A tu per tu con il cantautore milanese, in occasione della presentazione dei suoi nuovi progetti
Tempo di nuova musica per Luigi De Crescenzo, in arte Pacifico, tra gli autori più stimati e prolifici dello scenario italiano. Reduce dalla partecipazione al Festival di Sanremo in trio con Ornella Vanoni e Bungaro con “Imparare ad amarsi“, l’artista ha recentemente pubblicato due nuovi singoli, “Sarà come abbracciarsi“ lo scorso giugno e “Molecole“, in radio dal 26 ottobre. Nei prossimi giorni il cantautore sarà protagonista di quattro date evento che lo riporteranno ad esibirsi dal vivo, si parte dal Teatro San Francesco di Alessandria, per poi proseguire il 10 dicembre al Campo Teatrale di Milano, l’11 dicembre al Teatro Bloser di Genova e il 15 dicembre alla Rocca di Borgonovo Val Tidone in provincia di Piacenza. Info e biglietti disponibili su vivaticket.it
Ciao Gino, parlaci di questo nuovo progetto intitolato “ElectroPO“
«Avevo voglia di tornare a suonare e di uscire dal ruolo di autore, l’idea è stata quella di realizzare dei concerti arricchendoli di un EP che uscirà solo in versione fisica, contenente quattro inediti, una piccola anticipazione del disco vero e proprio che sarà pubblicato nel 2019. Era un modo per battezzare questa annata, per conservare una testimonianza tangibile».
Cosa dobbiamo aspettarci da queste date e quanto conta per te la dimensione live?
«In questi spettacoli suoneremo in trio: con Mirco Mariani e Alfredo Nuti abbiamo messo insieme le canzoni che prediligo del mio repertorio, in più ci sono questi nuovi brani e non mancheranno alcune incursioni teatrali, un mondo che cerco sempre di portare con me sul palco. Ci tengo a dirlo, mi hanno regalato una chitarra del chitarrista di Bruno Martino e sto cercando di imparare per bene “Estate” per tornare a fargliela suonare, quando chiudo gli occhi penso a che serate ha vissuto quello strumento e mi lascio travolgere dall’atmosfera».
Ho notato due scelte un po’ in controtendenza rispetto ai tempi: non realizzare una versione digitale dell’EP e non cavalcare l’onda dell’esposizione sanremese uscendo con questo progetto, di fatto, a distanza di parecchi mesi dalla tua partecipazione. Come mai?
«In realtà è venuto tutto per caso, non ho nessuna preclusione per quanto riguarda il digitale, tant’è che i primi due singoli sono disponibili sulle varie piattaforme. Il giorno in cui abbiamo affrontato questo tema con il mio team di lavoro, c’è stata una sorta di spartiacque generazionale, alla fine abbiamo optato per la versione fisica, un atto di generosità nei confronti di questi pezzi e, forse, anche fuori tempo. Su Sanremo, invece, non abbiano lavorato di progettualità, avevo questi brani pronti da tempo, ma nella mia musica non c’è nulla di calcolato, un po’ perchè sono molto puntiglioso, un po’ perchè preferisco fare le cose con calma. Mi piacerebbe essere capace di mettere in piedi una strategia più puntuale, ma mi rendo conto di perdermi spesso nei meandri dei diversi progetti in cui vengo coinvolto».
Da diverso tempo vivi a Parigi, l’atmosfera romantica e senza tempo ha in qualche modo influito sul tuo stile di scrittura?
«Guarda, in realtà sono arrivato a Parigi in età matura e in più, negli ultimi anni, è diventata una città molto dura, ma che ha sempre reagito. Nel brano “A casa” racconto proprio questo, una madre col suo bambino che per diverso tempo ho osservato portando mio figlio all’asilo, li seguivo e vedevo che entravano in uno stabile fatiscente, mi sono immaginato la loro vita all’interno, ordinaria similmente a quella di un’abitazione più confortevole. Non voglio dire di aver vissuto maggiormente la bruttezza, ma più che il romanticismo respiro un’aria da combattimento, perchè ci vivo e vedo le cose in maniera diversa, forse meno disincantata».
Come vedi il nostro Paese visto da fuori?
«Un po’ come si vedono le cose da lontano, paradossalmente hai più motivi di attaccamento quando non vivi dal di dentro le cose, da fuori un po’ di distacco c’è, anche se adesso abbiamo la percezione che la tecnologia ci permetta di essere sempre connessi a qualsiasi altra parte del mondo. Vivere in un altro Paese ti fa rendere conto che le incongruenze ci sono ovunque, in generale cerco di resistere alla tentazione di dire la mia su tante cose, perché mi rendo conto che si tratta di sensazioni, senza avere la reale conoscenza di una determinata situazione, sarebbe come aggiungere ulteriore confusione».
Lo scorso febbraio sei stato protagonista al Festival di Sanremo in triplice presenza, c’è una possibilità di riaverti anche il prossimo anno sia come artista che come autore?
«Possibilità sì, perchè continuo a scrivere tanto per altri, ma onestamente non so se alcuni dei progetti nei quali sono coinvolto arriveranno a Sanremo, ad oggi è una cosa che non so ancora, ci sono artisti che credo si presenteranno ma non so se lo faranno con un brano a cui ho partecipato io».
Progetti futuri e, se c’è spazio, hai ancora qualche sogno nel cassetto?
«Ne ho tanti, mi piacerebbe collaborare anche con artisti francesi, continuare a scrivere per il teatro, ampliare i miei orizzonti musicali e non solo. Tra i progetti imminenti, naturalmente, l’uscita dell’album che arriverà nei primi mesi del prossimo anno, a cui seguirà una lunga tournée. Il mio sogno più grande è quello di continuare sempre a divertirmi nel portare avanti, spero al meglio, la mia musica».
Nico Donvito
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