da quando il pubblico ti ha conosciuto per la prima volta sul palco del Festival di Sanremo con “Dirsi che è normale”. Anzi, forse, proprio in questo periodo avrai scritto il pezzo. Ti ricordi il momento esatto in cui è nata quella canzone?
<<Non me lo dire, mi sento male (ride). In realtà, però, ti posso svelare che ‘Dirsi che normale’ è stata scritta e registrata esattamente per come la senti nel novembre del 2004 e quindi ben prima di arrivare a Sanremo nel febbraio 2010>>.
Non so se ti è mai capitato ma ci sono degli artisti che, a volte, litigano con le proprie canzoni più popolari sviluppando un rapporto di odio-amore determinato dal fatto che avere sulle spalle il peso di un brano così tanto amato dal pubblico può essere ingombrante…
<<Nel mio piccolo non ho mai vissuto male il successo di ‘Dirsi che è normale’ che, anzi, è un pezzo che amo e che mi piace molto cantare anche se è una canzone difficilissima perchè non c’è molto spazio per respirare a causa di questa catena continua di parole. E’ un pezzo che mi da ancora tantissime soddisfazioni quando qualcuno mi manda un tatuaggio con qualche verso o mi si chiede di fare qualche sorpresa ai matrimoni di chi, magari, si è conosciuto proprio sulle note di quella canzone>>
Hai iniziato a fare qualche piccolo bilancio vista la cifra tonda ormai? Che cos’ha ancora di immutato il Nicolas di oggi rispetto a quel Nicolas di dieci anni fa e che cosa, invece, è notevolmente diverso artisticamente?
<<Sicuramente c’è tanta consapevolezza in più rispetto ad allora il che può essere sia un bene che un male nel senso che in questi anni ho conosciuto, diversamente da allora, l’industria, l’ambiente e le dinamiche della discografia. Adesso ho un approccio artisticamente più consapevole dell’ambiente e non lo dico in senso positivo: purtroppo anch’io devo lottare per cercare di non cadere preda di quelle considerazioni più commerciali e delle formule che magari possono funzionare dal punto di vista del marketing ma meno da quello dell’arte. Non è cambiata la voglia di raccontare, di sperimentare o, più generalmente, di fare musica>>.
Ed umanamente invece?
<<Si dice che nel giro di sei mesi tutte le cellule del corpo vengono sostituite per cui, in appena sei mesi, ognuno di noi è totalmente, e anche involontariamente, diverso>>.
Mi hai fregato buttandola sulla biologia…
<<Eh, perchè non so rispondere a questo genere di domande (ride)!>>.
Ilario Luisetto
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