A tu per tu con il giovane rapper milanese classe ’97, in uscita con il suo primo EP intitolato “Erba nei jeans“
Funziona sin dal primo ascolto la bella musica proposta da Jari Melia, alias Not Good, che ha da poco pubblicato il suo primo lavoro in studio “Erba nei jeans“, disponibile a partire dallo scorso 14 maggio per Epic/Sony Music Italy. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Jari, benvenuto. Partiamo da “Erba nei jeans”, quali riflessioni e quali stati d’animo hai voluto includere in questo tuo biglietto da visita discografico?
«E’ un lavoro abbastanza trasversale, che tocca temi piuttosto vari, nonostante il numero delle tracce in scaletta. C’è un lato molto introspettivo, ma non solo. L’obiettivo era quello di propormi in più vesti, in maniera appunto trasversale, per far sì che ognuno possa trarre le proprie conclusioni, che poi alla fine è la cosa più appagante, perchè permette di farti conoscere con diverse chiavi di lettura. Questo EP nasce dal bisogno di mostrare la mia versatilità».
L’ho trovato un disco molto coerente nei suoni e nei contenuti, si sente che c’è molta ricerca nelle strumentali e in generale parecchio lavoro dietro. Come si è svolto il processo creativo?
«Ancora prima del lavoro in studio, c’è stato tanto processo di scrittura. Ho scritto davvero tanto per questo progetto, calcola circa una trentina di brani negli ultimi due anni. Il valore aggiunto di questo EP è che sono riuscito ad inserire, spero in maniera credibile, sia un pezzo come “Killer” che una traccia come “Erba nei jeans”. Questa è decisamente la cosa che mi appaga di più».
Nel tuo stile rivedo alcune sfumature del passato, oltre che una netta matrice contemporanea. Pensi che la tua musica possa essere una sorta di anello di congiunzione tra l’old school e la new school?
«Me lo auguro, arrivati a questo punto (sorride, ndr), dirlo io potrebbe sembrare abbastanza pretenzioso, soprattutto al mio primo lavoro. Sai, non è per niente facile accontentare sempre tutti, ma sarebbe bello riuscire ad unire i gusti di un sedicenne con quelli di un trentenne o un quarantenne. La cosa più importante per me è aver tirato fuori un progetto che possa risultare credibile e omogeneo, dimostrare di non essere qui perchè il rap è un trend del momento e mi sono svegliato una mattina con in testa un bel ritornello, ma che studio e lavoro la mia musica da tanto tempo».
Nico Donvito
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