A tu per tu con il cantautore campano, in gara ad AmaSanremo con il brano “La mia generazione”
Tempo di nuova musica per Gianfrancesco Cataldo, artista che abbiamo imparato a conoscere nel corso della quarta edizione di The Voice e che ricordiamo per aver vinto Musicultura nel 2016, al suo debutto con lo pseudonimo di Gavio con il brano “La mia generazione”, scritto con la collaborazione di Marco Rettani e prodotto da Francesco Musacco. Il cantautore di Benevento figura tra i 20 semifinalisti di AmaSanremo, spin-off di Sanremo Giovani 2020, contest dal quale è partita questa sua nuova e interessante avventura musicale.
Ciao Gianfrancesco, benvenuto. Partiamo da “La mia generazione”, com’è nato e cosa rappresenta per te questo pezzo?
«E’ un brano nato lo scorso anno, con cui avevo già provato a partecipare a Sanremo Giovani nella precedente edizione. Ero rientrato nei sessanta semifinalisti, ma ho scelto di non renderlo edito perché non ritenevo potesse essere un singolo, bensì lo considero un pezzo che necessita del giusto contesto per essere compreso al meglio. Ho scritto il brano in una di quelle giornate in cui avevo bisogno di risposte, risposte che tardavano ad arrivare. Ho cominciato a buttare giù i miei pensieri, sentivo dentro di me che si trattava di una canzone importante, quindi nella mia testa aveva bisogno di una seconda opportunità».
E’ un brano che fotografa una generazione, non una parte, una classe o un ceto, bensì una panoramica più completa, come non accadeva dagli esordi di Eros Ramazzotti che, a metà degli anni ’80, raccontava le storie dei nuovi eroi, dei cuori agitati e di tutti quei ragazzi che sognavano una terra promessa. A giudicare dal tuo testo, sembra che questa promessa non sia stata ancora mantenuta, ma c’è stato qualcosa di preciso che ha smosso dentro di te questo tipo di riflessioni?
«Il mio sogno che non si avvera, da quando sono piccolo desidero più di ogni altra cosa di poter dedicare la mia vita alla musica. Sono triste quando per necessità mi ritrovo costretto a dover fare altro, non mi sento bene, così come conosco tante altre persone con lo stesso problema, che possiedono un talento enorme e che, in questa particolare epoca, non riescono ad esprimerlo e a coltivarlo. Ci sono poche opportunità e tante idee, un numero ingente di ragazzi in grado potenzialmente di cambiare il mondo, ma che si ritrovano a vivere tristemente perchè non ottengono quello che si meritano. Se ci fossero più spazi, più opportunità per dimostrare il proprio valore, noi giovani saremmo tutti più felici, non ci ritroveremmo in una condizione di completa insoddisfazione. Il mio obiettivo è poter cantare per tutte queste persone, per coloro i quali la notte non riescono a dormire perchè hanno un peso sullo stomaco, per chi si fa delle domande che, sempre più spesso, non trovano risposte».
Dal punto di vista musicale, invece, pensi di aver trovato il giusto sound? Quello che ti rappresenta di più e che mette in risalto la tua personalità artistica?
«E’ una domanda che mi pongo da un bel po’, da questo punto di vista l’incontro con Francesco Musacco è stato fondamentale, perchè è riuscito a donare un linguaggio sonoro ad un pezzo nato con la chitarra, a creare in qualche modo il sound di Gavio, perché fino a quel momento non esisteva ancora. Quello su cui stiamo lavorando è un sound che possa essere un ibrido tra l’acustico e l’elettronico, in perfetta sintonia con il mio timbro e con il mio approccio alla scrittura».
Per concludere, al netto dell’attuale incertezza dovuta al momento, quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci in futuro dalla musica di Gavio?
«Spero qualcosa che possa farvi stare bene, perchè ciò che amo è proprio raccontare storie, l’augurio è che le persone possano entrare e riconoscersi nelle mie narrazioni. Attraverso le mie canzoni vorrei riuscire a trasmettere messaggi e immagini, alla fine è quello che resta, non soltanto la melodia. Secondo il mio punto di vista, il testo ha molta più valenza nel 2020. In futuro, chissà, di sicuro nel cassetto non c’è soltanto “La mia generazione”, bensì moltissimi altri brani che non vedo l’ora di potervi fare ascoltare».
Nico Donvito
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