A tu per tu con la giovane artista veneziana classe ’93, in gara a Sanremo Giovani con “Amarsi non serve”
Dopo aver vinto Area Sanremo, Francesca Miola accede di diritto tra i ventiquattro finalisti di Sanremo Giovani, in onda giovedì 20 e venerdì 21 dicembre su Rai Uno. La giovanissima parteciperà con il brano “Amarsi non serve”, composto da Zibba, Marco Rettani e Stefano Paviani, per l’etichetta indipendente Dischi Dei Sognatori. Una canzone dalle atmosfere intime e soffuse, che racchiude un messaggio universale e fa riflettere sull’importanza dei sentimenti, in maniera chiara e coinvolgente, ascolto dopo ascolto. A tre anni di distanza dalla sua partecipazione ad Amici 15, ritroviamo una delle voci più interessanti e suggestive della nuova scena musicale italiana.
Ciao Francesca, partiamo da “Amarsi non serve”, brano con cui concorrerai nella finalissima di Sanremo Giovani, com’è nato e cosa rappresenta per te?
«E’ nato da Zibba, Marco Rettani e Stefano Paviani, quando l’ho ascoltato per la prima volta me ne sono completamente innamorata. L’ho sentito subito mio, pur non essendo un pezzo che ho scritto da me, perché racconta una storia che tocca un po’ tutti, in più mi sono trovata completamente a mio agio in queste sonorità».
Il testo parla di un amore che, pian piano, si sta affievolendo. C’è una frase che ti ha colpito maggiormente?
«Guarda, la cosa che mi piace è che tutte le parole sono importanti in egual misura, forse nel ritornello con la frase “amarsi non serve se il gioco è di volersi bene” possiamo ritrovare il senso del pezzo, una sorta di presa di coscienza nel momento in cui l’amore prende un’altra forma e si tramuta in affetto con maggiore consapevolezza».
Personalmente, ti collochi in un genere particolare?
«E’ difficile darmi un’etichetta, lo trovo sempre limitante. Per quanto riguarda “Amarsi non serve” è un pezzo che amo definire un pop elegante, perché le sonorità sono influenzate da generi diversi e si focalizza molto sul testo, un po’ come il cantautorato che incentra la sua forza nelle parole».
Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando ti sei avvicinata alla musica?
«Fin da piccolina, ascoltando i cd dei miei genitori, grazie a mia sorella ho scoperto Franco Battiato e la musica classica. Ricordo che organizzavo degli spettacolini dove mi esibivo, facevo pure pagare il biglietto (ride, ndr), poi verso i tredici anni ho cominciato a prenderla più seriamente, frequentando lezioni di canto e di pianoforte, finché ho capito che era la mia strada».
Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato il tuo percorso?
«Personalmente mi ritengo una persona molto curiosa musicalmente, mi piace ascoltare davvero un po’ di tutto, apprezzo molto il nu soul, artisti come Jorja Smith e Daniel Caesar, se penso alla musica italiana, invece, mi rifaccio molto al passato: da Ivano Fossati a Lucio Battisti, passando per Ornella Vanoni e Mina, molto poco a cose odierne».
Nel tuo percorso spicca la partecipazione ad “Amici” nel 2015, talent che ti ha dato tanto in termini di visibilità, e l’avventura come vocalist del “The Club” in Qatar dello scorso anno, occasione che ti ha permesso di entrare in contatto con culture differenti. Mi fai un parallelismo tra queste due esperienze così diverse?
«Per quanto riguarda “Amici” è un’esperienza che ho vissuto quando ero più piccolina, un po’ ignara di tutto ciò che c’era intorno, come in tutte le cose ci sono stati lati positivi e negativi, personalmente cerco di prendere sempre il buono da ogni situazione, il talent mi ha aiutato molto a forgiarmi dal punto di vista caratteriale. L’esperienza in Qatar, invece, la definirei stimolante, per il tipo di l’approccio con un’altra cultura totalmente diversa dalla nostra, è stato un po’ come ricaricarsi, avevo bisogno di andare via dall’Italia, sono ritornata ancora più forte e legata a questa bellissima terra».
Come valuti il tuo percorso ad Area Sanremo?
«E’ stato un percorso lungo, ma anche molto intenso. Non me l’aspettavo così pieno di emozioni e conoscenze, pensavo che fossero delle semplici audizioni, invece è stato un cammino formativo e ricco di cose positive».
“Amarsi non serve” anticipa l’uscita del tuo nuovo disco previsto per il prossimo anno. Cosa puoi rivelarci a riguardo?
«Che sicuramente continueranno le collaborazione con Zibba e Marco Rettani, per il resto vedremo, ci stiamo lavorando, perciò niente spoiler (ride, ndr)».
Riflettori puntati su Sanremo Giovani. Al di là della vittoria e della conseguente allettante possibilità di partecipare al Festival il prossimo febbraio, quale sarebbe per te la gratificazione più importante?
«Il mio scopo è quello di riuscire a ritagliarmi uno spazio tutto mio, che va oltre il risultato finale. Ovviamente vincere non mi dispiacerebbe affatto (sorride, ndr), rappresenterebbe la ciliegina sulla torta. Ciò a cui ambisco è riuscire a dimostrare chi sono, dando risalto a un brano importante come “Amarsi non serve” e al suo messaggio, a cui tengo davvero molto. Spero che il pubblico si possa ritrovare in questo pezzo, che non è stato costruito a tavolino, è una di quelle canzoni che necessita di più di un ascolto e questo a me piace, perché mi riporta alla mente le canzoni di una volta, quelle che davano peso al significato delle parole. L’obiettivo è cercare di valorizzare il brano, puntando tutto sull’interpretazione e sul contenuto».
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Nico Donvito
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