Sick Luke: “Dopamina? La mia narrazione sonora” – INTERVISTA

Sick Luke

A tu per tu con Sick Luke che si racconta in occasione dell’uscita del nuovo album “Dopamina”, disponibile a partire dallo scorso 5 settembre. La nostra intervista al producer romano

A tre anni dall’exploit di “X2“, disco multiplatino che ha segnato una svolta nella scena urban italiana, Sick Luke torna con “Dopamina“, album che ci apprestiamo ad approfondire con questa intervista. Si tratta di un nuovo progetto discografico che ne conferma la visione artistica e ne rafforza la maturità personale.

Pubblicato da Carosello Records, “Dopamina” è un disco stratificato e potente, composto da 13 tracce in cui il producer romano si mette a nudo, accompagnato da collaborazioni d’eccezione. da Tedua a Thasup, passando per Alfa, Blanco Capo Plaza.

Abbiamo incontrato Sick Luke per parlare di questo lavoro, della nuova fase artistica che sta vivendo, del rapporto con la scena trap e dell’evoluzione del ruolo del producer, tra sperimentazione, passato e uno sguardo sempre più consapevole verso il domani.

Sick Luke presenta il disco “Dopamina”, l’intervista

Partirei dal titolo e dalla scelta di questo termine: “Dopamina”, detta anche “ormone del piacere” e “neurotrasmettitore della motivazione”. Cosa ti ha spinto a chiamare così questo album?

«Sto vivendo un periodo pieno di piacere, quindi mi sembrava giusto chiamarlo così. Poi ho pensato che magari ascoltando l’album ti si attiva proprio la dopamina, grazie al fatto che ogni pezzo ha suoni diversi. In più. sempre la domattina, la provo ogni giorno, essendo diventato padre».

A tal proposito, mi ha molto colpito la copertina. In particolare la presenza di tuo figlio. Cosa volevi trasmettere con quell’immagine?

«Mi ero ispirato alla cover di “Ready to Die” di Biggie, dove c’era solo lui da bambino. Ma io sentivo che dovevo stare in copertina con mio figlio. Non so cosa volevo trasmettere, sono onesto. Era solo un’idea che avevo e un concetto che volevo esprimere: lui sempre con me, come se abitasse con me anche in studio».

Tra l’altro, in “Da quando ci sei tu” con Alfa hai messo in musica la paternità. Com’è stato lavorare su un tema così personale?

«È la prima volta che faccio una canzone così seria. È stato bello conoscere Alfa, è stata una novità. Non avevamo mai lavorato insieme, e secondo me si è rivelato uno dei pezzi più belli del disco. Tante persone hanno reagito in un modo che non mi aspettavo: inizialmente erano un po’ scettici di combo, ma poi si sono ricreduti».

“Dopamina” esplora molte sonorità: alcune sono una chiara evoluzione delle tue produzioni precedenti, altre invece completamente nuove. Come ti sei approcciato al processo di lavorazione di questo progetto?

«In ogni progetto provo a reinventarmi. Non faccio mai una cosa simile all’altra. Magari proseguo sempre nel solco della trap, ma provo a portarla a un livello successivo, senza ripetermi. La scena fa il suo, ma io provo a distanziarmi, magari cercando strumenti nuovi, campionando, lavorando con artisti diversi».

Questo è un disco molto sperimentale, hai alzato ulteriormente l’asticella. Quali skill pensi di aver acquisito rispetto a “X2“?

«”X2″ era più basilare a livello di produzioni, anche se per sempre forti. Per quanto mi riguarda, ogni canzone ha il suo mondo, il suo viaggio. In molte tracce ci sono due anime, due pezzi in uno. Credo di essermi spinto molto oltre».

Ti sei un po’ distaccato dall’immaginario trap, che il pubblico forse si aspettava da te. Anche nei pezzi più aperti e sperimentali, ci sono ancora elementi riconoscibili delle vecchie prod?

«Sì, per esempio nel pezzo con Alfa: quando droppa con le trance, si sente che è Sick Luke. Anche quando ho fatto “Neverland” con Mecna, era un suono diverso ma c’era sempre la mia firma. Ho un marchio di fabbrica, c’è sempre il mio sound, a parte il tag “Sick Luke, Sick Luke”».

Il prossimo anno sarà il decennale del 2016, un anno molto importante. Cosa ha rappresentato per te quel periodo? Cosa ricordi con più affetto?

«Io la scuola l’ho saltata, quindi per me quel periodo è stato un po’ come la mia scuola, il mio liceo. Mi ha formato. È stato un periodo di crescita, ma anche di tanto divertimento. All’epoca ci criticavano tutti, nessuno ci capiva. Adesso tutti vogliono quella roba lì, rivogliono la Dark Polo Gang».

Tornando a “Dopamina”, lo consideri una sorta di concept album sonoro?

«Sì, è un concept album alla Sick Luke. Magari non nel senso classico, ma ogni brano porta avanti un percorso, ha un’inizio e una fine. C’è una narrazione sonora».

C’è una traccia del disco che ha preso una direzione completamente diversa da quella che immaginavi?

«Sì, il pezzo con Blanco. Non mi aspettavo che chiamasse Simba La Rue per la collaborazione. Lavoro tanto anche con Simba, ma non pensavo potessero starci insieme. Invece è uscita una figata».

Per questo disco hai usato synth e strumenti analogici. Il tuo approccio è moderno, ma anche artigianale. Ti senti un ponte tra passato e futuro?

«Sì, il passato mi è sempre piaciuto. Cerco sempre di portarlo nella musica che faccio oggi. Penso che il passato sia la musica del futuro».

Il Festival di Sanremo si è molto aperto a una musica più giovane. Consideri il palco dell’Ariston sdoganato anche per la tua musica?

«Sì, ormai penso proprio di sì. Lo vedo molto aperto. Ci andrei volentieri. Ora i producer hanno finalmente il rispetto che si meritano anche in Italia».

Per concludere, cosa ti ha insegnato la musica finora? C’è una lezione che ti porti dietro?

«La musica mi ha salvato dalla noia. Mi ha evitato di finire in cantiere, ma mi ha anche fatto conoscere tante persone, e sapere che c’è qualcuno che può emozionarsi ascoltando le mie canzoni. Questo mi riempie il cuore. La musica per me è fondamentale, mi ha salvato la vita».

Scritto da Nico Donvito
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