In molti avevano lodato l’ultima edizione del Festival di Sanremo celebrandola come una delle migliori kermesse degli ultimi 10/15 anni. Gli ascolti che avevano trasformato i vertici della Rai in Zio Paperone visti gli ottimi risultati, Carlo Conti era stato acclamato come il vero erede di Pippo Baudo in grado di riportare un evento noi più ai massimi storici come quello del Festival di Sanremo a svettare su tutto il resto della programmazione annuale della televisione italiana e Virginia Raffaele era diventata un vero e proprio mito dell’intrattenimento ed era riuscita anche a mettere in ombra gli altri due imbarazzantissimi co-conduttori dell’edizione (Gabriel Garko e quell’altra lì, come si chiama… bah, non mi ricordo: evidentemente non mi avrà impressionato troppo). Già, un vero successone. Ma dimenticavamo le canzoni: ah già le canzoni, d’altronde Sanremo è una gara di canzoni. O almeno lo era. Analizziamo un momento la situazione:L’ultima edizione del Festival di Sanremo è stata un vero fenomeno televisivo (i dati dell’audietel parlano chiaro) ma musicalmente parlando ci ha regalato ben poco (anzi pochissimo) e a distanza di oramai 5 mesi questo è un dato innegabile. Mai il Festival andò così male sul piano delle vendite da quel drastico 2004 quando alla conduzione fu messa Simona Ventura (allora vera protagonista della TV con i suoi risultati stratosferici a L’Isola dei Famosi) che dovette presentare un Festival boicottato dalle case discografiche che, in contrasto con il direttore artistico , ritirarono tutti gli artisti di spicco piazzando una rosa di 20 artisti quasi del tutto emergenti o sconosciuti al pubblico: i nomi più popolari furono quelli di Marco Masini (che vinse), Paolo Meneguzzi (e già qui temo che più di qualcuno si chiederà “chi?!”) e Neffa. Il resto ve lo lascio immaginare. Da allora il Festival promosse e consentì vendite importanti a tutti gli artisti con dei veri e propri boom discografici nel 2005 e nel 2012. Il 2016 è stato il secondo peggior risultato da quell’orribile annata del 2004. Il risultato peggiore in assoluto da allora però spetta di diritto al Festival di Fabio Fazio del 2014 che fece peggio del Carlo Conti-bis. In discolpa della coppia Fazio-Littizzetto può essere detto però che quella del 2014 fu un’edizione piuttosto bassa dal punto di vista delle vendite ma altrettanto da quello degli ascolti che segnarono un netto crollo rispetto all’annata precedente guidata dai medesimi conduttori. La spiegazione che tutti dettero fu quella che dipingeva quel Festival come troppo sopra le righe dal punto di vista qualitativo: troppi nomi di “contorno” (Ron, Riccardo Sinigallia, Antonella Ruggiero, Giuliano Palma, i Perturbazione, Cristiano de Andrè, Frankie HI-NRG, Renzo Rubino e Raphael Gualazzi non sono di certo, o non lo sono più, gli artisti che tutti cantano sotto la doccia o per strada dopo aver ascoltato per una sola volta) e troppe canzoni con la durata della settimana sanremese per la loro eccessiva “complessità” per il largo pubblico che segue la kermesse. Il Conti, in quest’ultima annata, ha commesso ingenuamente lo stesso errore del buon Fazio da un punto di vista, però, differente: contrariamente alla sua prima conduzione all’Ariston caratterizzata da una radiofonicità assoluta questa volta il presentatore toscano (e direttore artistico della kermesse) ha optato per inserire nella proposta musicale quanti più brani possibili caratterizzati da una ricerca musicale più spiccata e da una netta minor orecchiabilità e immediatezza rispetto alla scorsa edizione. Ed ecco che nonostante un cast nettamente più popolare di quello proposto nel 2014 il fallimento è stato il medesimo sul piano delle vendite con l’aggravante che il Festival di Conti è stato nettamente più seguito del Fazio-bis che, da questo punto di vista, trova così un seppur minima giustificazione. Carlo Conti ha sul groppone il peso di una delle edizioni più seguita degli ultimi 15 anni e contemporaneamente una delle meno proficue dal punto di vista musicale.
Ma cosa o chi salvare di quanto ascoltato lo scorso febbraio in riviera a distanza di 5 mesi? Musicalmente e qualitativamente ci sarebbero diverse cose da salvare e da promuovere a pieni voti: il testo degli Stadio e della Fornaciari, la voce di Annalisa e Arisa, l’arrangiamento di Valerio Scanu, il gospel bianco di Dolcenera o il ritorno della divina Patty Pravo. Tutte cose interessanti ma difficilmente c’è una canzone per intero da salvare. Di questi brani qui sopra citati ci sono contemporaneamente ai pregi lodati altrettanti difetti che non rendono totalmente soddisfacente la canzone proposta: la scarsa immediatezza dei brani di Annalisa e Noemi, la solita “arisata” del pezzo di Arisa, la voce traballante nell’intonazione di Gaetano Curreri degli Stadio o di Patty Pravo o un testo banalotto di Dolcenera. Nel complesso delle 20 canzoni manca davvero quel brano che possa competere con i successoni degli ultimi anni: non c’è nessun brano in grado di competere per “indice pop” con L’essenziale di Marco Mengoni, nessuno con la classicità di Grande amore de Il Volo, nessuno con la delicatezza di La notte di Arisa o con l’eleganza di Ricomincio da qui di Malika Ayane, con il graffiato di Noemi in Per tutta la vita o con il testo di Angelo di Francesco Renga piuttosto che con quello ultra-realista di Pensa di Fabrizio Moro. E quindi si ritorna alla domanda iniziale: chi o cosa salvare di questo Festival troppo poco commerciale e immediato? La risposta rimane la medesima: musicalmente più di qualcosa ma discograficamente (che poi è quello che interessa ai discografici e all’industria musicale in sé) poco, anzi pochissimo. Vediamo nel dettaglio che cosa hanno fruttato i 20 big in gara considerando che per i parametri delle ultime edizioni di “promossi” ce ne sarebbero realmente soltanto un paio.
- ALESSIO BERNABEI
Promosso perché il brano in gara, Noi siamo infinito, è stato certificato disco di platino ed è attualmente l’unico brano sanremese ancora in top200 sulla classifica degli ascolti giornalieri di Spotify. L’album (Qui la nostra recensione) omonimo di certo non ha avuto gli stessi consensi e risultati di quanto l’interprete romano era fiancheggiato dai suoi Dear Jack ma considerando che non è uscito contemporaneamente alla settimana del Festival, che è il primo disco della sua carriera solista e che ormai il disco d’oro è in dirittura d’arrivo non è un risultato di certo da bocciare in questo panorama piuttosto magro.
- ANNALISA
Mettiamola tra i rimandati e chiudiamo ogni possibile polemica sul nascere. La bella (e bravissima) cantante savonese è ritornata al Festival esattamente un anno dopo la sua seconda partecipazione nel 2015 che le era giovata un ottimo quarto posto e dei risultati niente male anche se le mancava il salto di categoria per veder certificato anche l’album che si fermò (come anche i precedenti due) ad un passo dal disco d’oro. E’ tornata ed è rinata sotto una veste totalmente nuova stravolgendo la sua immagine artistica con Il diluvio universale che l’ha fatta svettare in questo Festival per una delle voci più belle e tecnicamente perfette di quelle in gara. A questa immagine classicista ed estremamente raffinata si è accompagnata una canzone estremamente complessa e difficilmente assimilabile e canticchiabile allegramente sotto la doccia ed, infatti, il brano non ha visto arrivare nessuna certificazione (anche se è in dirittura d’arrivo per il disco d’oro) contrariamente a tutti i singoli del precedente album certificati almeno con il disco d’oro (quello sanremese anche con il platino). L’album, Se avessi un cuore(Qui la nostra recensione), ha completato la trasformazione rendendo la nostra Nali una scatenata interprete del power-pop e dell’electropop dalle sfumature internazionali rendendo il brano sanremese un cigno nero rispetto agli elevati beat di tutte le altre tracce. Nemmeno questa trasformazione sembra aver soddisfatto del tutto il pubblico considerando che l’album non sta navigando più nei piani alti della classifica settimanale di vendita della FIMI malgrado sia uscito soltanto nel mese di maggio. La certificazione appare più lontana che per gli altri lavori ma un “rimandata alla fine dell’anno” può darle il tempo di accumulare settimane (è uscita soltanto da un mese) per andare oltre quell’ingiusto 74° posto che occupa nella classifica degli album più venduti nei primi 6 mesi del 2016. Nonostante una produzione coi fiocchi e una voce incredibilmente perfetta Annalisa non è riuscita a convincere nemmeno questa volta un largo pubblico e, personalmente, mi auguro torni a fare il pop di Splende dove sembrava aver trovato davvero una sua convincente posizione.
- ARISA
E qui, purtroppo per me, arriva una bocciatura netta senza possibilità di appello. Lei canta meravigliosamente e anche questa volta al Festival ha dimostrato di essere una delle migliori interpreti degli ultimi anni. Ma la suaGuardando il cielo ha ottenuto a malapena un disco d’oro mentre il suo album è scomparso dalle scene nel giro di un paio di mesi esagerando. Voi mi direte: ma come bocci Arisa che un disco d’oro l’ha fatto e salvi Annalisa che sta ancora a secco con le certificazioni? Ebbene si e non perché odio Arisa o, all’opposto, venero Annalisa ma soltanto perché il mio non è un confronto tra cantanti ma è un confronto interno al cantante in discussione. Arisa è stata capace nella sua carriera di tutt’altri risultati sia sul piano delle vendite che su quello qualitativo (mi costa ammetterlo ma questo album “Guardando il cielo” è sicuramente il meno riuscito del terzetto di dischi con un’Arisa melodica mettendo quindi da parte i primi due album scanzonati). Annalisa, invece, grandi risultati non li ha davvero mai raggiunti completamente (eccetto l’esordio nel post-Amici e il capitolo singoli dell’era Splende) e quindi è giusto darle un’ultima possibilità considerando anche il suo album è uscito tre mesi dopo quello di Arisa e nonostante questo ha ottenuto per ora risultati migliori. Alla potentina è come se mancasse il cuore in questa sua nuova fase e forse persino lei stessa lo ha ammesso quando ha raccontato che non avrebbe voluto essere a Sanremo questa volta forse conscia della debolezza di un progetto che non ha saputo sorprendere e colpire come i precedenti.
- BLUVERTIGO
Praticamente inesistenti dopo il Festival. A questo punto sorge il dubbio che Morgan e soci siano stati riuniti solo per facciata, giusto per un pezzo e via o per riempire il tempo del frontman tra un talent e un altro. Il loro brano, Semplicemente, non ha poi convinto troppo ed è già bello dimenticato dai più come il chiacchierato disco della réunion che sarebbe dovuto uscire in primavera 17 anni dopo l’ultimo album della band. Il disco, in realtà, non uscirà mai sotto il nome di Bluvertigo ma sarà Morgan a pubblicare da solista le 47 canzoni scritte negli ultimi anni di sua penna.
- CLEMENTINO
Il suo l’ha fatto ma poi, poco più. Una sufficienza risicata non basta per fargli prendere il volo. Ottiene il disco d’oro con il brano sanremese, Quando sono lontano, e bissa con l’album,Miracolo! Ultimo round peccato che fosse la terza riedizione dello stesso disco… Se per fare 25.000 copie occorrono 3 diverse edizioni non si può di certo gridare al successone.
- DEAR JACK
Pagano a caro prezzo l’addio di Alessio Bernabei e la sua sostituzione con il meno irruento e “rock” Leiner Riflessi che si dirige preferibilmente verso un pop più melodico con il pregio di contaminare molto il tutto con sfumature sonore e stilistiche internazionali. Va tutto molto male e molto peggio dei loro esordi: il singolo festivaliero, Mezzo respiro, non sopravvive nemmeno allo stesso Festival visto che è stata una delle 4 canzoni eliminate prima della finale, e l’album (Qui la nostra recensione) omonimo non fa assolutamente meglio accontentandosi di una fugace comparsa nelle classifiche settimanali di vendita per poi sparire per sempre. Peccato, non mi dispiacciono poi così tanto in questa nuova veste ma il pubblico sembra non appoggiarli più.
- DOLCENERA
Miss “patata” è quella che forse più di tutti ha pagato le spese della scelta del brano festivaliero:Ora o mai più (le cose cambiano) era una delle cose musicalmente migliori della kermesse per l’arrangiamento, la voce così potente e quella veste che viaggiava tra il soul e il gospel bianco ma era davvero difficile che potesse diventare uno dei tormentoni di radio e classifiche vista la sua “elevazione stilistica” rispetto alla massa. Anche lei come Annalisa, d’altronde, ha proposto l’unico brano del suo album con caratteristiche totalmente diverse non facendo, quindi, conoscere la sua faccia predominante ma accontentandosi di un piccolo cameo. Il suo album, Le stelle non tremano – Supernovae (Qui la nostra recensione), riedizione del già lodevolissimo lavoro pubblicato a settembre 2015 non ha di certo brillato in classifica nonostante anche la presenza (e la vittoria) a The Voice of Italy (certo, non una grande esposizione visti gli ascolti e la cancellazione del format per la prossima annata ma è stata pur sempre in TV per almeno 3 mesi). A malincuore devo ammettere che questa volta la “patata Manu” ha sbagliato il pezzo da presentare lasciandosi prendere dalla foga di dimostrare il suo enorme talento da musicista senza riuscire a portare all’Ariston un suo nuovo tormentone festivaliero sulla scia di Ci vediamo a casa (2012), Il mio amore unico (2009), Com’è straordinaria la vita (2006) e Siamo tutti la fuori (2003).
- ELIO E LE STORIE TESE
I grandi numeri non li hanno mai fatti (a dire il vero quando presentarono “La terra dei cachi” proprio al Festival nel 1996 vendettero la bellezza di 200.000 copie ma quelli erano altri tempi e, soprattutto, altre canzoni) quindi inutile attendersi grandi risultati da loro: Vincere l’odio(fortunatamente) non se la ricorda già più nessuno (con mia somma felicità) anche perché sfido chiunque a canticchiare una cosa del genere per strada. E’ più semplice imparare a memoria la Divina Commedia di Dante, e anche più divertente. L’album, invece, il suo buon riscontro l’ha ottenuto: Figgata de Blanc è arrivato alla posizione numero 39 dei dischi più venduti nei primi 6 mesi del 2016 malgrado sia già fuori dalla top100 settimanale della FIMI da qualche settimana e non abbia nemmeno lontanamente intravisto il barlume di una possibile certificazione.
- ENRICO RUGGIERI
E’ forse la delusione più grande sul piano delle vendite dell’ultimo Festival considerando che con la sua Il primo amore non si scorda mai ha raggiunto la bellezza del quarto posto finale nella classifica della kermesse. Il brano non se l’è cavata proprio malissimo in radio mentre nelle vendite è naufragato piuttosto velocemente senza parlare dell’album, Un viaggio incredibile, vero e proprio fulmine a ciel sereno nelle chart.
- FRANCESCA MICHIELIN
Se dobbiamo incoronare il vincitore del Festival dovremmo per forza di cose scegliere proprio la giovane veneta: unica vera protagonista nelle radio e nelle classifiche in modo più consistente di ogni altro anche se siamo molto lontani dal vero successo. Nessun grado di separazione è risultata seconda durante la settimana festivaliera ma poi, in realtà, ha trionfato in larghissima misura nelle pianificazioni radiofoniche (grazie anche all’esperienza all’Eurovision Song Contest che ne ha prolungato l’esposizione mediatica) e nelle classifiche dove ha ottenuto un ottimo disco di platino digitale. L’album (di20are) è, anche in questo caso, l’anello debole visto che il disco d’oro è arrivato dopo non poco tempo e soltanto grazie ad una doppia edizione del disco pubblicato lo scorso autunno (Qui la nostra recensione).
- GIOVANNI CACCAMO e DEBORAH IURATO
Mi rincresce dirlo ma loro sono, probabilmente, il fallimento che più fa dispiacere dei risultati di quest’edizione del Festival. Arrivati al terzo posto con una delle pochissime canzoni davvero “pop” e orecchiabili della manifestazione (Via da qui), firmata per altro da un nome niente male (Giuliano Sangiorgi dei Negramaro), non sono riusciti ad imporsi nelle chart. Il singolo non ha raggiunto il disco d’oro e anzi, ci vorrà parecchio prima che possa tagliare il traguardo (sperando che ce la faccia) ma ancora peggio sono andati i due rispettivi album: Non siamo soli (Qui la nostra recensione), il secondo disco di Giovanni, nonostante fosse uno degli album più belli dei cantanti in gara quest’anno non ha di certo brillato come anche Sono ancora io (Qui la nostra recensione) di Deborah che ha visto ridursi ulteriormente le sue vendite rispetto al già deludente secondo album dopo gli ottimi risultati del disco post-Amici. C’è da dire, forse, che in questo caso l’errore è stato decisamente discografico e della produzione a partire dalla tracklist (soltanto 4 dei 12 brani presenti erano davvero inediti) fino alla promozione che si è limitata quasi esclusivamente alla settimana del Festival. Due bei lavori decisamente poco valorizzati e capiti sia dalla discografia che dal pubblico.
- IRENE FORNACIARI
Ecco, lei è stata la mia personale più grande delusione e il metterla tra i bocciati mi rincresce davvero. Già durante il Festival facevo il tifo per lei non di certo per la sua vocalità (non così eclatante) né tantomeno per l’orecchiabilità del suo brano (che comunque ne ha da vendere rispetto ad altri) ma per il messaggi profondo (forse l’unico) che portava dentro le sue parole che nemmeno i cosiddetti “critici” hanno valorizzato e premiato soffermandosi ancora una volta sulla solita polemica che la ritrae come la “figlia di Zucchero”. Sta di fatto che Blu era uno dei miei brani preferiti, se non il mio preferito. Nelle vendite però ha faloppato di brutto come pure il disco, Questo tempo, contenente cose altrettanto belle ed interessanti.
- LORENZO FRAGOLA
Unico ex-talent ad aver davvero brillato nella classifica del Festival escludendo la Michielin. Arrivato quinto (migliorando il 10° posto dell’anno precedente) non è stato comunque in grado di ripetere la scia apparentemente infermabile di hit che aveva realizzato nel suo primo anno di carriera. Infinite volte non è andata oltre il disco d’oro digitale (Siamo uguali nel 2015 fu doppio platino) ed il disco, Zero gravity (Qui la nostra recensione), seppur molto coraggioso nelle scelte (anche se decisamente più commerciale del primo) e più maturo nella produzione non ha ancora ottenuto alcuna certificazione: il disco d’oro dovrebbe essere in dirittura d’arrivo ma il fatto che il disco entri ed esca dalla top100 settimanale non è di certo un buon segno. La verità è che per ora sono mancati i tormentoni che avevano trascinato 1995 (The reason why – Siamo uguali – #fuori c’è il sole).
- NEFFA
Ecco il vero fantasma del Festival. Ancora oggi se penso a tutti gli artisti in gara nell’ultima edizione lui è l’ultimo a tornarmi alla memoria.Sogni e nostalgia, il singolo in gara, non è pervenuto minimamente in ogni dove ma ancora peggio ha fatto la riedizione di un album già partito con il piede sbagliato nell’autunno 2015: Resistenza dopo il Festival non è mai stato tra 100 dischi più venduti durante la settimana. Risultato non di certo positivo considerando che per 4 giorni 13 milioni persone hanno ascoltato la tua musica. Bocciato è dir poco.
- NOEMI
Già dal 2014 grido allo scandalo per quanto la riguarda ma per ora le mie imprecazioni sembrano non essere ascoltate: continua a non capire che certe canzoni non siano adatte al nostro tempo e che il voler essere sofisticata nelle scelte attualmente non è esattamente quello che premia. Voce da paura ma la sostanza (pur se lodevolissima) è poca. La borsa di una donna svetta dall’alto della classifica dei brani più complicati di questo Festival (forse sarà un virus che ha colpito le rosse: anche lei come Nali vuole essere più grande di quanto in realtà non sia). Nessuna certificazione per il brano (il che non è esattamente un bene) e men che meno per l’album, Cuore d’artista (Qui la nostra recensione), tesoretto di grandi firme ma davvero poco fruibile da un comune ascoltatore dei nostri giorni. Va sicuramente a lei il premio per il progetto più up-tempo.
- PATTY PRAVO
Sua maestà la Divina piazza un ritorno in grande stile e malgrado i risultati non siano di certo i milioni e milioni di copie venduti con canzoni come “La bambola” la ragazza del Piper fa addirittura meglio di tanti suoi più giovani colleghi e dei suoi stessi ultimi lavori che l’avevano vista piuttosto marginalizzata dal mercato discografico. Cieli immensi è davvero ad un soffio dal disco d’oro digitale e con un piccolo sforzo arriverà entro l’estate mentre l’album, Eccomi (Qui la nostra recensione), si piazza alla posizione numero 49 dei più venduti nei primi 6 mesi del 2016. Non è più la regina ma il suo posticino nell’Olimpo dei grandissimi della storia della musica italiana è salvo malgrado lei abbia avuto il coraggio di metterlo in palio con questa partecipazione alla gara.
- ROCCO HUNT
Per lui vale lo stesso medesimo discorso fatto per il collega di rime Clementino: Wake up! si è guadagnato il disco d’oro (e lì si è fermato senza pretese) mentre il disco, Signorhunt, si avvia alla certificazione del disco d’oro fisico ma anche in questo caso si tratta di una seconda edizione utile a raggiungere il risultato minimo atteso. Fa il suo compitino, si prende il suo 6 politico e si accomoda verso la prossima tornata senza troppe glorie.
- STADIO
Hanno vinto. Ah si? Va bene, se lo dice Wikipedia mi fido. I risultati sono, però, piuttosto magri trattandosi dei vincitori del Festival. Il confronto sul piano delle vendite non regge con nessuno dei vincitori degli ultimi 10 anni almeno e non vale nemmeno la scusa dell’età perché, se ben ricordo, Roberto Vecchioni vendette non poco quando nel 2011 trionfò con Chiamami ancora amore. Un giorno mi dirai si accontenta del disco d’oro digitale per poi sparire definitivamente (83° singolo più venduto nei primi 6 mesi del 2016 ma sotto a molti altri colleghi: Clementino, Bernabei, Hunt, Michielin, Scanu, Fragola, Gabbani), l’album, Miss Nostalgia, traballa anch’esso ma almeno si posiziona al 33° posto dei più venduti pur essendo lontano dalla certificazione. Vittoria da rivedere temo, almeno sulle classifiche.
- VALERIO SCANU
Lui è quello in cui sono più in imbarazzo a giudicare: ottimi risultati tra i singoli ma magri, anzi magrissimi, con l’album.Finalmente piove, il brano scritto dal poeta di Fabrizio Moro e presentato al Festival, è ormai prossimo al disco di platino digitale e anche il secondo singolo (nonché la cover presentata durante la kermesse), “Io vivrò (senza te)”, è già stato certificato disco d’oro digitale (è l’unico artista del Festival ad avere il secondo singolo estratto già certificato) ma l’omonimo album d’inediti (Qui la nostra recensione) lungi dall’essere stato protagonista delle classifiche di vendita tant’è che si trova soltanto alla posizione 94 dei dischi più venduti dei primi 6 mesi del 2016. Ora, sicuramente il fatto che si tratta di un artista indipendente (senza, cioè, un’etichetta discografica major) ha il suo peso visto anche che la promozione non è di certo semplice da realizzare (anche se bisogna dire che al Festival anche lui ha avuto a disposizione 13 milioni di telespettatori e poi anche la presenza a “Ballando con le stelle” come ospite praticamente fisso l’ha aiutato su questo versante rispetto ad altri) oltre al fatto che le radio non hanno di certo passato i suoi pezzi dalla mattina alla sera. Tuttavia è comunque piuttosto stravagante un così grande riscontro di pubblico e consensi nelle vendite dei singoli (stiamo parlando di quasi 75.000 copie totali realizzate peraltro non nei servizi di streaming, dove può essere anche un pubblico ristretto a portare alla certificazione con ascolti continuativi nel tempo, ma quasi ed esclusivamente su iTunes dove ad ogni vendita corrisponde una persona diversa) e un piattume pressoché totale in quelle dell’album che contiene gli stessi singoli (si stima nemmeno 6.000 copie). La situazione è oggettivamente confusa e non facilmente spiegabile. Fatto sta che a causa di questi risultati altalenanti a seconda dei fronti non può essere che collocato nel limbo in attesa che anche le classifiche prendano una direzione.
- ZERO ASSOLUTO
Anche loro non superano affatto l’esame: Di me e di te malgrado l’eliminazione (probabilmente ingiusta) sembrava nell’immediato post-Festival essere in grado di imporsi nelle radio e nelle classifiche ma, in realtà, dopo poco tempo è crollata lasciando alle proprie spalle sogni di gloria e certificazioni di conseguenza esattamente come l’album tant’è che né l’uno né l’altro sono nelle top100 di vendita dei primi 6 mesi di 2016. Un fallimento su tutti i fronti considerando i numeri di cui erano stati capaci negli anni.
FRANCESCO GABBANI. Sul capitolo giovani in realtà c’è ben poco da dire. Il Festival non è più in grado di creare il successore dei big partendo dal basso. Negli anni in cui dominano i talent-show il cantare una canzone di 3 minuti per due volte anche davanti a 13 milioni di telespettatori non può nemmeno essere considerato paragonabile a quei giovani che godono di almeno 3 o 4 esibizioni a serata davanti a un pubblico certamente più limitato ma che li segue per dei mesi costantemente. Quest’anno è andata meglio rispetto allo scorso anno grazie ad Amen, canzone vincitrice, che è diventata un vero tormentone radiofonico per delle settimane e riuscendo ad arrivare tranquillamente ad un disco d’oro digitale (oramai s’intravede il platino): a Caccamo lo scorso andò decisamente peggio. Il disco, però, non ha ottenuto di certo gli stessi consensi e di Eternamente ora davvero in pochi ne hanno sentito parlare o hanno ascoltato qualcosa di diverso dal brano sanremese malgrado le cose altrettanto interessanti che contiene. L’ultimo vero fenomeno discografico creato da Sanremo giovani risale al 2005 quando emersero i Negramaro (arrivati ultimi in quell’occasione con “Mentre tutto scorre” ma che poi ottennero 600.000 copie con il loro disco) con d’intermezzo il fenomeno Malika Ayane/Arisa nel 2009 (ma nessuna delle due capaci di quei numeri anche se la Ayane la sua carriera sicura sembra aversela guadagnata oramai) e Hunt nel 2014 ma che di certo ora non brilla più. C’è da dire, però, che forse Carlo Conti una soluzione l’ha trovata con l’idea della serata di selezione dei giovani a novembre. La speranza è che il tutto si possa trasformare in un qualcosa di più duraturo di una singola serata: potrebbe nascere una sorta di baby-talent targato Sanremo e alla Rai non farebbe di certo male considerando il fallimento di The Voice. Tra le altre note positive tra i giovani non possono che comparire anche Ermal Meta (Qui la nostra intervista) Irama che per vendite non hanno di certo superato indenni il Festival(nessuno dei due ha ottenuto risultati davvero degni di nota, anzi) ma sono gli unici due altri nomi di cui ancora si è sentito parlare dopo quella settimana (entrambi sono in finale al Coca Cola Summer Festival con il loro nuovo singolo estivo). Possono fare bene continuando a coltivare la propria carriera, la propria musica e la propria penna compositiva e autorale.
Ilario Luisetto
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