A tu per tu con il giornalista, conduttore, speaker e project manager di “Disco 1” di Honiro Ent
Un fantasista, così potremmo definire Riccardo Zianna. Attraverso le sue molteplici attività ha maturato una visione trasversale della musica e dell’informazione in generale, perché in un’epoca come questa è molto importante conoscere nuove angolature, ricoprire più ruoli, per avere una panoramica quanto più completa possibile. “Facce caso“, “Disco 1“ e “Spaghetti Unplugged“, sono le tre colonne portanti del suo versatile e costante impegno. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Riccardo, benvenuto. Tra le tue molteplici attività sei project manager “Disco 1” di Honiro Ent. Per cominciare, raccontaci in cosa consiste il tuo ruolo e qual è l’aspetto che più ti ha affascina di questo progetto?
«E’ stata sicuramente una delle esperienze più belle del mio percorso, perché ci siamo ritrovati a fine dello scorso agosto con tutti i ragazzi di Honiro Ent, la seconda divisione discografica di Honiro Label. L’idea è partita direttamente da Jacopo, mister James Honiro, e consiste nel riunire questi artisti in una location in Umbria, in mezzo al nulla, per una settimana. Durante questo ritiro, i ragazzi hanno scritto tantissimi pezzi, alcuni dei quali sono finiti in “Disco 1”, mentre altri sono stati destinati anche ai loro relativi progetti, ad esempio “20k”, l’ultimo singolo di Grein, è nato proprio lì. Il bello è stato vedere mescolare le loro varie influenze, alternavamo grande stacanovismo ad un goliardico e sano cazzeggio. Il mio ruolo è stato quello di documentare, insieme alla videomaker Danila Cesile e al fotografo Luca DopoEsco, tutto quello che accadeva in una specie di daily».
Sei un giornalista, attualmente conduci il programma “Facce caso” su Radio Rock, da cui è nata anche una rubrica settimanale su RTL 102.5, ma tutto parte comunque dal tuo omonimo giornale online per studenti. Mi affascina questo tuo modo di intendere e vivere la musica a 360 gradi, osservarla da più angolature. Quindi ti chiedo un’analisi, una panoramica sul momento discografico che stiamo vivendo…
«E’ un momento molto fast food, secondo me, più brani fai uscire e più hai possibilità di essere ascoltato. Non c’è necessità che i pezzi siano particolarmente lunghi, anzi ho notato che si siano in qualche modo accorciati, soprattutto in ambito rap/trip. Viviamo in un’epoca in cui è preferibile buttare fuori più singoli per poi far uscire successivamente un disco, proprio come ci hanno insegnato i Coma_Cose, questa può essere un’arma vincente. La cosa positiva è che sta tornando la voglia del live, me ne accorgo anche con “Spaghetti Unplugged”, tanta gente ha voglia di portare dal vivo la propria musica e altrettanta di ascoltarla».
Infatti, “Spaghetti Unplugged” è ormai diventata una bella realtà, un po’ analogica se vogliamo. Cosa rappresenta per te quest’altra esperienza?
«“Spaghetti Unplugged” è stato per me un amore a prima vista, inizialmente non c’ero mai stato, perché la musica è entrata prepotentemente nella mia vita anche da un punto di vista lavorativo, prima ero un semplice ascoltatore come tutti. Ho conosciuto Davide Dose e Gianmarco Dottori, che mi hanno coinvolto in questo progetto presentando prima il festival estivo e poi il vero e proprio Spaghetti qui a Roma. E’ una realtà che, piano piano, si è allargata a livello nazionale, adesso siamo anche a Milano e Bologna. Come dici tu, questa rassegna ha qualcosa di analogico, perché c’è open mic iniziale dove chi vuole si esibisce, la jam finale dove delle volte canto anch’io, quindi non potete mancare (sorride, ndr). In mezzo c’è la guest, uno spettacolo vero e proprio dove si esibiscono ospiti anche molto importanti, ad esempio sono venuti a trovarci Giuliano Sangiorgi, Tommaso Paradiso e Motta».
Sei un po’ un fantasista, probabilmente perché non ti piace giocare in un unico ruolo, ma cosa consigli a un giovane che si approccia a questo mondo? Per l’epoca in cui viviamo, secondo te, è importante avere le idee chiare o più idee? Muoversi in un’unica direzione ostinata o avere un raggio d’azione più tentacolare?
«Innanzitutto ti ringrazio per il termine “fantasista” perché sono estremamente legato a Francesco Totti, per me essere un numero 10 nella vita significa essere impegnato su più fronti, fare sia l’assist che il goal. Ad un giovane consiglio la tentacolarità, senza dubbio. Io ho un’idea, ma so che per arrivarci non potrà esistere solo una strada, quindi, essendo uno “yes man” a tutti gli effetti, ho abbracciato altre realtà, percorrendo dei percorsi alternativi. La mia linea retta è “Facce caso”, il mio giornale volto a far capire ai ragazzi che informarsi in un certo modo è importante. Poi mi è arrivata la proposta di Honiro, con cui avevo già collaborato anni fa, nel frattempo è subentrato Spaghetti, quando è possibile queste attività magari convergono, mentre in altri casi hanno una loro propria identità. L’importante è avere ben chiara un’idea, capire che in mezzo ce ne possono essere altre centomila e non skipparle, basta che siano coerenti. Ovviamente, se mi proponessero di fare l’astronauta non accetterei, perché ho anche paura dell’aereo (sorride, ndr)».
Indubbiamente, è giusto avere una traiettoria e una prospettiva. Per concludere, qual è il tuo augurio per il futuro della musica e del settore discografico?
«Mi auguro che ci si concentri un po’ di più sui testi, forse per il mio lato giornalistico tendo a concentrarmi molto sul contenuto e sul linguaggio. A parer mio, il disco più bello dello scorso anno, a parte quello di Jovanotti di cui sono superfan, è stato “Persona” di Marracash. Considero il rap lo stile più comunicativo, sulla carta il più diretto, anche se la trap ha un po’ distrutto questo concetto perché le tematiche utilizzate sono quello che sono, nonostante io la ascolti e trovo che sia pura goliardia in alcuni casi. Il mio augurio è che gli artisti, a livello generale, tornino a dirci qualcosa, puntando un po’ di più sui testi».
Nico Donvito
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