Intervista all’autore di tante hit da classifica
Nella settimana che noi di ‘Recensiamo Musica’ abbiamo scelto di dedicare al mondo autorale italiano dei nostri giorni oggi pubblichiamo una nuova chiacchierata con Edwyn Roberts, un artigiano delle canzoni che tanti successi ci ha regalato negli ultimi anni fino alla sua recentissima vittoria nell’ultimo Festival di Sanremo dove era co-autore della ‘Fai rumore‘ di Diodato. Attraverso la sua creatività sono passati, negli anni, le voci di interpreti come Laura Pausini, Malika Ayane, Arisa, Chiara Galiazzo, Paola Turci, Elodie, Francesco Renga e tanti altri…
In attesa di vederlo alle prese con un’iniziativa del tutto speciale che sveleremo il prossimo lunedì e che, oltre a lui, coinvolgerà altri suoi colleghi in un gioco divertente che abbiamo ideato vi lasciamo con questo veloce scambio di battute:
Allora Edwyn, partiamo dal nostro ultimo incontro (qui) avvenuto nel mentre della gara dell’ultimo Festival di Sanremo il cui finale, per te, è stato ancora più positivo…
<<Si, inaspettatamente positivo>>.
Non te lo aspettavi?
<<Mah è sempre difficile aspettarsi proprio la vittoria. Però devo dire che ho sempre avuto delle buonissime sensazioni a riguardo di ‘Fai rumore’ già prima che iniziasse la gara. In quella settimana del Festival, poi, è sempre difficile rimanere lucidi perchè si viene influenzati da tantissime cose e ci si ritrova in una bolla. Prima di andare a Sanremo, però, ero sicuro di propormi con una canzone forte ed un interprete fortissimo. Nel post Festival ho capito che molta gente aveva bisogno di sentire quel rumore che sicuramente non era nei progetti miei e di Diodaoto il pensiero di riuscire a far immedesimare così tante persone in quella canzone. E’ stata tutta una bella sorpresa>>.
Passo per un momento al presente e ne approfitto per farti una domanda che volutamente sto proponendo ai tuoi colleghi che hanno aderito a questa ‘settimana autorale’ qui nei nostri spazi. Il tuo, il vostro è un lavoro che probabilmente richiede di vivere prima di scrivere le canzoni: ecco, come stai vivendo questa situazione particolare della quarantena forzata e come si riversa tutto ciò nel tuo lavoro?
<<C’è sicuramente il limite sociale di avere la possibilità di stare umanamente e fisicamente vicino alle persone anche per lavorare. Sono dell’idea che per scrivere insieme ci si debba sentire ed essere uno affianco all’altro. Il fatto di parlare anche attraverso uno schermo influisce ed impedisce di sviluppare quelle situazioni tipicamente fisiche tra le persone come le sensazioni od il feeling. Però, devo anche dire, che ho scoperto che sto scrivendo cose che in un’altra situazione non avrei potuto scrivere e che si stanno rivelando totalmente opposte allo stato di sospensione e di paura che tutti stiamo vivendo: è come se con la creatività andassi a controbilanciare lo stato d’animo del mio presente>>.
Quindi ti stai confrontando con produzioni ‘allegre’?
<<Esatto, forse perchè la leggerezza è quello di cui ho bisogno in questo momento. La struggenza ce l’ho sempre avuta di base e quella non mi abbandona mai ma, forse, ora è meglio se la metto per un attimo a tacere>>.
Per puro caso oggi ho fatto partire una playlist e vi ho trovato ‘Mattia’, un tuo brano di qualche anno fa lanciato da ‘Amici’. Il pubblico che oggi ti segue sei riuscito a capire se sia lo stesso che ti segue da allora oppure se è formato da persone che hai preso per mano dopo?
<<E’ una bella domanda questa! Io credo che sicuramente sia rimasta qualcuna di quelle persone che si sono affezionate a me grazie alla parentesi di ‘Amici’ e questo è meraviglioso e non mi ci voglio abituare mai perchè son passati tanti anni ed il fatto che ci siano ancora è una cosa davvero grande. Credo anche, però, di essermi costruito col tempo una fetta di persone che mi seguono che si sono affezionati ai miei nuovi lavori di autori. Mi piace pensare che, a poco a poco, in maniera molto naturale le persone inizino a volermi bene senza sentirsi indottrinate, in qualche modo, da meccanismi paralleli. Insomma, se mi vuoi sono qui altrimenti non importa. Mi piace pensare che chi c’è ci sia davvero con il cuore>>.
Il pop ha avuto un’evoluzione rapidissima negli ultimi anni e, dunque, ti chiedo se ti sei chiesto come spiegare la vittoria Diodato a Sanremo dopo il Festival di Mahmood che sembrava aver spalancato definitivamente le porte a una rivoluzione musicale anche nel tempio della conservazione artistica per antonomasia come il Teatro Ariston?
<<Questo spiega anche, come dicevo prima, quanto fosse inaspettata la vittoria finale. Io e tanti altri autori siamo coscienti che la musica si evolve di continuo ed il nostro lavoro consiste anche nello stare al passo e nel lasciarsi stimolare dalla voglia di avere per primo un’idea innovativa. Mahmood è stato uno che ce l’ha fatta in questo senso riuscendo a creare una nuova corrente. Il fatto che abbia vinto ‘Fai rumore’ credo che abbia scombussolato un po’ di cose e sicuramente porta un valore con sè>>.
A che valore fai riferimento?
<<Fin da piccolo ho sempre cercato di difendere il mio bagaglio musicale e la mia sensibilità credendo fortemente nella missione che ogni artista, cantante o autore che sia, porta con sè. Non nego che l’importanza della melodia, dell’armonia e dell’emotività è un qualcosa che non sono mai riuscito a togliermi di dosso e che non voglio togliermi. Mi rende orgoglioso aver vinto il Festival insieme ad Antonio senza scendere a compromessi, senza snaturarci in nulla o aver rinunciato a qualcosa in cui abbiamo sempre creduto>>.
Ricavi un consiglio, per te e per gli altri, da tutto questo?
<<Si, quello di non perdere mai il fuoco, di dare credito e fede a quello che noi siamo e a quello in cui crediamo. Alla fine i risultati e le piccole soddisfazioni, che in questo caso sono grandissime, arrivano>>.
Credi che l’attualità, e soprattutto il futuro, della musica vada anche nel senso di questo ritorno alla tradizione?
<<Non lo so, è sempre difficile tracciare delle linee guida in prospettiva futura. Però vedo che la gente forse ha bisogno di emozione, di melodia e, soprattutto, di cantare>>.
Cosa intendi per cantare?
<<Penso a quelle persone di 50/60 che hanno nella propria natura un po’ di quella malinconia che la vita ti porta ad accumulare con il bisogno di sentirsi giovani. Credo che le canzoni come ‘Fai rumore’ in questi casi possano riportare, per paradosso, ad uno stato più infantile di quanto potrebbe fare un brano urban che gasa i ragazzi delle nuove generazioni. Penso, però, che esistano entrambe le cose perchè così tutti abbiamo la possibilità di immedesimarci in quello che più ci gratifica nel cuore>>.
Ilario Luisetto
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