martedì 3 Dicembre 2024

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Raige: “La musica per me è uno psicologo a impatto zero” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore torinese, in uscita dal 2 ottobre con il singolo intitolato “Cartagine

A un anno e mezzo di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Alex Andrea Vella, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Raige, per parlare del suo nuovo singolo singolo intitolato Cartagine, disponibile in radio e negli store a partire dallo scorso 2 ottobre. Dopo aver scritto per Tiziano Ferro, Luca Carboni, Nek, Elodie, J-Ax e tanti altri colleghi, il cantautore torinese torna a interpretare in prima persona le propria sensibilità e le proprie riflessioni, con un brano dal forte valore evocativo.

Ciao Alex, bentrovato. Partiamo da “Cartagine”, comincio col chiederti che sapore ha per te questo tuo nuovo pezzo?

«”Cartagine” è per me un pezzo importante, un brano al quale sono molto legato, che racconta una quotidianità, la disillusione, il cinismo, ma anche la possibilità immensa di scoprire l’universo nascosto dentro ognuno di noi».

Le canzoni non vanno spiegate, sono d’accordo con te, ma cosa provi quando qualcuno si immedesima nei tuoi sentimenti e nelle tue stesse emozioni?

«Quando scrivo mi sento solo, tutto nasce dall’esigenza di raccontare un qualcosa che non saprei esprimere a parole. Sapere che, successivamente, centinaia o migliaia di persone si rivedono in ciò che ho buttato giù mi fa sentire meno solo. E’ evidente che ci sia un legame. La musica può essere anche solo entertainment, personalmente avverto la necessità di raccontare cose che sento per me più importanti e profonde. Non so da cosa nasce l’arte, ma so benissimo da cosa non nasce, ovvero dalla felicità. La musica per me è uno psicologo a impatto zero, scrivere significa scavare dentro me stesso e portare alla luce mostri, senza di loro non potrei più comporre canzoni».

La musica può essere terapeutica per chi la crea, ma anche per chi l’ascolta. Quali riflessioni e quali stati d’animo ti piacerebbe trasmettere a chi sentirà “Cartagine”?

«Lo stesso concetto espresso dalla copertina, in cui l’immagine della città è capovolta. Cercare un nuovo punto di vista, un’altra prospettiva per vedere le cose. Ormai guardiamo il mondo da una lente di ingrandimento che è il nostro smartphone, quello che mi auguro è che un giorno si possa tornare a guardare a occhio nudo le stelle».

Raige Cartagine

Come stai vivendo questo delicato momento storico e con quale spirito stai affrontando questa graduale ripartenza?

«Dal punto di vista creativo, per me i mesi del lockdown sono stati distruttivi. L’arte nasce dalla condivisione, restare chiusi in casa e non poter vedere nessuno è stato terribile. Mi riaffaccio al mondo con una moderata scintilla di entusiasmo».

Nella nostra precedente chiacchierata realizzata in occasione dell’uscita del tuo precedente disco, sottolineavi: “l’affetto è la vera cura, tutto va ormai troppo veloce, si cerca la soluzione più rapida, manca il potersi fermare ed osservare con coscienza le proprie cose”. Ecco, direi che l’occasione l’abbiamo avuta, ma secondo te l’abbiamo sfruttata?

«Magari un processo di autoanalisi è avvenuta, nutro dei dubbi su come questo possa contribuire a migliorarci. Secondo me questa situazione ci ha insegnato a volere ancora di più, ancora peggio di prima. Chi aveva la casa più piccola ora la vuole più grande, chi aveva il balcone ora vuole terrazzo o il giardino. Sono cinico da questo punto di vista, le persone non cambiano mai e di sicuro non lo fanno in meglio. Dal punto di vista sociale, la mia paura è radicata sull’aspetto riguardante l’infanzia. Naturalmente spero che questa situazione si risolva il più presto possibile, ma il mio timore è che i bambini non vedano il mondo come lo abbiamo visto noi fino all’inizio della pandemia. Considerando che sono loro il nostro futuro, la cosa che mi spaventa di più sono gli strascichi che potrebbero portarsi dietro».

Dopo “Occhi inverno” e “Cartagine”, cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi prossimi progetti in cantiere?

«Sto scrivendo molto. Siamo impegnatissimi sulla promozione del singolo, perchè per me è molto importante. Successivamente credo che getterò le basi per quello che sarà il mio prossimo disco, nel frattempo quello che mi auguro è poter tornare presto ad esibirmi dal vivo».

Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che senti di aver appreso da alla musica fino ad oggi?

«Che non ho ancora capito niente, questo vuol dire che c’è ancora tanta strada da percorrere (sorride, ndr)».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.