lunedì 25 Novembre 2024

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Per un tema una canzone: l’esigenza di non sentirsi soli in “Guarda le luci di questa città” dei Modà

Affrontiamo un tema collegandoci ad una canzone

La nuovissima canzone dei Modà è una descrizione del rapporto che ogni singolo individuo ha con tutto ciò che lo circonda. Nello specifico si parla di quel filo sentimentale che ci lega a quei luoghi particolari che ci hanno visto crescere, cambiare, sbagliare, maturare, provare e riprovare.

Si tratta, quindi, di quelle vie di città che, nel loro essere deserte o nel loro essere affollate ci hanno visto camminare ricchi di sogni e con poche speranza, ad un metro dai sogni e distanti anni luce. Siamo legati a certi posti e ai loro cambiamenti perché noi stessi siamo i primi ad averli vissuti sulla nostra pelle. Proprio per questo motivo Guarda le luci di questa città risulta un brano molto originale.

La dedica dei versi non è indirizzata ad una persona, ma ad una città che non ci ha mai rivolto mezza parola ma ha allo stesso tempo custodito tutto quello che ha visto di noi “sembra quasi puoi parlarci ma non ti risponderà”; come se fosse un libro contenente la nostra storia espressa senza il bisogno di parole, ma con una serie di immagini di luoghi in cui abbiamo vissuto la nostra storia, prima di scriverla su dei fogli.

Pensate bene in primo luogo a quanti paesaggi associate vari periodi della vostra vita e con quanti angoli di mondo avete condiviso sentimenti. Adesso che i parallelismi tra individuo e realtà esterna sono chiari considerate solo quel luogo che più di tutti vi rappresenta nelle caratteristiche più profonde.

Nel caso in esame della canzone dei Modà (di cui qui l’ultima conferenza stampa) parliamo di una città, alter ego urbanistico della vita di una persona “ho attraversato il cuore e le sue vie, tra le stagioni e le malinconie, tra quei negozi che cambiano nome e le periferie”. La città come la persona che la vive è soggetta ai mutamenti creati dallo scorrere del tempo.

Tuttavia l’impatto degli eventi che la coinvolgono la rendono sempre alla moda, perfettamente in linea con le innovazioni della modernità nella sua continua capacità di vestirsi nel modo più adatto ad ogni stagione; cosa che non vale per l’essere umano che non può decidere quando invecchiare “guarda le luci di questa città, che va al contrario in termini di età, più passa il tempo e sembra meno vecchia di 100 anni fa”.

Ci sono momenti, tuttavia, in cui il nostro lato emotivo sembra essere in linea con le sue atmosfere, i suoi rumori, i suoi tempi. È come se tra noi e la città ci fosse una sorta di immedesimazione così forte da percepire di essere in grado di comunicare con lei, farsi ascoltare e comprendere. Nel bene e nel male i suoi colori sono i nostri. Accesi e vibranti quando siamo felici; spogli e senza nulla da raccontare nei momenti di tristezza.

In ogni caso la città che da secoli osserva le vite dei suoi abitanti “ha visto il peggio dell’umanità, ma non si è persa neanche un bacio al buio e una Domenica” dimostra di essere come noi, dalla nostra parte anche quando ci sentiamo completamente abbandonati da tutti.

Perché quando tutti vanno, la città resta “Chissà se in tutti questi anni si è mai accorta di me, se quando ho pianto mi ha sentito ed ha capito perché, se mi ha difeso dall’odio di chi mi credeva colpevole, se ha mai esultato nel vedermi più felice che mai, quando i miei sogni lentamente cancellavano i guai, e se di come va il mondo le importa o non sa che farsene”. Il ritornello appena proposto pone una serie di interrogativi legittimi dato che la città non può rispondere alle nostre richieste.

Tuttavia il fatto di creare questo dialogo mostra con forza la convinzione di rispecchiarsi nella sua atmosfera e di sentirsi capiti. Nel momento in cui ci sentiamo soli nel nostro buio sappiamo che troveremo sempre da parte sua delle luci in cui provare ad intravedere nuove speranze ma soprattutto l’idea di non essere più soli. Senza il bisogno di parole la città dimostra di non allontanarsi da noi. Se andranno via tutti, le sue luci rimarranno accese per non farci sentire soli.