L’analisi delle parole utilizzate nelle ventiquattro canzoni protagoniste dell’imminente Festival
Manca poco più di una settimana all’inizio ufficiale del Festival di Sanremo, giunto alla sua 70esima edizione. Proprio come lo scorso anno, ci ritroviamo a scandagliare i testi delle canzoni in gara, rivelati come da tradizione da Tv Sorrisi e Canzoni. Anche quest’anno la parola assume un valore significativo, a tratti evocativo, simbolico e di grande impatto, dato il rincaro delle quote rap e una massiccia presenza di esponenti del nuovo cantautorato, oltre che alcuni massimi rappresentanti della canzone che tornano sul palco dell’Ariston con un linguaggio decisamente contemporaneo. Sarà pure vero che il direttore artistico Amadeus ha più volte sottolineato il suo aver voluto portare in gara canzoni orecchiabili e radiofoniche, ma a giudicare dai testi un lavoro di selezione è stato fatto anche sulla scelta dei contenuti e delle tematiche di ogni singolo pezzo. Analizziamoli nel dettaglio.
Sanremo 2020 | Le pagelle dei testi
Achille Lauro – “Me ne frego“
di L. De Marinis – D. Petrella – E. Manozzi – M. Ciceroni – L. De Marinis – D. Dezi – D. Mungai
Provoca Lauro, lo fa attraverso ogni singolo monosillabo anche in questa sua seconda partecipazione consecutiva al Festival. Giudicare un testo come quello di “Me ne frego“, proprio come accaduto con “Rolls Royce”, non è semplice, perché è strettamente legato al sound (in questo caso dance) e alla performance che, siamo certi, comunicherà più dei versi stessi. Il brano parla di una relazione di coppia e viaggia sulle dinamiche che scattano all’interno di un rapporto, tutti quei contrasti mentali che ci fanno dire “tu sei mia” e subito dopo “st’amore è panna montata al veleno”. Sintetico, spavaldo, audace e come sempre dissacrante. VOTO 5.5
Alberto Urso – “Il sole ad est“
di P. Romitelli – G. Pulli
Il bel canto e l’amore si abbracciano nuovamente all’unisono ne “Il sole ad est“, canzone che celebra il nobile sentimento per antonomasia, il tutto impreziosito dalla voce del giovane vincitore dell’ultima edizione di “Amici”. Firmato da Piero Romitelli e Gerardo Pulli, il testo risulta abbastanza classico, come nella migliore delle tradizioni pop-liriche, evocando in qualche modo le “navi per mare” di “Con te partirò”, brano presentato proprio sul palco dell’Ariston venticinque anni fa. I versi raccontano di una lei musa ispiratrice del proprio cammino, punto di riferimento costante e quotidiano. A livello di scrittura nulla da eccepire, anche se la tematica e i riferimenti utilizzati sanno troppo di passato e poco di contemporaneo. VOTO 5.5
Anastasio – “Rosso di rabbia“
di M. Anastasio – Stabber – M. A. Azara – L. Serventi
Vincitore della dodicesima edizione italiana di X Factor, il rapper campano torna sul palco dell’Ariston dopo l’ospitata dello scorso anno, per la prima volta in gara. “Rosso di rabbia” rappresenta un po’ il manifesto di quella che, in fin dei conti, è la sua poetica cruda e irascibile. Un rapper che scrive come un cantautore, questo l’elemento distintivo di Anastasio, che vomita parole ponderate, in una sorta di freestyle ragionato, pensato e quantomai dettagliato. Sentirsi disinnescati dopo aver corso il rischio di esplodere, questo lo stato d’animo che il giovane artista classe ’97 porta con sé in questa sorta di affascinante inno autobiografico-generazionale volto a colpire più di un interlocutore. Voto 8
Bugo e Morgan – “Sincero”
di C. Bugatti – M. Castoldi – A. Bonomo – S. Bertolotti
Una coppia di cantautori insolita, ma caratterizzata da una solida amicizia, questo si avverte leggendo il testo riga dopo riga, trasudando naturalezza e complicità. Composto a otto mani con Andrea Bonomo e Simone Bertolotti, “Sincero” si apre parlando di buone intenzioni e di educazione, mescolando elementi descrittivi e quotidiani tipici della poetica di Morgan, come in una sorta di elenco di cose da fare, con la caratteristica verve di Bugo che non si risparmia nell’inciso. Essere o non essere sinceri questo è il problema, è il messaggio che viene fuori dalla lettura del pezzo, suggerendo spunti di riflessione di shakespeariana memoria. Autentico sia nei versi che nelle intenzioni. VOTO 7
Diodato – “Fai rumore“
di A. Diodato – E. Roberts
Il brano si apre con uno dei versi più belli in gara quest’anno: “sai che cosa penso, che non dovrei pensare”. In una società sempre più votata al soprappensiero e all’incomprensione, “Fai rumore” analizza l’importanza dell’esprimere la propria opinione, il valore del farsi sentire e non lasciare soffocare i propri stati d’animo. Un testo liberatorio, per certi versi un grido in prosa, che viaggia tra le mura di un rapporto di coppia per poi spiccare il volo e assumere un valore universale, facilmente riadattatile a qualsivoglia tipo di relazione. Sarà interessante il connubio tra parole così ispirate con la melodia e, soprattuto, l’innesto dell’orchestra. Comunque vada sarà un pugno nello stomaco. Voto 9.
Elettra Lamborghini – “Musica (e il resto scompare)“
di D. Petrella – M. “Canova” Iorfida
Rimettere la musica al centro, questo il nobile intento della Lamborghini, al suo primo Sanremo in gara con “Musica (e il resto scompare)”, uno dei tre pezzi il cui testo porta la firma di Davide Petrella, un nome una garanzia. Difficile scindere le parole dal personaggio, il testo dalla performance finale, perché questo tipo di genere si basa molto sul suono e sull’aspetto visivo, forse più che sul contenuto. Un vestito cucito su misura per Elettra, che nella sua eccentricità risulta credibile seppur lo spessore non sia certo di chissà quale livello. Un pezzo volutamente leggero, estivo nelle intenzioni, dichiaratamente summer friendly, costruito a tavolino per far muovere ogni singolo muscolo del corpo. Niente di impegnativo. Voto 4.
Elodie – “Andromeda“
di A. Mahmoud – D. Faini
La scrittura di Mahmood è abbastanza contorta e viaggia sugli stessi binari del sound, per cui il testo di per sé prescinde fortemente dall’interpretazione finale. Privo di sovrastrutture sanremesi, “Andromeda” rappresenta una sorta di carta di identità di Elodie, perché la racconta caratterialmente e spiritualmente, in tutta la sua semplicità ma anche la sfacciataggine di una giovane donna sospesa a metà tra forza e fragilità. Un ritorno al Festival in linea con la sua evoluzione, con un linguaggio decisamente più contemporaneo e urbano rispetto alla precedente “Tutta colpa mia”, proposta in gara tre anni fa. Una canzone che incuriosisce. Voto 6.
Enrico Nigiotti – “Baciami adesso“
di E. Nigiotti
Terzo atto sanremese per Nigiotti, reduce dalla positiva partecipazione con “Nonno Hollywood”, uno dei testi più belli e sentiti dello scorso anno. “Baciami adesso” ha tutta l’aria di essere un pezzo personale, forse meno autobiografico e un po’ più universale, ma sempre molto rappresentativo della sua poetica originale e verace. Figlia dello stesso sentiment de “L’amore è”, in questa canzone si celebra la bellezza di un sentimento in grado di salvarti la vita, dedicato alle persone che si ringhiano da lontano per il timore di lanciarsi in qualcosa di troppo grande. Buttarsi e darsi un bel bacio può essere la soluzione a tutte le pippe mentali che entrano in gioco durante una frequentazione. Un messaggio per nulla banale. Voto 7
Francesco Gabbani – “Viceversa“
di F. Gabbani – Pacifico
L’amore secondo Gabbani, che sia condivisibile o meno la visione espressa tra le righe di “Viceversa”, il pezzo ci permette di approfondire la conoscenza della straordinaria poetica del cantautore toscano, che per la prima volta abbandona i panni di provocatore per vestirsi di profondità. Un testo toccante, una riflessione sul voler cercare di spiegare un sentimento complesso, perché “l’amore di normale non ha neanche le parole, parlano i pace e fanno la rivoluzione, dittatori in testa e partigiani dentro al cuore, non c’è soluzione che non sia l’accettazione di lasciarsi abbandonati all’emozione”. L’intervento di Pacifico ingentilisce il risultato finale, a dir poco strabiliante. Voto 9.
Giordana Angi – “Come mia madre“
di G. Angi – M. Finotti
Un amore universale, quello di una figlia nei confronti della propria mamma, raccontato dalla giovane e abile Giordana, tra le penne femminili più ispirate dell’attuale scenario musicale nazionale. “Come mia madre” è il brano giusto al momento giusto, che riposta la cantautrice romana sul palco dell’Ariston otto anni dopo l’esordio in sordina tra le Nuove Proposte. Una giovane ragazza che scrive come una donna matura e consapevole, trasmettendo tutto l’amore nei confronti di una persona speciale e importante (“ti chiedo scusa se non ti ho mai detto quanto ti voglio bene”), cosa che non è affatto scontata, perché il rischio di scivolare in luoghi comuni è dietro l’angolo. Non è di certo questo il caso. Voto 7.
Irene Grandi – “Finalmente io“
di V. Rossi – R. Casini – A. Righi – G. Curreri
A vent’anni dal secondo posto ottenuto con “La mia ragazza sempre”, Vasco Rossi torna a firmare per Irene Grandi un brano sanremese, insieme al solito Gaetano Curreri, con Roberto Casini e Andrea Righi. L’artista toscana festeggia le sue nozze d’argento con la musica sul palco che l’ha lanciata con “Finalmente io”, canzone-manifesto che la raccontano riga dopo riga, con la grinta e l’irriverenza che caratterizzano da sempre il suo percorso. Il testo rappresenta una sorta di bilancio, l’inventario di una donna giunta al traguardo dei propri cinquant’anni, che non ha perso la voglia di rischiare e di mettersi in gioco. “Sono fatta così, ma quando canto sto da Dio”, più chiaro di così. VOTO 7.
Junior Cally – “No grazie“
di Callyjunior – J. Ettorre – F. Mercuri – G. Cremona – E. D. Maimone – L. Grillotti
Uno dei pezzi più espliciti in gara, “No grazie” fà riferimento all’attuale situazione sociale e politica del nostro Paese, senza troppi girotondi. Junior Cally prende spunto dall’attualità per attaccare quelle che sono, secondo lui, le piaghe più preoccupanti, quali il razzismo e il continuo voler essere contro un sistema. Nascondersi dietro un nickname e una foto profilo sui social, da qui la provocazione di rimettersi la maschera e buttare fuori i propri pensieri senza freni inibitori. Il rapper si scaglia contro chi diffonde il virus del populismo e del perbenismo, piaccia o non piaccia, ci vuole sicuramente coraggio a portare sul palco dell’Ariston un messaggio del genere. Voto 6.5.
Levante – “Tikibombom“
di Levante
Un brano importante, un testo che riflette sul concetto di omologazione in una società sempre più connessa fatta di persone alla continua ricerca di approvazione. “Tikibombom” è il ritmo sul quale non ballano i quattro personaggi protagonisti del brano, individui che fanno della loro diversità la propria ricchezza. Contenuti decisamente interessanti che confluiscono in versi ispirati ma, al tempo stesso, crudi e molto diretti, proprio come il mondo che ci assorbe cercando di renderci tutti uguali. La scrittura di Levante appare meno pragmatica del solito, fruibile anche da un pubblico meno attento e distratto come quello sanremese, avendo a che fare con tanti pezzi da ascoltare. Per la cantautrice si tratta una scommessa vinta: colpire al primo incontro. Voto 8.
Le Vibrazioni – “Dov’è“
di R. Casalino – D. Simonetta – F. Sarcina
La poetica di Sarcina incontra la scrittura di Roberto Casalino e Davide Simonetta, il risultato? Un testo immediato, comprensibile e fortemente evocativo. In una società che non si accontenta quasi più di niente, in cui l’asticella della propria felicità è sempre alta, “Dov’è” sviscera il concetto di semplicità e di gioia che, come si suol dire, si nasconde di solito nelle piccole cose. “Cerco dai vicini la mia dose giornaliera di sorrisi ricambiati per potermi poi sentire socialmente in pace con il mondo e con il mio quartiere”, un invito a lasciarsi andare ad una quotidianità meno virtuale, più umana e coscienziosa. Parole che colpiscono in tutta la loro autenticità. Voto 7.
Marco Masini – “Il confronto“
di M. Masini – F. Camba – D. Coro
Trent’anni di musica, il tempo giusto per fare un bel bilancio davanti al proprio specchio. Con questo spirito Marco Masini torna in gara a Sanremo per la nona volta con “Il confronto”, un testo maturo, romantico e disincantato quanto basta, ma soprattutto consapevole. Prendersela con se stessi ma essere anche in grado di complimentarsi quando serve, la capacità di relazionarsi con la propria immagine riflessa come fosse un amico, una persona che frequenti da una vita e che, forse, non conosci poi così bene. “Non sei arrivato qui per sbaglio, hai dato tutto il peggio ma hai fatto del tuo meglio e no la vita non è giusta, è che il passato ci esce dalla testa, come canzoni dalla radio, amori nell’armadio, un po’ ti odio un po’ ti amo”, chapeau. Voto 7.5.
Michele Zarrillo – “Nell’estasi o nel fango“
di V. Parisse – M. Zarrillo
Zarrillo fa tredici, torna all’Ariston da assoluto veterano con un testo che riflette sul malessere dell’uomo che si sente sempre più smarrito, ma che ha voglia di ritrovare se stesso e un po’ di pace, in un’epoca che ci spinge a vivere sempre più freneticamente, col rischio di sprecare il tempo che ci viene concesso in cose futili. “Confuso tra la gente, c’è chi prega e c’è chi mente e chi parla anche di cose che non sa, vicini ma a distanza, da uno schermo in una stanza”, questo uno dei versi più rappresentativi di “Nell’estasi o nel fango”, canzone che ci mostra il lato più sociale del cantautore romano, abituato a presentare al Festival canzoni d’amore. Un ritorno inedito, che segue il filone di pezzi come “Il sopravvento” e “Non arriveranno i nostri”. Ispirato e contemporaneo. Voto 7.
Paolo Jannacci – “Voglio parlarti adesso“
di A. Bonomo – P. M. Jannacci – E. Bassi – M. Bassi
Esordio in gara per Paolo Jannacci, che a Sanremo ci era già stato in svariate salse, da ospite (lo scorso anno con Nigiotti) a direttore d’orchestra. “Voglio parlarti adesso” è la canzone che segna un ulteriore tassello nel processo di mutazione da musicista a cantautore, un testo che verte sul rapporto tra un padre e una figlia, dei vari conflitti interiori e dei meccanismi che accompagnano la crescita di un rapporto in continua evoluzione. Dedicato a sua figlia Allegra, il brano assume una valenza più universale che autobiografica, con la consapevolezza che “nessuno può da questo cielo in giù volerti bene più di me”. Romantica e profondamente sentita in tutta la sua semplicità. Voto 6.5.
Piero Pelù – “Gigante“
di P. Pelù – L. Chiaravalli
Debutto al Festival per Piero Pelù, uno tra i pochissimi artisti che ancora non avevano varcato la soglia del Teatro Ariston. “Gigante” è il titolo del brano designato, un pezzo che parla di nascite e rinascite, una dedica al nipotino Rocco da parte di un nonno decisamente rock. “E’ come una giostra la mente, tu sei il re di tutto e di niente”, canta il cantautore toscano che ha firmato il pezzo con Luca Chiaravalli, proseguendo: “Il tuo non è un pianto è un piccolo canto”. Un testo che incuriosisce, soprattutto perché cantato da un duro dal cuore tenero come Pelù, che darà sicuramente la giusta carica interpretativa e sonora a versi che sanno di già sentito, ma che potrebbero stupire nella resa dal vivo. Voto 5.
Pinguini Tattici Nucleari – “Ringo Starr“
di R. Zanotti
Sono loro una delle sorprese più interessanti di questo Sanremo: i Pinguini Tattici Nucleari. A giudicare dal testo della loro canzone ci sarà da divertirsi, ma anche da riflettere perché “Ringo Starr” è un pezzo che invita a pensare, una sorta di omaggio a chi conduce una vita di stenti all’ombra di qualcun altro, ai reduci della discrezione, a chi non soffre di manie di protagonismo, un po’ come aveva già raccontato Cremonini in “Nessuno vuole essere Robin”. In questo caso la poetica è decisamente più leggera e scanzonata, questo potrebbe essere un vantaggio, perché con tutta la serie di metafore e citazioni riesce a divertire strappando un sorriso e un pensiero. Liriche 2.0. Voto 8.
Rancore – “Eden“
di T. Iurcich – D. Faini
Torna da protagonista dopo la partecipazione dello scorso anno con Daniele Silvestri, lo fa con un testo bello tosto che ben rappresenta il mondo dal quale proviene. Rancore porta se stesso, in tutto il suo genio creativo, un brano che affronta e sfiora argomenti diversi, anche se il fil rouge del discorso è il tema della scelta, in un susseguirsi di parole e rime cariche di pathos. “Se ogni scelta crea ciò che siamo, che faremo della mela attaccata al ramo?” si domanda il rapper classe ’89, una delle penne più ispirate della nuova scena cantautorale, capace di mantenere un linguaggio giovane seppur universale, arrivando sia ai ragazzini che agli adulti. Un testo di forte impatto, come i colpi di una mitragliatrice. Voto 9.
Raphael Gualazzi – “Carioca“
di R. Gualazzi – D. Petrella – R. Gualazzi – D. Pavanello
C’è del Sud America anche tra le righe del testo, non soltanto nelle intenzioni sonore. “Carioca” è il brano che riporta Raphael Gualazzi sul palco dell’Ariston a nove anni dalla vittoria della categoria giovani, in maniera totalmente diversa, ma sempre molto ispirata. Il brano parla di una filosofia di vita più leggera spensierata, di chi prende le cose alla giornata, senza dare adito a futili preoccupazioni. “Voglio sorridere dei miei sbagli, voglio rivivere sogni immensi, voglio una vita che non finisce più” canta il cantautore marchigiano, in un inno alla lentezza intesa come capacità di ponderare ogni singola nostra azione. Un segnale importante, soprattutto nei confronti di una società frenetica e patologicamente confusa. Voto 6.5.
Riki – “Lo sappiamo entrambi“
di R. Marcuzzo – R. Scirè
Sviscera sensazioni che almeno una volta abbiamo provato tutti Riki, quando sul finire di una storia o di un rapporto di amicizia ci lasciamo andare alla consapevolezza che non ci sia più niente da fare per tenere in piedi quella determinata situazione. “Lo sappiamo entrambi” rappresenta quella fase di passaggio che segue la realizzazione, ma anticipa il momento in cui troviamo il coraggio di ammetterlo, sia a noi stessi che nei confronti dell’altra persona. “Trattieni i respiri e li aggiusti in un fiato, ti diverti e ti annoi, da adesso in poi non darmi mai e non darlo mai per scontato”, canta il giovane milanese, in un testo che appare tutt’altro che adolescenziale. Voto 6.5
Rita Pavone – “Niente (Resilienza 74)“
di G. Merk
Ha fatto la storia e vuole provarci ancora, tanto di cappello per Rita Pavone che, come suggerisce il titolo, nei suoi cinquantotto anni di carriera ha maturato la capacità di assorbire un urto senza mai danneggiarsi. “Niente (Resilienza 74)” è la sua storia, una canzone cucita su misura per lei da suo figlio Giorgio, che racconta di come sia importante nella vita sviluppare la capacità di attutire e incassare i colpi. “Anche l’orgoglio si rimargina, picchia più forte, non lo vedi che sto in piedi, non hai mai saputo spezzarmi, travolgermi, resto qui nel fitto di un bosco e il tuo vento non mi piegherà” canta l’interprete torinese, con la grinta che le riconosciamo e che sul palco dell’Ariston sarà il suo personale valore aggiunto ad un testo comunque interessante. Voto 6.
Tosca – “Ho amato tutto“
di P. Cantarelli
Testo intimo e delicato per un ritorno decisamente interessante, visto e considerato che Tosca è una delle interpreti più preparate e raffinate ad aver calcato il palco dell’Ariston di Sanremo. “Ho amato tutto” è un inventario della propria vita, il momento in cui ti lasci andare a considerazioni sul tuo passato in maniera profonda e critica. Ripercorrere a ritroso la strada che ci ha portato ad essere quello che siamo oggi, senza paura e senza rimpianti, in maniera semplice e costruttiva, abbracciando vittorie e sconfitte che fanno parte dell’esistenza di chiunque. Voto 6.5.
© foto di Iwan Palombi
Nico Donvito
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